Riceviamo e postiamo
di Giovanni Di Lecce*
La querelle televisiva tra Fini e Berlusconi ha portato alla luce, rimarcandone così i contorni, i gravi contrasti, mai risolti, ma messi in ombra dalla propaganda fumosa dei tanti giullari che allietano la corte di re Silvio, che attraversano il Pdl, in cui convivono una accanto all'altra due anime tra loro diversissime, accomunate solo dall'interesse di occupare posti di potere.
Come sempre accade con Berlusconi, la fondazione del Popolo della libertà si è rivelata una pura operazione di maquillage, volta esclusivamente a dare ad An i connotati di Forza Italia, dal momento che ne era diventato la sua brutta copia.
La logica perversa che sta alla base di questa formazione politica è tutta nel fatto che quest'ultima deve fungere, secondo le migliori intenzioni di Berlusconi, da semplice e vuoto contenitore, così che egli possa riempirlo all'occorrenza con i suoi proclami dittatoriali, tradotti, poi, quasi sempre in leggi speciali, che i parlamentari di maggioranza, come fossero suoi maggiordomi, gli ritagliano su misura.
Certo è che rimane un mistero del perchè Fini abbia permesso che il suo partito venisse fagocitato da un leviatano come Forza Italia, tipico esempio di familismo all'italiana. Non che An ne fosse immune, ma almeno alcuni suoi uomini (vedi Domenico Fisichella) ci erano parsi non avvezzi a pratiche così corrosive del tessuto sociale.
Fatto sta che sentendo le dichiarazioni di Fini di questi ultimi giorni vien da dire che lui non si smetisce mai. Chi si era illuso che Fini nel dibattito scaturito nella direzione del Pdl ci avesse consegnato la sua immagine definitiva è stato prontamente smentito: lui è sempre e soltanto uno, nessuno, centomila.
Si atteggia a uomo di Stato, ma ne è una triste caricatura, sempre pronto a mettere la maschera del cortigiano che vuole compiacere il Principe. Lui piuttosto è il figurante che gioca a fare il re, e si compenetra così tanto nel ruolo che quando gli si ricorda che la recita è finita, lui strepita e piange come un bambino a cui si toglie il trastullo dei suoi giochi per metterlo a letto.
Fini è un personaggio tragico e comico allo stesso tempo. Tutto compreso nella sua parte, non si avvede di recitare brutti copioni scritti da altri, ma che lui manda a memoria come fossero pezzi di alta dottrina politica. E' a capo di una soldataglia prezzolata e sempre al soldo di chi paga meglio, ma si pensa sempre l'audace condottiero di un esercito agguerrito e fidato. Si crede un novello Riccardo Cuor di Leone, ma al primo squillar di trombe non trova di meglio che battare in ritirata, lasciando che il nemico detti lui le condizioni della resa.
E dire che l'avevamo preso in parola quando si era dichiarato un conservatore di stampo liberale, che guardava con la sua An all'unità d'Italia come a un valore fondativo della nostra Repubblica.
D'altronde come aspettarsi tanta coerenza da uno che pur di governare si alleava e si allea con la Lega Nord, un partito che un giorno sì e l'altro pure grida sempre alla seccessione? o da uno che grida continuamente al ladro, ma che poi non trova di meglio che stringere con lui accordi che l'autorizzano a far razzia di legalità in Parlamento?
Purtroppo quanti han creduto che lo scontro con Berlusconi non fosse solo una farsa e che veramente Fini si fosse fatto vessillifero delle ragioni del Sud, si sono dovuti subito ricredere e hanno dovuto prendere atto che il Sud o si salva da sè o è destinato ancora una volta ad essere terra di conquista del primo che dichiari di volersi fare paladino della sua causa.
Tutto questo mi rafforza nella convinzione che "L'Altro Sud" è destinato a diventare la Voce critica del grave disagio del Popolo Meridionale.
www.laltrosud.it
giovedì 29 aprile 2010
mercoledì 28 aprile 2010
Intercettazioni, il no dei giornalisti
''Questa legge è una legge liberticida che va frenata''. Così il segretario generale della Federazione nazionale della stampa Franco Siddi, presente alla manifestazione organizzata dalla Fnsi a Piazza Navona questa mattina, spiega i motivi della contestazione al disegno di legge sulle intercettazioni in discussione al Senato.
