L’informazione globalizzata non sempre riesce a dare la
giusta cognizione di causa ed il giusto valore a chi ha contribuito a
trasformare la nostra società. E’ il caso delle maestre o dei maestri che hanno
portato in moltissime zone rurali “la Scuola”.
Il compito era ancora più arduo allorquando la scuola veniva
aperta in una contrada dove mancava di tutto: dalla strada ai servizi
fondamentali, da un’aula, perché essa potesse essere definita tale, agli
strumenti didattici essenziali per facilitare l’approccio all’apprendimento.
Un
locale adibito a scuola era a malapena
riconoscibile dalla lavagna, dai banchi di fortuna e dalla presenza,
attaccata alla parete di una carta
geografica non sempre adeguata allo scopo.
I governi del dopoguerra, secondo quanto sancito nella
Costituzione, si adoperarono perché venisse dato a tutti i ragazzi
l’opportunità di istruirsi attraverso un percorso di scolarizzazione che fosse
vicino al loro mondo. Di qui nacque il bisogno di portare la Scuola anche nei
luoghi più lontani dai centri abitati.
Certamente chi abitava in paese
frequentava la Scuola elementare (così allora si chiamava fino a qualche
decennio fa), ottenendo benefici propri nel saper “ leggere, scrivere e far di
conto” e, quindi, essere condotti verso l’autonomia nella scelta della loro
vita futura.
Nel nostro territorio (comune di Baselice in provincia di
Benevento) vi erano più scuole rurali che fecero sì che tanti bambini, che
abitavano in contrade lontane dal centro,
potessero frequentarle; ne
enuncio alcune: Brecce San Giovanni, Pietramonte, Porcara, Serre Mangialatte,
San Felice.
Faccio presente che,
negli anni Cinquanta e nei primi anni Sessanta, nel nostro territorio mancavano
le strade rotabili interpoderali di collegamento tra le provinciali e le
contrade tutte, vicine e lontane, dove la scuola era stata aperta; esse erano
raggiungibili solo a piedi, o a dorso di asini o muli, su sentieri fangosi o
innevati d’inverno.
In alcune di esse, la maestra, molto giovane, ventenne o
più che tale di qualche anno, era costretta a stare in campagna per l’intera
settimana, in un alloggio di fortuna,
non potendo fare il percorso quotidiano, a piedi, dal paese alla scuola
di servizio, data la notevole distanza. Certamente i disagi erano tanti: la
mancanza di luce elettrica, di acqua corrente, dei comfort che aveva lasciato,
di isolamento.
Il suo mondo era
cambiato ed i sacrifici a cui era sottoposta erano tanti: senza notizie perché
la radio o la tv non c’erano perché mancava la luce elettrica
(l’elettrificazione nelle contrade, come pure la realizzazione delle strade
interpoderali era iniziata solo all’inizio degli anni Sessanta del secolo
scorso), la lontananza da un mondo diverso da quello a cui lei era abituata.
Affrontava ogni sacrificio per un posto di lavoro, dove espletava la sua
professione con tutta l’anima, per un suo futuro migliore, consapevole
dell’importanza del suo compito nel dare a quegli scolari della sua
pluriclasse, lontana dal mondo, ma non priva di valori, ciò che avrebbe
consentito loro di entrare a far parte, da cittadini, del mondo, acquisendo la
lettura, la scrittura ed il far di conto, insieme alle tante attività che lei
proponeva e che avvicinavano i suoi scolari ad un mondo sconosciuto.
Molti di quegli alunni, diventati adulti e maturi, credo che
mai avrebbero potuto dimenticare la maestra, che aveva messo nelle
loro mani la penna, per scoprire
un mondo, che era stato per loro, completamente sconosciuto.
L’Italia è cresciuta!.
Il suo progresso lo
si deve anche a quelle persone che, con il loro impegno, la loro dignità, il
loro amore per il lavoro, svolto hanno fatto sì che nessuno restasse indietro.
Le maestre ed i
maestri hanno fatto anche questo ed è bene ricordarlo in un mondo dove, spesso,
ci si dimentica dei veri valori della vita: dignità, onestà, solidarietà.
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