lunedì 24 giugno 2013
Oro nero, trivellazioni e Sannio
“No Triv” è lo slogan che continuare a campeggiare durante gli appuntamenti dall’omonimo titolo, appuntamenti aperti a tutti e volti a sensibilizzare la cittadinanza circa il petrolio e tutto ciò che ne conseguirebbe nei territori sanniti. Il grido d’allarme delle “manovre” delle multinazionali interessate all’Oro Nero è partito dalla Basilicata, dove i comuni della Val d’Agri da anni vivono, ormai schiavizzati, all’estrazioni petrolifere. I primi incontri per fronteggiare questo allarme tutto sannita, sono iniziati dal Centro Sociale Autogestito Depistaggio di Benevento, dove tra i numerosi appuntamenti, vorrei ricordare quello del 10 maggio, quando è stato proiettato un’interessante ed esplicativo documentario di Valeria Castellano in merito allo stato attuale in si trova la Basilicata.
Facciamo il punto della situazione per spiegare ancora una volta e meglio cosa potrebbe succedere e quanto danno apporterebbe questo famoso e ricercato Oro Nero. Ci sono ben quattro progetti riguardanti la ricerca di idrocarburi in Campania e tutti e quattro colpiscono in pieno il territorio sannita, coinvolgendo circa 35 comuni tra cui Benevento stessa. La Commissione Valutazione d’Impatto Ambientale, siglata V.I.A., ha strizzato l’occhio già a due istanze presentategli, quindi accordandogli parere favorevole, rilasciato anche – probabilmente con troppa superficialità- dalla Regione Campania. Ora questo primo “ok” permetterà all’azienda interessata di effettuare sopralluoghi e rilevamenti senza, però, mettere in atto delle perforazioni.
Durante l’assemblea ancora una volta sono state tenute come monito le conseguenze preoccupanti, pesanti e devastanti che l’avvento delle trivelle, i cui fili sono gestiti dalle multinazionali, porterebbero nei nostri territori. Essendo ancora allo stadio iniziale, sarà possibile bloccare lo scempio che, diversamente da noi, stanno vivendo in Basilicata.
In primo piano le condizioni assurde in cui riversano quei territori interessati, ormai completamente assoggettati alle multinazionali. Quest’ultime, purtroppo, agiscono senza alcuno scrupolo poiché con i soldi sanno di poter comparare e mettere in atto i loro progetti, in questo caso acquistando le royalties. Inquinamento delle falde acquifere, agricoltura e il valore del patrimonio immobiliare risulterebbero le prime negative conseguenze. Consideriamo poi il Sannio nello specifico: è una zona esposta ad alto rischio sismico, dunque le trivellazioni per estrarre il petrolio non farebbero altro che intaccare ulteriormente, danneggiandolo, un suolo di per sé “sensibile”.
Un altro grande problema è rappresentato da tutti noi, cittadini sanniti, che in qualche modo ignoriamo l’esistenza di questi progetti e continuiamo a vivere la nostra quotidianità senza tenere minimamente in considerazione una tale pericolosa realtà. Eppure di comunicazione in merito se ne sta facendo tanta, dai dibattiti alle proiezioni, dalle presentazioni di libri alle passeggiate nei luoghi interessati.
“No Triv” è la “bandiera” simbolo di ciascuna iniziativa, è se vogliamo un progetto di risposta per tutelare e salvaguardare noi ed i nostri territori. Troppa indifferenza aspettando le conseguenze di lavori che potrebbero prendere il via quando meno ce lo aspettiamo, potrebbe risultare un atteggiamento negligente e per nulla risolutivo. Ignorare il problema diventerebbe addirittura una risposta favorevole alle trivelle. Eppure in questa forma di “ricchezza” tanto ricercata, in quest’oro che dovrebbe arricchire gli altri ma non noi, “Non c’è alcun vantaggio e nessun progresso!”.