''A questa legge - prosegue Siddi - se verrà approvata ci opporremo un minuto dopo recandoci alla Corte di giustizia europea. Non poter dar conto di come procedono le inchieste è un fatto anti democratico, illiberale e che lede la democrazia più povera. Non sapremmo nulla per anni di tanti misfatti che magari finirebbero sepolti nei vecchi cassetti di tante procure''.
Sul rispetto della privacy da parte dei media Siddi aggiunge: ''Penso che occorra stabilire i principi, quella delle persone va tutelata, ma le notizie devono essere date. Occorre sempre un equilibrio, una capacità professionale e deontologica per stare in questo equilibrio. Non c'è dubbio però che i fatti di interesse pubblico siano prevalenti sulla privacy di qualsiasi individuo, tanto più se si tratta di un personaggio pubblico. È ovvio, non dobbiamo prestarci a elementi di pubblicazione che vanno a colpire l'intimo delle persone senza valenza pubblica''.
(Fonte: Adnkronos)
''A questa legge - prosegue Siddi - se verrà approvata ci opporremo un minuto dopo recandoci alla Corte di giustizia europea. Non poter dar conto di come procedono le inchieste è un fatto anti democratico, illiberale e che lede la democrazia più povera. Non sapremmo nulla per anni di tanti misfatti che magari finirebbero sepolti nei vecchi cassetti di tante procure''.
Sul rispetto della privacy da parte dei media Siddi aggiunge: ''Penso che occorra stabilire i principi, quella delle persone va tutelata, ma le notizie devono essere date. Occorre sempre un equilibrio, una capacità professionale e deontologica per stare in questo equilibrio. Non c'è dubbio però che i fatti di interesse pubblico siano prevalenti sulla privacy di qualsiasi individuo, tanto più se si tratta di un personaggio pubblico. È ovvio, non dobbiamo prestarci a elementi di pubblicazione che vanno a colpire l'intimo delle persone senza valenza pubblica''.
(Fonte: Adnkronos)
Fermiamo il nucleare, appello per un Comitato nazionale
Crediamo che la scelta del Governo di far tornare il nucleare in Italia sia una scelta sbagliata e rischiosa, che non fa gli interessi dei cittadini e del Paese.
Alcuni dati lo dimostrano: l’Italia ha una potenza elettrica installata di ormai quasi 100.000 megawatt, mentre il picco di consumi oggi non supera i 55.000 megawatt. Le recenti dichiarazioni di autosufficienza energetica dei Presidenti di alcune regioni italiane valgono anche per il resto del Paese. Non abbiamo dunque bisogno di nuova energia ma di energia rinnovabile in sostituzione di quella fossile.
Il nucleare costa troppo, in nessun paese al mondo si costruiscono centrali senza finanziamenti pubblici e garanzie statali, che ricadono poi sulle tasse e le bollette pagate dai cittadini. In Italia si distoglierebbero risorse importanti dalla ricerca per l’innovazione tecnologica e dalla diffusione dell’efficienza energetica e delle energie rinnovabili.
A fronte però dell’impiego di così ingenti risorse pubbliche, la risposta alla crisi economica e occupazionale non è significativa, soprattutto se equiparata al rapporto tra occupazione e investimento nei settori dell’efficienza energetica e delle rinnovabili. Secondo uno studio dell’Unione Europea del 2009 investire oggi per raggiungere nel 2020 il 20% di rinnovabili creerà 2,8 milioni di posti di lavoro con oltre 2000 imprese coinvolte.
Il nucleare continua a essere rischioso: anche per i reattori di terza generazione EPR in costruzione sono emersi gravi problemi di sicurezza, come hanno denunciato, a novembre 2009, con una nota congiunta le Agenzie di Sicurezza di Francia, Regno Unito e Finlandia. Inoltre è utile ricordare che nel mondo non è stato ancora risolto il problema di dove depositare in modo sicuro e definitivo le scorie.
