martedì 27 ottobre 2009

IL POSTO FISSO DI GIULIO TREMONTI

di Wanda Montanelli

La rivalutazione del posto fisso fatta da Tremonti è una presa di coscienza allo scopo di far quadrare i conti. Se non è solo propaganda, il rapido calcolo del ministro arriva presto a comprendere che cosa compra un precario, cinese o italiano, e che cosa, invece, può comprare un lavoratore con una busta paga non risibile e un contratto a tempo indeterminato. Bene, si comincia dal pagare l’affitto o il mutuo e le bollette. Si esce dalla casa paterna per mettere su un nuovo nido.

I “bamboccioni”, come li si volle infelicemente apostrofare tempo fa, potendo contare su ciò che gli avanza dalla busta paga, potrebbero accendere un leasing. L’ottimismo viene da sé quando si incomincia a dormire la notte senza arrovellarsi sul tempo che passa tra un contratto di tre mesi, un intervallo di quattro e un altro lavoro da co.co.co o co.co.pro. Il progetto di comprare un’auto, per esempio, con l’ottimismo non si realizza. Anche usata una macchina costa migliaia di euro e porta con sé il costo del passaggio di proprietà, il dovere di assicurarsi. Senza soldi non si può fare. Hai voglia di essere sorridente e ottimista; del buon umore le concessionarie non sanno che farsene e appena si accorgono che il contratto del proponente acquirente scade da lì a poco, chiudono il colloquio e restano meno sorridenti e tristi pure loro.

Mettere su casa e ordinare il frigorifero, riempirlo di mozzarelle e prosciutto, permettersi la stufa. Magari una volta o due al mese andare fuori a cena e progettare una vacanza, o addirittura la nascita di un figlio.

Tanti bamboccioni sistemati genererebbero figli, passeggini, culle, latte, scarpette; quantità importanti di prodotti per l’infanzia e l’economia che avanza. Questo può fare il lavoratore a tempo indeterminato. Può incontrare una ragazza e dirle: ci sposiamo? O un single può uscire di casa e investire sulla sua autonomia.
L’altro invece, il lavoratore a scadenza, si preoccuperà di quale ultimo modello di telefonino potrà avere per rendersi considerevole agli occhi degli altri, e questo lo farà sentire meno fallito, meno precario, dovendo rinunciare a ipotizzare una crescita del suo status per il futuro.

Stabilito che molti imprenditori disonesti potendo scegliere, scelgono gli schiavi, salviamo quelli onesti e consideriamo pure la flessibilità umana una risorsa, quando è scelta motivata dall’imprenditore e preferita dal lavoratore al quale può anche far comodo e piacere in certi periodi della sua esistenza.
Un buon governo dovrebbe però provvedere a un sistema di welfare con ammortizzatori sociali per gli intervalli di passaggio tra un lavoro è l’altro, e se esistesse la copertura economica dei temporaneamente disoccupati, sarebbero in molti a preferire il cambiamento senza fossilizzarsi nella stessa attività per decenni. Fin quando però il precario è un poveraccio senza futuro né prospettive, fin quando la flessibilità serve solo ad ingrassare gli sfruttatori del lavoro altrui con paghe al di sotto della media anziché maggiori proprio perché di comodo per il progetto del datore di lavoro, evviva il posto fisso!

Avanzano modelli di vita da paesi sottosviluppati per la nostra indifferenza verso lo sfruttamento delle persone: donne, uomini, bambini. La Cina è vicina? No la Cina è entrata con un cavallo di troia nelle nostre
città dentro la pancia delle quali esseri umani ammassati sopravvivono per portare a tavola una ciotola di riso e dare al padrone di turno l’agio di moltiplicare i suoi guadagni purtroppo senza imbarazzo. Si trasgrediscono leggi e diritti e nessuno interviene. Dove sono le Camere del lavoro?

Cavalli di troia crescono da noi e poco o nulla si fa per abbatterli.
Possiamo farcela a mettere equilibrio e ordine. Può essere più facile a farsi che a dirsi. Si potrebbe iniziare a fare una legge che prevede la filiera di produzione per ogni oggetto che si vende in Italia. Tempo fa avevo progettato il “marchio etico” per le merci provenienti dall’estero. Si dovrebbe prevederlo anche in Italia. Un piccolo marchio di qualità in cui sia scritto “la produzione di questo oggetto è controllata affinché il ciclo produttivo sia effettuato con lavoratori in regola con le norme vigenti”.

La pubblicità del marchio?: “Niente bambini né schiavi per costruire i prodotti con marchio etico”. I trasgressori? Direi che non sarebbe male il ritiro della licenza e un’incriminazione per schiavismo.
Così i bianchi divani pubblicizzati alla tv non saranno umidi del sudore di poveri esseri sfruttati e delle lacrime di chi ha perso il lavoro italiano.

www.comitatoperwandamontanelli.com

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