Aspettando nuove iniziative alle quali prendere parte, potremmo iniziare col partecipare alle riunioni che ogni giovedì, alle ore 19.00, si terranno presso il Palazzo del Volontariato, in viale A. Mellusi 68.
www.bmagazine.it
giovedì 20 giugno 2013
Forestali, è botta e risposta
Postiamo un interessante articolo apparso su benevento/ottoagine.net dal titolo «Danneggiati dai ‘determinati’» e sottotitolo: "Gli operai a tempo indeterminato rispondono ai vertici dell’ente"
I forestali non ci stanno a passare per irresponsabili rispetto agli esposti che sono stai messi in atto per difendere i propri diritti. “E’ l’unico modo che ci rimane di per difendere i nostri diritti e tutelarci rispetto alla mancata retribuzione di una quindicina di mensilità che ci ha messo in ginocchio” afferma uno dei tanti operai forestali che da circa due anni vivono una situazione ormai diventata insostenibile. Il problema è sempre lo stesso, la disputa tra Oti (operai a tempo indeterminato) e Otd (operai a tempo determinato). Secondo i primi il problema il ritardo della retribuzione è dovuta all’assunzione, secondo loro “illegittima”, visto la carenza di fondi, dei lavoratori a tempo determinato.
Lavoratori, che più volte i vertici della comunità montana hanno chiarito, sono sati assunti dietro provvedimenti messi in campo dalla Regione nell’ambito del turn over. L’assunzione da parte dell’ente montano del Fortore degli operai a tempo determinato ha spinto, infatti, i forestali storici con regolare contratto a tempo indeterminato, di promuovere alcune azioni contro l’ente. L’ultimo in ordine cronologico è stata la lettera-l’esposto al Presidente della Repubblica, dove appunto si denuncia: “Ci viene detto che non ci sono i fondi per pagare gli stipendi. Ma se non ci sono i fondi, perché sono stati assunti altri operai forestali a tempo determinato? Con quali criteri selettivi sono stati assunti detti operai?”.
Interrogativi ai quali l’ente ha sempre risposto affermando che l’utilizzo degli Oti è autorizzato dalla Regione e che i fondi messi a disposizione dell’ente includono anche il lavoro degli operai a tempo indeterminato. Nell’ultima finanziaria la Regione ha precisato che i fondi per la forestazione vanno suddivisi dando priorità agli operai a tempo indeterminato. Anche in questo caso i vertici della comunità montana del Fortore hanno assicurato che il problema non è la quantità dei fondi, ma la tempistica degli accrediti. Per l’ente la progettazione messa in campo non mette a rischio il pagamento delle spettanze agli operai a tempo indeterminato.
I forestali non ci stanno a passare per irresponsabili rispetto agli esposti che sono stai messi in atto per difendere i propri diritti. “E’ l’unico modo che ci rimane di per difendere i nostri diritti e tutelarci rispetto alla mancata retribuzione di una quindicina di mensilità che ci ha messo in ginocchio” afferma uno dei tanti operai forestali che da circa due anni vivono una situazione ormai diventata insostenibile. Il problema è sempre lo stesso, la disputa tra Oti (operai a tempo indeterminato) e Otd (operai a tempo determinato). Secondo i primi il problema il ritardo della retribuzione è dovuta all’assunzione, secondo loro “illegittima”, visto la carenza di fondi, dei lavoratori a tempo determinato.
Lavoratori, che più volte i vertici della comunità montana hanno chiarito, sono sati assunti dietro provvedimenti messi in campo dalla Regione nell’ambito del turn over. L’assunzione da parte dell’ente montano del Fortore degli operai a tempo determinato ha spinto, infatti, i forestali storici con regolare contratto a tempo indeterminato, di promuovere alcune azioni contro l’ente. L’ultimo in ordine cronologico è stata la lettera-l’esposto al Presidente della Repubblica, dove appunto si denuncia: “Ci viene detto che non ci sono i fondi per pagare gli stipendi. Ma se non ci sono i fondi, perché sono stati assunti altri operai forestali a tempo determinato? Con quali criteri selettivi sono stati assunti detti operai?”.