Il nucleare non ridurrebbe la dipendenza energetica dall’estero perché importeremmo l’uranio e, secondo il recente accordo sottoscritto con la Francia, importeremmo tecnologia e brevetti esteri, per tutto il ciclo di vita fino alla messa in sicurezza delle scorie. Quanto al presunto “rinascimento” del nucleare nel mondo, i Paesi che lo hanno scelto negli anni sessanta e settanta del secolo scorso, sono costretti a prolungare l’attività delle loro centrali per evitare gli ingenti costi di smantellamento degli impianti a fine vita, come in Germania, o a progettarne di nuove, per evitare la crisi di un costosissimo comparto industriale, come in Francia.
Infine il nucleare non darà nessun contributo a rispettare i vincoli posti dall’Unione Europea per ridurre le emissioni di CO2 del 20% entro il 2020, perché le prime centrali non saranno operative prima del 2026-2030, e perché il complesso ciclo di approvvigionamento della materia prima, di costruzione e smantellamento produce non poca CO2.
Per tutte queste ragioni, s’invitano tutti a superare dispute ideologiche di parte e compiere scelte razionali e convenienti per il Paese, per contrastare i cambiamenti climatici e rispettare gli obiettivi posti dall’Unione Europea del 20-20-20. L’auspicio e l’impegno delle associazioni promotrici e di tutti gli aderenti è che si crei un grande schieramento unitario e trasversale, al di là delle diverse appartenenze e collocazioni politiche.
Vogliamo costruire insieme al mondo della cultura e della politica, della scienza e del lavoro, della società civile e delle imprese, strategie unitarie e comuni che possano ridare al Paese la prospettiva di un modello energetico sostenibile, sia dal punto di vista economico che ambientale.
Le associazioni promotrici:
Ambiente e Lavoro
Accademia Kronos
Associazione Mediterranea per la Natura
Comitato SI alle energie rinnovabili NO al nucleare
Fare Verde
Forum Ambientalista
Greenpeace
Italia Nostra
Jane Goodal Italia
Lav
Legambiente
Lipu
Mountain Wilderness
Pro Natura
Vas
Wwf
Alcuni dati lo dimostrano: l’Italia ha una potenza elettrica installata di ormai quasi 100.000 megawatt, mentre il picco di consumi oggi non supera i 55.000 megawatt. Le recenti dichiarazioni di autosufficienza energetica dei Presidenti di alcune regioni italiane valgono anche per il resto del Paese. Non abbiamo dunque bisogno di nuova energia ma di energia rinnovabile in sostituzione di quella fossile.
Il nucleare costa troppo, in nessun paese al mondo si costruiscono centrali senza finanziamenti pubblici e garanzie statali, che ricadono poi sulle tasse e le bollette pagate dai cittadini. In Italia si distoglierebbero risorse importanti dalla ricerca per l’innovazione tecnologica e dalla diffusione dell’efficienza energetica e delle energie rinnovabili.
A fronte però dell’impiego di così ingenti risorse pubbliche, la risposta alla crisi economica e occupazionale non è significativa, soprattutto se equiparata al rapporto tra occupazione e investimento nei settori dell’efficienza energetica e delle rinnovabili. Secondo uno studio dell’Unione Europea del 2009 investire oggi per raggiungere nel 2020 il 20% di rinnovabili creerà 2,8 milioni di posti di lavoro con oltre 2000 imprese coinvolte.
Il nucleare continua a essere rischioso: anche per i reattori di terza generazione EPR in costruzione sono emersi gravi problemi di sicurezza, come hanno denunciato, a novembre 2009, con una nota congiunta le Agenzie di Sicurezza di Francia, Regno Unito e Finlandia. Inoltre è utile ricordare che nel mondo non è stato ancora risolto il problema di dove depositare in modo sicuro e definitivo le scorie.
Il nucleare non ridurrebbe la dipendenza energetica dall’estero perché importeremmo l’uranio e, secondo il recente accordo sottoscritto con la Francia, importeremmo tecnologia e brevetti esteri, per tutto il ciclo di vita fino alla messa in sicurezza delle scorie. Quanto al presunto “rinascimento” del nucleare nel mondo, i Paesi che lo hanno scelto negli anni sessanta e settanta del secolo scorso, sono costretti a prolungare l’attività delle loro centrali per evitare gli ingenti costi di smantellamento degli impianti a fine vita, come in Germania, o a progettarne di nuove, per evitare la crisi di un costosissimo comparto industriale, come in Francia.
