mercoledì 24 aprile 2019

Don Carmine Iarossi: il prete degli ultimi

Don Carmine Iarossi
di Angelo Iampietro*

A volte è sufficiente un lontano ricordo per far affiorare alla mente parte del vissuto. E’ di questo ricordo che, in queste  righe, voglio parlare. La persona è quella di Mons. Don Carmine Iarossi, arciprete della parrocchia “S. Leonardo Abate” di Baselice dal 1934 al 1958. Io, ragazzino, ricordo abbastanza di lui, perché, immancabilmente, la nonna accompagnava me ed i miei cugini ad ogni funzione religiosa,  breve o lunga che fosse.


Era nato a Castelvetere Valfortore nel 1906, dove  visse la sua infanzia fino a quando non entrò nel Seminario arcivescovile di Benevento, dove compì gli studi liceali e poi quelli nel Seminario Regionale, a seguito del quale, completato gli studi, fu ordinato sacerdote.Non lasciò gli studi, anzi  li completò, conseguendo la laurea in Teologia. Non faceva mai menzione del suo titolo accademico per modestia.

Arciprete (Arceprè), come tutti lo chiamavano, era una persona molto colta, che portava nella sua missione apostolica tutti i suoi convincimenti, sempre al servizio delle persone, che, per qualsiasi motivo si rivolgevano a lui per sostegno spirituale o per consigli. La Sua persona era instancabile, infatti lo si vedeva nel primo pomeriggio, nelle belle giornate, con un bastone, con l’abito talare (fino al Concilio Vaticano II, primi anni ’60, gli ecclesiastici vestivano così) ed una "beretta" nero in testa, che, con passo spedito, raggiungeva “La Terra di San Leonardo”, dove, sotto le sue direttive, essa veniva migliorata anche con un moderno impianto di  un uliveto.

Ricordo le numerose piantine d’ulivo, già abbastanza cresciute, posizionate, qualche giorno prima di essere poste a dimora, nell'atrio del palazzo della famiglia De Bellis, in via Santa Maria numero 6, di fronte al “tabacchi”, dove abitava, conducendo una vita molto parsimoniosa. Egli viveva la sua missione con il popolo e per il popolo, infatti consigliava ai contadini come migliorare la produzione con sementi selezionate e con tecniche ad essi sconosciute. A tal riguardo, una mattina, ben presto, venne a casa e consigliò il nonno di praticare una coltivazione legata ai nuovi tempi, che quegli  conosceva molto bene. 

La sua vita era partecipazione attiva ad ogni attività che facesse crescere una popolazione, che, in gran parte, viveva nella miseria. Era educatore, allorquando dal suo pulpito ( situato a metà tra prima e la seconda navata di destra al centro della chiesa), nei giorni di festa, teneva le sue omelie, che, più che riguardare il Vangelo del giorno, erano consigli di vita, di comportamento, di agire, di liberare la  persona dall'assoggettamento altrui per dare a ciascuno una dignità. 

La sua generosità era silenziosa. Qualche lira che gli veniva offerta, non la teneva per sé, ma la dava a qualche infermo, ponendola sotto il suo cuscino, perché si potessero comprare le medicine (in quegli anni non c’era l’assistenza medica gratuita e le medicine si pagavano di tasca). A voi lettori lascio immaginare!.

Mi sovviene ancora un ricordo quando, dopo la S. Pasqua, a dorso di mulo, accompagnato da un parrocchiano, si recava in tutte le zone rurali del Comune per la benedizione delle casolari dei tanti contadini, cui mancavano i servizi essenziali per un vivere civile ( strade, luce, acqua, ambienti idonei a condurre una vita sana). Era questa un’occasione per conoscere meglio i suoi parrocchiani e le condizione di vita di persone, il cui miglioramento gli stava  tanto a cuore. In più occasioni, se non quotidianamente, si faceva promotore, di persona o con lettere, di iniziative presso i politici parlamentari, perché si prodigassero con interventi legislativi per dare respiro ad iniziative economiche per alleviare la disoccupazione locale con il lavoro. E spesso alzava la voce!

Le questioni sociali, oltre che quelle spirituali, erano la sua spina nel fianco e lo facevano tanto soffrire. Era un prete che combatteva su tutti i fronti per il bene di una comunità. Amava i bambini, coinvolgendoli in tante attività che ne facessero di loro un buon cristiano e un buon cittadino. Nelle funzioni religiose aveva intorno a sé numerosi chierichetti, su cui si posava il suo sguardo vigile per spegnere, sul nascere, ogni loro distrazione.

Ricordo le processioni: è stato lui a pretendere che si andasse in fila, in modo ordinato, così come tuttora avviene.

Mi sovviene il ricordo del cinema da lui  realizzato nella sala parrocchiale, dove, le proiezioni settimanali festive, ( per quei tempi erano una novità assoluta), contribuirono a far distrarre dal quotidiano, ma anche ad  elevare culturalmente  i numerosi spettatori.
Il popolo di Baselice ha conservato di lui un buon ricordo per la sua missione apostolica e per tutte le iniziative di carattere civile-sociale per cui tanto si spese.

Sono venuto a conoscenza che una stele sarà eretta nel cimitero di Baselice, a ricordo della sua persona della quale molti, purtroppo non più tanto giovani, ricordano le tante iniziative per la sua totale dedizione al popolo baselicese, dal quale, idealmente, non si separò anche quando la sua missione sacerdotale lo portò nella sua terra natale.

E’ opportuno precisare che una stele, posta nel cimitero, già lo ricordava, ma che col tempo si era deteriorata. Un grazie va a coloro che hanno preso questa nobile iniziativa di riproporre la stele con lo spirito  che, la conoscenza del passato, anche attraverso l’azione di uomini illustri, fa sì che il nostro quotidiano ed il nostro futuro siano meno ardui, proprio perché essa è memoria dell’”albero della memoria” individuale e collettiva.

Mons. don Carmine Iarossi non sarà dimenticato dai Baselicesi, perché tanto essi gli debbono per la sua dedizione al prossimo, per la sua laboriosità, per la sua religiosità concreta, per i suoi ideali e per averlo sentito sempre al suo fianco per la lotta alle ingiustizie.

Il 10 febbraio del 1962, Mons. Carmine Iarossi, all’età di 56 anni, lasciò il mondo terreno.I suoi parrocchiani lo piansero, non da soli, perché molti baselicesi, appresa la notizia, si unirono all’unisono al loro dolore, che era anche il nostro. Aveva egli ben seminato, per restare nei cuori e nella memoria di tanti che lo conobbero.

*docente in pensione

1 commento:

Gianluca Colasanto ha detto...

Io Lo ricordo solo dai Racconti di mia Madre (alla quale 'imponeva' di uscire dalla Chiesa, perchè i fedeli non fossero disturbati durante le Funzioni religiose dal frignare di un Infante (io !). Uno dei Ricordi di Lui che Ella possedeva, avendoNe una Stima immensa: Una delle pochissime persone di Baselice da Lei non dimenticata !