Interrogativi ai quali l’ente ha sempre risposto affermando che l’utilizzo degli Oti è autorizzato dalla Regione e che i fondi messi a disposizione dell’ente includono anche il lavoro degli operai a tempo indeterminato. Nell’ultima finanziaria la Regione ha precisato che i fondi per la forestazione vanno suddivisi dando priorità agli operai a tempo indeterminato. Anche in questo caso i vertici della comunità montana del Fortore hanno assicurato che il problema non è la quantità dei fondi, ma la tempistica degli accrediti. Per l’ente la progettazione messa in campo non mette a rischio il pagamento delle spettanze agli operai a tempo indeterminato.
martedì 18 giugno 2013
Petrolio, Dommarco: «Barricate e informazione contro i pozzi»
Tenersi pronti alle barricate e seguire attentamente tutti i processi sfruttando le opportunità che la legge offre. E’ la linea indicata da Pietro Dommarco ai cittadini sanniti impegnati nella lotta contro i petrolieri. Trentaquattro anni, lucano, Dommarco è autore di ‘Trivelle d’Italia’, fortunato testo che ha denunciato il proliferare dei progetti di ricerca di idrocarburi in Italia. Il best-seller è stato presentato nei giorni scorsi in alcuni centri della provincia in un tour conclusosi ieri ad Apice e Sant’Arcangelo Trimonte.
La caccia al petrolio negli ultimi anni si è intensificata con una autentica escalation di richieste di autorizzazione giunte sul tavolo del Ministero Sviluppo economico. Ne è testimonianza la provincia di Benevento, interessata più direttamente dai progetti ‘Pietra Spaccata’ e ‘Case Capozzi’ presentati dalla società britannico-ferrarese ‘Delta Energy’.
Entrambi sono in fase di autorizzazione ma per ‘Case Capozzi’, come riferito nei giorni scorsi dal nostro giornale, il Ministero ha preannunciato un diniego. Una notizia senz’altro positiva per gli oppositori delle trivelle ma non è affatto il caso di mollare la presa: «Ho avuto notizia – ha detto Dommarco confermando le dichiarazioni rese a Ottopagine dai rappresentanti italiani della società – che la ‘Delta Energy’ ha già controdedotto alle osservazioni del Ministero, dicendosi al contempo fiduciosa circa l’accoglimento dei propri chiarimenti. Bisogna tenere alta la guardia e prepararsi a fare le barricate per difendere il territorio. I governi, senza distinzioni di colore, spingono molto per la realizzazione di questi progetti. La lotta può apparire impari e in effetti è difficile, ma non impossibile. Cittadini e istituzioni, se fanno i passi giusti, possono inceppare i meccanismi delle società petrolifere. E’ accaduto ad esempio in Basilicata per un progetto che era già sul punto di partire e invece grazie ad alcune osservazioni avanzate da solo quattro cittadini l’iter si è bloccato. Ma per combattere questi colossi spalleggiati dai governi – ha ammonito Dommarco – occorre essere informati sulle norme che regolano la materia, lucidi nell’individuare i punti deboli delle procedure, determinati a portare avanti la battaglia. E il più possibile numerosi, coinvolgendo le persone sulla base di una semplice riflessione: se loro hanno interesse a contaminare il nostro territorio, noi ne abbiamo ancor più a difenderlo».
Piena contrarietà alle iniziative di ricerca di idrocarburi è stata espressa dal sindaco di Apice, Ida Antonietta Albanese: «Riteniamo che il petrolio non sia il futuro ma la devastazione delle nostre realtà. Abbiamo deliberato contro e siamo stati partecipi a tutte le occasioni di confronto che fin qui ci sono state. Continueremo a farlo ma spesso ci sentiamo quasi impotenti dinanzi a progetti molto più grandi di noi». Erminia Manserra, presidente della Pro loco e promotrice dell’incontro ad Apice, ha evidenziato la assoluta necessità di mettere insieme un movimento il più vasto possibile su un tema tanto importante. Stesso richiamo nelle parole di Nicola Colangelo, presidente del comitato civico ‘Codisam’ di Sant’Arcangelo Trimonte, fautore del tour di Dommarco nel Sannio. Il geologo Vincenzo Portoghese, fin dalla prima ora tra i più attivi nella battaglia contro le trivelle, ha evidenziato l’importanza di effettuare un monitoraggio preventivo delle aree coinvolte nei progetti. «In tal modo – ha spiegato – si potrà dimostrare in maniera incontrovertibile che l’inquinamento delle matrici ambientali è legato ai pozzi».
benevento.ottopagine.net
La caccia al petrolio negli ultimi anni si è intensificata con una autentica escalation di richieste di autorizzazione giunte sul tavolo del Ministero Sviluppo economico. Ne è testimonianza la provincia di Benevento, interessata più direttamente dai progetti ‘Pietra Spaccata’ e ‘Case Capozzi’ presentati dalla società britannico-ferrarese ‘Delta Energy’.