Infine il nucleare non darà nessun contributo a rispettare i vincoli posti dall’Unione Europea per ridurre le emissioni di CO2 del 20% entro il 2020, perché le prime centrali non saranno operative prima del 2026-2030, e perché il complesso ciclo di approvvigionamento della materia prima, di costruzione e smantellamento produce non poca CO2.
Per tutte queste ragioni, s’invitano tutti a superare dispute ideologiche di parte e compiere scelte razionali e convenienti per il Paese, per contrastare i cambiamenti climatici e rispettare gli obiettivi posti dall’Unione Europea del 20-20-20. L’auspicio e l’impegno delle associazioni promotrici e di tutti gli aderenti è che si crei un grande schieramento unitario e trasversale, al di là delle diverse appartenenze e collocazioni politiche.
Vogliamo costruire insieme al mondo della cultura e della politica, della scienza e del lavoro, della società civile e delle imprese, strategie unitarie e comuni che possano ridare al Paese la prospettiva di un modello energetico sostenibile, sia dal punto di vista economico che ambientale.
Le associazioni promotrici:
Ambiente e Lavoro
Accademia Kronos
Associazione Mediterranea per la Natura
Comitato SI alle energie rinnovabili NO al nucleare
Fare Verde
Forum Ambientalista
Greenpeace
Italia Nostra
Jane Goodal Italia
Lav
Legambiente
Lipu
Mountain Wilderness
Pro Natura
Vas
Wwf
martedì 27 aprile 2010
Fortorina, ecco quanto costa
Tra gli investimenti dell’Anas in Campania ci sono anche quelli per la strada Fortorina. La notizia – che riportiamo qui sotto – è apparsa sul sito www.megamodo.com.
(…) La variante alla strada statale 212 “Fortorina” dal bivio di Pietrelcina allo svincolo per San Marco dei Cavoti, del valore di circa 158 milioni di euro, che si sviluppa con importanti opere d’arte quali gallerie e viadotti per circa 17 chilometri su un territorio articolato e complesso, anche per la presenza di reperti archeologici. A lavori ultimati verrà consegnata alla comunità tutta una nuova e importante arteria che costituirà non solo il collegamento con le aree interne ma anche il volano per lo sviluppo industriale delle aree del Fortore e del beneventano.
(…) La variante alla strada statale 212 “Fortorina” dal bivio di Pietrelcina allo svincolo per San Marco dei Cavoti, del valore di circa 158 milioni di euro, che si sviluppa con importanti opere d’arte quali gallerie e viadotti per circa 17 chilometri su un territorio articolato e complesso, anche per la presenza di reperti archeologici. A lavori ultimati verrà consegnata alla comunità tutta una nuova e importante arteria che costituirà non solo il collegamento con le aree interne ma anche il volano per lo sviluppo industriale delle aree del Fortore e del beneventano.
lunedì 26 aprile 2010
Cernobyl, 24 anni fa la tragedia
"Stop follia nucleare". E' questo lo striscione esposto questa mattina davanti a Montecitorio da 10 attivisti di Greenpeace. In tute bianche e maschere antigas, hanno portato, inoltre, una mostra fotografica per ricordare il ventiquattresimo anniversario del disastro di Cernobyl.
Il 26 aprile 1986 a Cernobyl si verificò il più grave incidente nucleare della storia, con una violenta esplosione che rilasciò in atmosfera cento volte la radioattività sprigionata dalle bombe atomiche sganciate su Hiroshima e Nagasaki. La nube radioattiva arrivò fino in Europa Centrale e in Italia.
L'organizzazione ricorda poi che nel 1987, l'anno dopo Cernobyl, oltre l'80% dei cittadini italiani ha votato contro il nucleare e che in seguito all'esito dei tre referendum proposti, tutte le centrali nucleari in Italia furono chiuse.
(Fonte: Ansa)
Liberiamo l'acqua dal mercato
Il fine settimana del 24 e 25 aprile è iniziata in tutta Italia la raccolta firme per i referendum per la ripubblicizzazione dell'acqua. In centiania di piazze italiane saranno allestiti i banchetti. L'anniversario della Liberazione dal nazifascismo è stato occasione per liberare anche l'acqua dal mercaro e dal profitto. Diventa anche tu una staffetta del bene comune, firma e fai firmare.
