martedì 13 dicembre 2011

Portaborse, 630 deputati prendono i soldi, ma solo 230 ne hanno assunto uno

Ogni parlamentare riceve quattromila euro al mese per le spese di comunicazione e segreteria: ma a Montecitorio in 400 non hanno nessun portavoce contrattualizzato. Pd e Idv hanno presentato un’odg: i collaboratori siano assunti direttamente da Camera e Senato, così da non far passare i soldi dalle tasche dei politici. Le proposte sono state bocciate. Ma Pardi ci riprova: “Settimana prossima quando a Palazzo Madama arriverà la manovra”

Quattromila euro finiscono ogni mese nelle tasche di ciascuno dei mille parlamentari italiani per far fronte alle spese di segreteria e comunicazione, in pratica per i famosi portaborse. Ma da poche di quelle tasche escono per andare realmente in quelle dei collaboratori. Alla Camera su 630 deputati solamente 230 hanno assunto un assistente, con contratti a progetto e per importi medi di 700 euro. Il dato del Senato non si conosce: Palazzo Madama non lo ha mai comunicato, ma dei 315 senatori pochi non hanno un assistente personale.

L’unica cosa certa è che tra i mille parlamentari nessuno ha mai rinunciato a quello che un tempo si chiamava “fondo per la segreteria” e che oggi è stato ribattezzato nel molto più generico “fondo eletto-elettori”. 3690 euro affidati a ogni deputato che può farne ciò che vuole senza dover presentare giustificativi né ricevute né altro che dimostri l’uso che ne ha fatto. La presidenza della Camera è al corrente del malcostume che vige tra i deputati e nel 2009, dopo un’indagine dell’ufficio del lavoro, tentò di mettere un freno al lavoro in nero che gli stessi parlamentari alimentano. Gianfranco Fini vietò l’ingresso a Montecitorio a quanti non avevano un contratto regolare.

Il primo luglio, giorno in cui entrò in vigore la regolamentazione, ben 200 portaborse risultarono in nero: rimasero fuori dalla Camera perché i loro budget erano stati cancellati.

I deputati per far entrare i propri assistenti trovarono facilmente un escamotage: farli accedere tra il pubblico, come visitatori. Norma aggirata e attenzione sulla vicenda diminuita in poche settimane. Oggi, con la manovra lacrime e sangue imposta ai cittadini, il tema è tornato più che attuale: i tanto promessi tagli alla politica in realtà si sono tradotti in misure considerate molto blande e nel maxiemendamento, che sarà presentato alla Camera domani, saranno ulteriormente ridotti gli interventi a scapito della Casta: nella migliore delle ipotesi tutto sarà rimandato alla prossima legislatura.

“Fanno tutti il gioco delle parti”, dice Sandro Gozi, il deputato del Partito Democratico che da più di un anno sta cercando di presentare un ordine del giorno per rendere più trasparente “almeno la parte di fondi che viene dato ai parlamentari senza controllo, come i quattromila euro che vengono riconosciuti per i portaborse”, spiega.

Oggi Gozi si è rivolto direttamente ai presidenti di Camera e Senato, Gianfranco Fini e Renato Schifani affinché intervengano. “Ieri hanno negato che saranno tutelati gli interessi della cosiddetta Casta e garantito che il trattamento economico sarà adeguato agli standard europei, allora perché non cominciare proprio dalla gestione dei portaborse?”, si chiede Gozi. Al Parlamento europeo i collaboratori dei deputati vengono assunti e stipendiati direttamente dall’amministrazione e non dai singoli politici, a cui non viene quindi versata alcuna indennità. E così funziona in quasi tutti i paesi dell’Europa: i soldi non passano per i parlamentari.

(informatixresistere)

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