di Giovanni Calabrese*
Il Manualetto dell'isolamento è servito a capire come le persone stavano affrontando il tedio del «confino». Abbiamo così iniziato a ricevere messaggi. Aurora, una ragazzina di 15 anni, ci ha inviato le foto della sua famiglia, dicendoci: "Sto spiando mio fratello e mio zio fare alcuni lavori di pulizia a casa".
I “compiti da casa” ci hanno così messo in contatto con
diverse persone in paese (Baselice, ndb), generando una conversazione quotidiana tramite
WhatsApp e telefono e regalandoci uno spaccato della vita quotidiana della
comunità, della loro creatività, di cosa amavano fare gli abitanti per uccidere
la noia dopo gli innumerevoli turni di ramazza in casa. Soffitte e cantine
pulitissime, come non mai in precedenza.
Nessuno dei “compiti da casa” era veramente originale, ma avevano tutti un senso. Essere in quarantena, per noi e gli abitanti del paese, significava avere a che fare con chi siamo e spostare la nostra attenzione sugli aspetti della vita che generalmente passano inosservati. Ci siamo abituati poco alla volta a vivere senza distrazioni, a riscoprire il necessario e a sviluppare coesione ed affetto.
*social designer
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