I tre quesiti vogliono abrogare la vergognosa legge approvata dall’attuale governo nel novembre 2009 e le norme approvate da altri governi in passato che andavano nella stessa direzione, quella di considerare l’acqua una merce e la sua gestione finalizzata a produrre profitti.
Dal punto di vista normativo, l’approvazione dei tre quesiti rimanderà, per l’affidamento del servizio idrico integrato, al vigente art. 114 del Decreto Legislativo n. 267/2000.
Tale articolo prevede il ricorso alle aziende speciali o, in ogni caso, ad enti di diritto pubblico che qualificano il servizio idrico come strutturalmente e funzionalmente “privo di rilevanza economica”, servizio di interesse generale e privo di profitti nella sua erogazione.
Verrebbero poste le premesse migliori per l’approvazione della legge d’iniziativa popolare, già consegnata al Parlamento nel 2007 dal Forum italiano dei movimenti per l’acqua, corredata da oltre 400.000 firme di cittadini. E si riaprirebbe sui territori la discussione e il confronto sulla rifondazione di un nuovo modello di pubblico, che può definirsi tale solo se costruito sulla democrazia partecipativa, il controllo democratico e la partecipazione diretta dei lavoratori, dei cittadini e delle comunità locali.
www.acquabenecomune.org
venerdì 23 aprile 2010
Festa dei sanniti svizzeri
Festa di primavera sannita. È l’iniziativa organizzata per sabato 1° maggio nella regione della Schwerzisaall in dei Schwerzi 4 8135 Langnau am Albis (Zurigo) dai Sanniti svizzeri. La manifestazione si svolgerà in due tempi. Dalle 17 alle 19 incontro dibattito con i sindaci sul tema “Gli amministratori locali come fanno fronte all’incombente crisi economica-occupazionale”. E dalle 19 in poi si potranno gustare piatti tipici della nostra terra. Ad allietare la serata il maestro Sandro Paolozza. Parteciperanno il sindaco di Baselice, Domenico Canonico, e quello di san Giorgio la Molara Luigi Vella, insieme ad altri amministratori sanniti.
Riprende il ciclo di visite "La bellezza rifiutata"
Domenica 25 aprile riprende il ciclo di visite de "La Bellezza Rifiutata", con un luogo simbolo, nell'immaginario collettivo più nel male che nel bene, della nostra regione: Casal di Principe.
La visita, organizzata dal'associazione il Vagabondo, questa volta non si caratterizzerà come un vero e proprio walking tour ma come visita "ibrida", parte a piedi e parte in auto date le distanze non proprio ridotte tra i vari siti che andremo a vedere.
L'appuntamento è alle 10:30 allo stadio comunale di Casal di Principe, poco distante dall'uscita della superstrada. L'itinerario previsto prevede la visita alla Casa Famiglia Don Diana, un giro per il centro di Casale, visita alla chiesa di San Nicola, pranzo al sacco (come al solito, portate qualcosa da condividere...), visita al Santuario della Madonna di Briano, per passare infine alla Reale Tenuta di Carditello e ai siti di stoccaggio di Ferrandelle.
Ai partecipanti che vorranno fare un'offerta libera in favore dei giovani a rischio della parrocchia di Don Diana sarà fatto omaggio di un libro sulla vita di Don Giuseppe Diana, vittima della camorra.
Per informazioni e prenotazioni: info@ilvagabondo.org.
giovedì 22 aprile 2010
Gli esuberi della Comunità e i contratti di solidarità
Il consiglio della Comunità montana del Fortore, riunito nella seduta di ieri, mercoledì 21 aprile, ha deliberato all'unanimità sulla questione della pianta organica dell'Ente ed in particolare sulla problematica degli esuberi. Erano presenti al consesso, tutti i 12 rappresentanti dei Comuni membri e quasi tutti i sindaci che, insieme al presidente Zaccaria Spina, hanno analizzato e discusso quanto emerso dall'ultimo tentativo di conciliazione, in particolare, la proposta dell'attuazione dei cosiddetti "contratti di solidarietà", avanzata dai lavoratori in esubero. Questi contratti prevedono la riduzione dell'orario di lavoro del personale ed il relativo risparmio economico sugli stipendi. Sarà questa una soluzione accettata da tutti?