Entrambi sono in fase di autorizzazione ma per ‘Case Capozzi’, come riferito nei giorni scorsi dal nostro giornale, il Ministero ha preannunciato un diniego. Una notizia senz’altro positiva per gli oppositori delle trivelle ma non è affatto il caso di mollare la presa: «Ho avuto notizia – ha detto Dommarco confermando le dichiarazioni rese a Ottopagine dai rappresentanti italiani della società – che la ‘Delta Energy’ ha già controdedotto alle osservazioni del Ministero, dicendosi al contempo fiduciosa circa l’accoglimento dei propri chiarimenti. Bisogna tenere alta la guardia e prepararsi a fare le barricate per difendere il territorio. I governi, senza distinzioni di colore, spingono molto per la realizzazione di questi progetti. La lotta può apparire impari e in effetti è difficile, ma non impossibile. Cittadini e istituzioni, se fanno i passi giusti, possono inceppare i meccanismi delle società petrolifere. E’ accaduto ad esempio in Basilicata per un progetto che era già sul punto di partire e invece grazie ad alcune osservazioni avanzate da solo quattro cittadini l’iter si è bloccato. Ma per combattere questi colossi spalleggiati dai governi – ha ammonito Dommarco – occorre essere informati sulle norme che regolano la materia, lucidi nell’individuare i punti deboli delle procedure, determinati a portare avanti la battaglia. E il più possibile numerosi, coinvolgendo le persone sulla base di una semplice riflessione: se loro hanno interesse a contaminare il nostro territorio, noi ne abbiamo ancor più a difenderlo».
Piena contrarietà alle iniziative di ricerca di idrocarburi è stata espressa dal sindaco di Apice, Ida Antonietta Albanese: «Riteniamo che il petrolio non sia il futuro ma la devastazione delle nostre realtà. Abbiamo deliberato contro e siamo stati partecipi a tutte le occasioni di confronto che fin qui ci sono state. Continueremo a farlo ma spesso ci sentiamo quasi impotenti dinanzi a progetti molto più grandi di noi». Erminia Manserra, presidente della Pro loco e promotrice dell’incontro ad Apice, ha evidenziato la assoluta necessità di mettere insieme un movimento il più vasto possibile su un tema tanto importante. Stesso richiamo nelle parole di Nicola Colangelo, presidente del comitato civico ‘Codisam’ di Sant’Arcangelo Trimonte, fautore del tour di Dommarco nel Sannio. Il geologo Vincenzo Portoghese, fin dalla prima ora tra i più attivi nella battaglia contro le trivelle, ha evidenziato l’importanza di effettuare un monitoraggio preventivo delle aree coinvolte nei progetti. «In tal modo – ha spiegato – si potrà dimostrare in maniera incontrovertibile che l’inquinamento delle matrici ambientali è legato ai pozzi».
benevento.ottopagine.net
sabato 15 giugno 2013
Il sindaco Canonico: «Finalmente l’adsl anche a Baselice»
di Biagina Cece
La telenovela dell’Adsl di Baselice sembra essere giunta finalmente al suo tanto atteso lieto fine. A fine giugno saranno ultimati i lavori per l’allaccio alla linea veloce di internet con grande soddisfazione da parte del sindaco di Baselice, Domenico Canonico. “Abbiamo fatto davvero di tutto per avere la linea Adsl anche a Baselice – ci dice Canonico – era questo un punto del nostro programma elettorale al quale tenevano in maniera particolare. Così dopo diversi ricorsi da parte nostra e dopo i tanti ‘no’ da parte della Telecom, oggi sappiamo che a breve avremo anche noi il collegamento alla linea veloce”.
