Quarto appuntamento con la rubrica letteraria "Lo scaffale del Fortore" a cura di Il Za.Mo.
GIAMPAOLO PANSA, Il dittatore. Matteo Salvini: ritratto irriverente di un seduttore autoritario, Rizzoli, Milano 2019, pp. 160, euro 16,15 (formato Kindle/eBook, euro 10,99). Giampaolo Pansa è un nome noto del giornalismo italiano. A lui si devono pubblicazioni che si sono sempre caratterizzate per una schietta critica (quello che l’autore chiama “andare-contro”) al sistema politico, ai suoi personaggi, alle versioni ufficiali (soprattutto in tema di revisionismo storico). Fu egli a dedicare a se stesso l’appellativo di rompiscatole in un testo autobiografico di qualche anno fa (ID., Il rompiscatole. L’Italia raccontata da un ragazzo del ’35 [Biblioteca universale], Bur, Rizzoli, Milano 2017, pp. 392).
Pansa è una penna antipatica
e irriverente eppure estremamente forbita. Non si può negare che i suoi libri
siano scritti non bene, ma benissimo, e che si tratti pur sempre di uno stile
giornalistico che - ad oggi - in Italia può fare scuola (ovviamente in seconda
battuta rispetto al grande Montanelli). Stavolta il rompiscatole prende di mira
Salvini e lo dichiara fin dalle prime battute: “Avverto i lettori che quello
che hanno tra le mani non è un testo elogiativo del Capitano leghista [ossia
Matteo Salvini, ndr.], bensì un racconto antipatizzante nei suoi confronti. Un
motivo in più per leggerlo, dal momento che nel giornalismo e nell’editoria
libraria italiana si stanno moltiplicando i testi che ne tessono le lodi. Ecco un
peccato nel quale non cadrò mai”. Niente lodi. Diciannove capitoli per dare in testa
al leader in camicia verde. Picchiare duro su di un politico di cui non tutti riescono
a sapere da dove sia uscito e dove voglia arrivare. O meglio, dove egli voglia arrivare,
per Pansa, è chiaro fin dal suo esordio sulla scena politica: comandare
l’Italia.
Non governarla. Secondo il giornalista piemontese, Matteo
Salvini ha tre importanti viaggi che segnano la sua rapida ascesa alle cronache
nazionali. Tre itinerari formativi. Fino ad allora, di lui si sapeva ben poco,
se non che non avesse completato gli studi universitari; che nella Lega di
Bossi non aveva mai avuto molto spazio; che il suo è parlare aggressivo, che si
riflette nelle sue famose magliette, le quali anche quando colpiscono gli
spettatori, rimangono pur sempre stonate.
Il primo viaggio fu in Korea del Nord, nel paese del
dittatore Kim Jong-un. Fu quello il viaggio guidato ciceronianamente dall’on.
Razzi. Lo stesso Salvini alla stampa ne offrì un rendiconto a dir poco felice. Il
secondo viaggio avvenne da Putin in Russia, ma con scarsi risultati, il potente
zar moscovita infatti, non lo ricevette. Si incontrano qualche anno dopo a
Milano, al termine di un vertice tra le nazioni. Ai cronisti è noto che ebbero
modo di scambiarsi le idee per circa una trentina di minuti. Bastarono a
chiarirsi. Terzo e ultimo viaggio, decisivo, fu in occasione di una convention
della Marine Le Pen a Lione. La signora della politica francese ne rimase
positivamente impressionata. Tre incontri con politici di chiare idee
reazionarie e - non serve ripetere - sovraniste. Questa la genesi formativa del
Salvini con velleità autoritarie.
A detta di Pansa, il ritratto del futuro duce del popolo
italiano, lo si riuscirebbe a cogliere anche da altri aspetti. Un vero
dittatore non può non essere un campione delle lenzuola. Di donne, Matteo, ne
ha avute tante e belle, tra le molte spicca la piemontese Elisa Isoardi, icona
tipica della bellezza italiana, familiare ai numerosi che seguono la Prova del cuoco. Un vero totalitario,
per affermare la sua visione, è capace di difendere e tutelare anche chi ha
problemi con la legge. È il caso dell’amico Armando Siri, sottosegretario,
difeso con forza fino all'indifendibile.
Per uno che ha velleità di diventare padrone dello stato, ci
vuole anche la facciatosta di appellarsi alla giustizia fai-da-te. Nessuno
dimentica la diserzione della festa del 25 aprile, messa in atto dal leader
leghista. Inoltre, spesse volte Salvini si è appellato al diritto di
autodifendersi in caso di rapina o di furto all’interno della propria abitazione.
Occorre ricordare che la violenza e l’ingiustizia spettano allo Stato, non ai privati
cittadini.
Anche la personalizzazione della politica (il famoso “Vinci
Salvini”), l’incitamento a lottare lo straniero; la politica della chiusura di
ogni forma di accoglienza; la strumentalizzazione della religione (rosari e
Madonne), farebbero di lui uno che pur di arrivare al fine, non disdegna
qualsiasi mezzo.
Il libro si chiude con una lettera che l’autore indirizza al leader della Lega. È il punto apicale dove gli grida in faccia tutto il peggio che pensa di lui. Il libro ha il merito di essere scritto bene e fa sintesi di tutto quello che era passato per la stampa negli ultimi anni. Lo stile di Pansa, inoltre, lo rende piacevole ed amabile, anche se non tutto rimane condivisibile.
Forse si potevano evitare quei riferimenti autobiografici che con Salvini non hanno nulla a che vedere. Se li avessimo letti ne il Rompiscatole li avremmo certamente apprezzati di più. V’è da aggiungere che qualche argomento meglio sostenuto e qualche pregiudizio in meno, avrebbero dato un maggiore equilibrio all’insieme. Come titolo avrei preferito Il dittatorello: si addice di più al grande asilo e al grande gioco in cui si è trasformata la politica degli ultimi anni.
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