In memoria dei nostri padri
Il 14 aprile 1957 le popolazioni del Fortore stanche di una vita di stenti e di miseria, organizzano, con il supporto dei sindacati e del Pci, la cosiddetta "Marcia per il lavoro" o "Marcia della fame", che nell’intenzione sarebbe dovuta partire dalla Valfortore per giungere, passando per Benevento, a Roma. Vogliamo ricordare, soprattutto ai più giovani, quel drammatico momento a cinquantatre anni dall'evento.Il racconto è tratto dalla mia ricerca "Modernizzazione e arretratezza in una comunità del Sannio".
(...) Ecco come descrive la protesta Aldo Gambatesa, inviato del quotidiano “Roma”: «Alle prime luci dell’alba, tra incerto chiarore, abbiamo visto la piazza [di San Bartolomeo] riempirsi gradatamente prima di operai e poi di un imponente numero di tutori dell’ordine. I braccianti, i manovali, gli operai, i contadini, con un piccolo sacchetto sulle spalle si aggiravano come tante ombre per la piazza centrale.[...] Una prima squadra di operai con in testa delle donne che tenevano strette al petto tenere creaturine, [...] si avviavano attraverso scoscesi sentieri su per la montagna. La strada provinciale era stata bloccata dai carabinieri, i quali, di certo non li avrebbero fatti passare. E così per evitare i posti di blocco, formati dalla polizia, preferivano affrontare le asperità della montagna. L’appuntamento era al ponte delle “sette luci” di Foiano. Quivi gli operai di San Bartolomeo si sarebbero incontrati con quelli provenienti da Montefalcone, da Foiano, da Baselice, da Castelvetere e tutti insieme avrebbero affrontato una nuova prova aggiunta alle loro tante tribolazioni, per recare nelle città eterna una voce di sconforto, ed una parola di umana, ansiosa invocazione. [...]
Nei pressi del ponte delle “Sette luci” un imponente schieramento di tutori dell’ordine blocca il passaggio agli scioperanti della fame. Il primo gruppetto che tenta di passare viene invitato ad allontanarsi senza creare incidenti. [...]. E così ancora una volta, silenziosi e tenaci gli scioperanti scomparivano tra gli irti sentieri della montagna. Intanto dal capoluogo continuano ad affluire nella zona maledetta ingenti forze di polizia. Si teme che da un momento all’altro possano verificarsi incidenti. Ormai nelle colonne si sono inserite troppi elementi comunisti, i quali potrebbero far nascere delle complicazioni [...]. Intanto, verso le prime ore della sera, i primi gruppi di operai sono riusciti a penetrare nel comune di San Marco dei Cavoti prima tappa prevista dalla massacrante marcia della fame. [...]»101
Ma qui presso il cimitero all’entrata del paese, «[...] il capo della polizia fa suonare la carica e azionare i manganelli. Si dà la caccia ai fuggiaschi per impedire che giungano a destinazione. [...] Il giorno successivo, tra le quattro e le cinque, riprendono il cammino: sono le avanguardie del movimento. Ma, dopo un paio d’ore di marcia incappano nella seconda rete della polizia, nel territorio di Pesco Sannita. Non riescono ad andare oltre. Un altro sbandamento, un’altra fuga, un altro inseguimento. Questa volta sono quasi tutti presi e caricati sugli automezzi. La marcia è l’ultimo atto della tragedia del vecchio Fortore»102 e «[...] l’ennesimo grido di angoscia sollevato dalla gente del Mezzogiorno che vede calpestati i suoi diritti [...] ».103
Si concluse tragicamente «la storia di un gruppo di cafoni, di braccianti, di senza terra, di operai a giornata che tentarono di marciare su Roma, per portare nel Parlamento la voce della fame e della disperazione».
Le cause dell’amara conclusione della “marcia” sono da ricercarsi non solo nella situazione socio-politica locale ma in quella più generale della fase storica della politica nazionale che vede il riflusso del movimento contadino, la destalinizzazione che travaglia il Pci e l’egemonia della Dc che occupa ormai stabilmente il potere tramite la politica di assistenza e di opere pubbliche della Cassa del Mezzogiorno.
