Un aggregatore e acceleratore di idee e progetti d’impresa
pensati per la ripartenza del Sud. I dettagli del progetto di Pino Aprile e
Agostino De Luca. «Le regole del gioco sono cambiate: un ragazzo al Sud deve avere le stesse
opportunità di business di uno che è in qualsiasi altra parte dell’Italia o del
mondo».
Così esordisce Agostino De Luca nell’intervista rilasciata a StartupItalia! sul progetto Sud 2.0 che ha ideato e fondato assieme a Pino Aprile, scrittore e giornalista.
Così esordisce Agostino De Luca nell’intervista rilasciata a StartupItalia! sul progetto Sud 2.0 che ha ideato e fondato assieme a Pino Aprile, scrittore e giornalista.
Il 70%
sarà destinato alla costruzione di una rete di 6 incubatori, uno per ogni
regione (Campania, Puglia, Molise, Calabria, Basilicata e Sicilia), e
all’erogazione di 10 mila euro per finanziare i costi di avvio delle startup e
4 mesi di incubazione. Il restante 30% servirà a realizzare il giornale on
line, diretto da Pino Aprile, per consolidare la community, facendo
informazione dal Sud per il Sud, anche attraverso la denuncia delle
discriminazioni e di cosa non funziona. Sono i primi passi per fermare
l’emigrazione giovanile ma anche per creare modelli virtuosi di
open-innovation, come spiega meglio Agostino De Luca.
Come saranno gli
incubatori di Sud 2.0?
«Sono degli incubatori territoriali verticali: ognuno avrà cioè una specializzazione in base alle industrie e ai settori di punta del territorio e fungeranno da acceleratori di idee. Oltre ad essere l’ambiente di riferimento per strutturare un business sostenibile e creare una startup, avranno anche una funzione di re-start, attivando dei processi di contaminazione e open innovation con le piccole e medio imprese locali che necessitano degli strumenti per competere: dalle strategie web di promozione ai processi di digitalizzazione. Le aziende potranno così esternalizzare le attività necessarie per innovare ma senza andare fuori dal territorio, perché attraverso call on-demand, potranno instaurare collaborazioni con il network di Sud 2.0. Anche per questo motivo (oltre che per evitare di perdere nuovamente le eccellenze locali), le startup incubate avranno l’obbligo di restare almeno per 5 anni con la propria sede all’interno della regione di appartenenza».
«Sono degli incubatori territoriali verticali: ognuno avrà cioè una specializzazione in base alle industrie e ai settori di punta del territorio e fungeranno da acceleratori di idee. Oltre ad essere l’ambiente di riferimento per strutturare un business sostenibile e creare una startup, avranno anche una funzione di re-start, attivando dei processi di contaminazione e open innovation con le piccole e medio imprese locali che necessitano degli strumenti per competere: dalle strategie web di promozione ai processi di digitalizzazione. Le aziende potranno così esternalizzare le attività necessarie per innovare ma senza andare fuori dal territorio, perché attraverso call on-demand, potranno instaurare collaborazioni con il network di Sud 2.0. Anche per questo motivo (oltre che per evitare di perdere nuovamente le eccellenze locali), le startup incubate avranno l’obbligo di restare almeno per 5 anni con la propria sede all’interno della regione di appartenenza».
Chi offrirà il supporto necessario per trasformare la propria idea in una startup?
«Ci sarà un team centrale formato dai migliori esperti a livello nazionale e internazionale, da investitori e business angel, in grado di guidare i team d’impresa in tutte le scelte e le verifiche necessarie a convalidare la loro idea, per poi entrare sul mercato. Avvieremo anche delle partnership con i centri di ricerca, le università e le associazioni di categoria locali per non perdere di vista il legame con il territorio e per valorizzare i risultati raggiunti. Assieme potremo creare un acceleratore diffuso, come cerchi concentrici che si espandono, fatto di startup, competenze e best practice».
Non c’è il rischio che
il modello di incubatore Sud 2.0 si sovrapponga alle strutture già esistenti
nelle regioni del Mezzogiorno?
«Sud 2.0 è completamente privato mentre gran parte delle strutture esistenti in Campania, Puglia, Molise, Calabria, Basilicata e Sicilia, che offrono percorsi e strutture di incubazione, sono a carattere pubblico. Ma, al di là dell’identità pubblica o privata, con il nostro progetto non vogliamo inventare nulla di nuovo né partire d’accapo da soli, annullando quello che è stato fatto fino ad ora da altre realtà. Piuttosto, vogliamo ripartire lavorando con le eccellenze del territorio, contaminandoci reciprocamente con know-how e progettualità».
«Sud 2.0 è completamente privato mentre gran parte delle strutture esistenti in Campania, Puglia, Molise, Calabria, Basilicata e Sicilia, che offrono percorsi e strutture di incubazione, sono a carattere pubblico. Ma, al di là dell’identità pubblica o privata, con il nostro progetto non vogliamo inventare nulla di nuovo né partire d’accapo da soli, annullando quello che è stato fatto fino ad ora da altre realtà. Piuttosto, vogliamo ripartire lavorando con le eccellenze del territorio, contaminandoci reciprocamente con know-how e progettualità».
Dopo la fase 1, che si
concluderà tra circa un anno, cosa accadrà a Sud 2.0?
«Ci saranno le fasi 2 e 3 in cui la nostra startup, che è una srl, si aprirà all’azionariato popolare, anche con strumenti di equity crowdfunding, per arrivare ad un aumento di capitale. Costruiremo un sistema di finanza dedicato per le imprese e amplieremo la fisicità di Sud 2.0, con sedi nelle zone franche e in aree soggette a defiscalizzazione. Vogliamo creare, attraverso un progetto a forte valenza sociale, proprio perché sostenuto dal basso, una rete di interconnessioni tra società partecipate che facciano di Sud 2.0 una struttura consolidata di riferimento per la crescita e la competitività del Mezzogiorno, senza privarlo della sua linfa vitale: i giovani».
«Ci saranno le fasi 2 e 3 in cui la nostra startup, che è una srl, si aprirà all’azionariato popolare, anche con strumenti di equity crowdfunding, per arrivare ad un aumento di capitale. Costruiremo un sistema di finanza dedicato per le imprese e amplieremo la fisicità di Sud 2.0, con sedi nelle zone franche e in aree soggette a defiscalizzazione. Vogliamo creare, attraverso un progetto a forte valenza sociale, proprio perché sostenuto dal basso, una rete di interconnessioni tra società partecipate che facciano di Sud 2.0 una struttura consolidata di riferimento per la crescita e la competitività del Mezzogiorno, senza privarlo della sua linfa vitale: i giovani».
Antonella Di Noia - StartupItalia
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