giovedì 20 ottobre 2016

Partimmo minatori. L'emigrazione italiana in Belgio

di Antonio Santoriello

Sono passati settanta anni dal Patto stipulato tra l’Italia e il Belgio, il 23 giugno 1946, che aprì la strada alla volta di questa nazione di migliaia di italiani. L’Italia si impegnava a fornire 2mila operai alla settimana, forza lavoro impiegata prevalentemente nell’estrazione del carbone.


Sicilia, in testa, e poi Puglia, Abruzzo, Campania, Veneto, Marche, Molise furono le regioni in cui più alto fu il flusso migratorio verso la regione della Vallonia, dove erano concentrate le miniere carbonifere. Non servì neanche la tragedia di Marcinelle, miniera nella quale persero la vita 136 italiani (7 i molisani), a fare desistere i nostri connazionali dal lasciare l’Italia, tanta era la fame di lavoro.

Un flusso che continuò per tutti gli anni Cinquanta e per buona parte dei Sessanta.

Oggi, in Belgio, sono stimati quasi 300.000 abitanti di origine italiana e oltre 200.000 di essi sono iscritti all’AIRE (l’Anagrafe degli italiani residenti all’estero), tale da rappresentare per presenza la prima comunità straniera del paese.

Anche Riccia ha avuto la sua parte in questa emigrazione. Gli iscritti all’AIRE sono 102, ma sono molti di più quelli stabilitisi in Belgio. La comunità più estesa si trova nella cittadina di Chapelle Lez Herlaimont, e rappresenta il 60% circa dei nostri concittadini residenti. Molti di loro hanno la doppia cittadinanza, tutti quanti sono ormai perfettamente integrati nel paese che li ha accolti.


Di ciò si parlerà domenica 23 nella sala del consiglio comunale di Riccia. Lo faranno lo storico Francesco Marino e il segretario generale dei minatori del Belgio, Italo Rodomonti, che giunge proprio da Chapelle. Sarà possibile visitare una mostra fotografica e verrà proiettato un film documentario.

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