101 A. GAMBATESA, Nella notte tempestosa sono partiti scalzi per Roma, in “Roma”, 15.04.1957, pag. 1
102 G. VIRGINEO, op. cit., pag. 136
103 A.GAMBATESA, Op. cit.
(...) Ecco come descrive la protesta Aldo Gambatesa, inviato del quotidiano “Roma”: «Alle prime luci dell’alba, tra incerto chiarore, abbiamo visto la piazza [di San Bartolomeo] riempirsi gradatamente prima di operai e poi di un imponente numero di tutori dell’ordine. I braccianti, i manovali, gli operai, i contadini, con un piccolo sacchetto sulle spalle si aggiravano come tante ombre per la piazza centrale.[...] Una prima squadra di operai con in testa delle donne che tenevano strette al petto tenere creaturine, [...] si avviavano attraverso scoscesi sentieri su per la montagna. La strada provinciale era stata bloccata dai carabinieri, i quali, di certo non li avrebbero fatti passare. E così per evitare i posti di blocco, formati dalla polizia, preferivano affrontare le asperità della montagna. L’appuntamento era al ponte delle “sette luci” di Foiano. Quivi gli operai di San Bartolomeo si sarebbero incontrati con quelli provenienti da Montefalcone, da Foiano, da Baselice, da Castelvetere e tutti insieme avrebbero affrontato una nuova prova aggiunta alle loro tante tribolazioni, per recare nelle città eterna una voce di sconforto, ed una parola di umana, ansiosa invocazione. [...]
Nei pressi del ponte delle “Sette luci” un imponente schieramento di tutori dell’ordine blocca il passaggio agli scioperanti della fame. Il primo gruppetto che tenta di passare viene invitato ad allontanarsi senza creare incidenti. [...]. E così ancora una volta, silenziosi e tenaci gli scioperanti scomparivano tra gli irti sentieri della montagna. Intanto dal capoluogo continuano ad affluire nella zona maledetta ingenti forze di polizia. Si teme che da un momento all’altro possano verificarsi incidenti. Ormai nelle colonne si sono inserite troppi elementi comunisti, i quali potrebbero far nascere delle complicazioni [...]. Intanto, verso le prime ore della sera, i primi gruppi di operai sono riusciti a penetrare nel comune di San Marco dei Cavoti prima tappa prevista dalla massacrante marcia della fame. [...]»101
Ma qui presso il cimitero all’entrata del paese, «[...] il capo della polizia fa suonare la carica e azionare i manganelli. Si dà la caccia ai fuggiaschi per impedire che giungano a destinazione. [...] Il giorno successivo, tra le quattro e le cinque, riprendono il cammino: sono le avanguardie del movimento. Ma, dopo un paio d’ore di marcia incappano nella seconda rete della polizia, nel territorio di Pesco Sannita. Non riescono ad andare oltre. Un altro sbandamento, un’altra fuga, un altro inseguimento. Questa volta sono quasi tutti presi e caricati sugli automezzi. La marcia è l’ultimo atto della tragedia del vecchio Fortore»102 e «[...] l’ennesimo grido di angoscia sollevato dalla gente del Mezzogiorno che vede calpestati i suoi diritti [...] ».103
Si concluse tragicamente «la storia di un gruppo di cafoni, di braccianti, di senza terra, di operai a giornata che tentarono di marciare su Roma, per portare nel Parlamento la voce della fame e della disperazione».
Le cause dell’amara conclusione della “marcia” sono da ricercarsi non solo nella situazione socio-politica locale ma in quella più generale della fase storica della politica nazionale che vede il riflusso del movimento contadino, la destalinizzazione che travaglia il Pci e l’egemonia della Dc che occupa ormai stabilmente il potere tramite la politica di assistenza e di opere pubbliche della Cassa del Mezzogiorno.
101 A. GAMBATESA, Nella notte tempestosa sono partiti scalzi per Roma, in “Roma”, 15.04.1957, pag. 1
102 G. VIRGINEO, op. cit., pag. 136
103 A.GAMBATESA, Op. cit.
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