“Sull’analisi di fattibilità e redditività, l’intervento per l’estensione della copertura ADSL nel comune di Baselice è stato inserito nel piano lavori di Telecom Italia e pertanto si prevede l’attivazione del servizio entro il secondo trimestre 2013”, recita così la lettera che la Telecom ha indirizzato al sindaco Canonico “è importante – continua il sindaco – che io ringrazi il Capo Gabinetto della Prefettura di Benevento, la dottoressa Maturi e il Comandante Provinciale dei carabinieri, il Colonnello Carideo. Entrambi ci hanno dato una grande mano sotto questo aspetto in quanto ormai internet è fondamentale per la sicurezza, dunque è necessario che i Carabinieri dispongano del miglior collegamento e ancora è indispensabile per la pubblicazione dei vari atti amministrativi nell’albo pretorio, spesse volte abbiamo avuto problemi con internet e quindi ritardi nella pubblicazione degli atti e questo, logicamente, ci ha creato non pochi disagi ”.
Baselice era rimasto tra i pochi paesi della zona a non avere l’Adsl “devo dire che era l’unico – dice Canonico – così mi sono messo a controllare anche altri comuni piccoli che avevano il collegamento Adsl, dato che uno dei problemi della Telecom era la poca utenza. E così un passo dopo l’altro siamo riusciti a vincere anche questa battaglia”.
Una battaglia che vede trionfante un’intera cittadinanza “al momento il collegamento Wi- Fi, non è sempre disponibile, molte volte dipende anche dalle condizioni climatiche e purtroppo a Baselice, non sono sempre ottime dato il posizionamento geografico. In più la cittadinanza non può usufruire nemmeno delle promozioni delle diverse aziende di telefonia e internet, le quali offrono dei pacchetti molto convenienti ai clienti, ma per averli è indispensabile la linea veloce. Quindi questo è sicuramente anche un vantaggio economico per la cittadinanza. – E conclude – Siamo soddisfatti, la nostra perseveranza è stata premiata”.
benevento.ottopagine.net
La telenovela dell’Adsl di Baselice sembra essere giunta finalmente al suo tanto atteso lieto fine. A fine giugno saranno ultimati i lavori per l’allaccio alla linea veloce di internet con grande soddisfazione da parte del sindaco di Baselice, Domenico Canonico. “Abbiamo fatto davvero di tutto per avere la linea Adsl anche a Baselice – ci dice Canonico – era questo un punto del nostro programma elettorale al quale tenevano in maniera particolare. Così dopo diversi ricorsi da parte nostra e dopo i tanti ‘no’ da parte della Telecom, oggi sappiamo che a breve avremo anche noi il collegamento alla linea veloce”.
“Sull’analisi di fattibilità e redditività, l’intervento per l’estensione della copertura ADSL nel comune di Baselice è stato inserito nel piano lavori di Telecom Italia e pertanto si prevede l’attivazione del servizio entro il secondo trimestre 2013”, recita così la lettera che la Telecom ha indirizzato al sindaco Canonico “è importante – continua il sindaco – che io ringrazi il Capo Gabinetto della Prefettura di Benevento, la dottoressa Maturi e il Comandante Provinciale dei carabinieri, il Colonnello Carideo. Entrambi ci hanno dato una grande mano sotto questo aspetto in quanto ormai internet è fondamentale per la sicurezza, dunque è necessario che i Carabinieri dispongano del miglior collegamento e ancora è indispensabile per la pubblicazione dei vari atti amministrativi nell’albo pretorio, spesse volte abbiamo avuto problemi con internet e quindi ritardi nella pubblicazione degli atti e questo, logicamente, ci ha creato non pochi disagi ”.
Baselice era rimasto tra i pochi paesi della zona a non avere l’Adsl “devo dire che era l’unico – dice Canonico – così mi sono messo a controllare anche altri comuni piccoli che avevano il collegamento Adsl, dato che uno dei problemi della Telecom era la poca utenza. E così un passo dopo l’altro siamo riusciti a vincere anche questa battaglia”.
Una battaglia che vede trionfante un’intera cittadinanza “al momento il collegamento Wi- Fi, non è sempre disponibile, molte volte dipende anche dalle condizioni climatiche e purtroppo a Baselice, non sono sempre ottime dato il posizionamento geografico. In più la cittadinanza non può usufruire nemmeno delle promozioni delle diverse aziende di telefonia e internet, le quali offrono dei pacchetti molto convenienti ai clienti, ma per averli è indispensabile la linea veloce. Quindi questo è sicuramente anche un vantaggio economico per la cittadinanza. – E conclude – Siamo soddisfatti, la nostra perseveranza è stata premiata”.
benevento.ottopagine.net
giovedì 13 giugno 2013
Eolico, chi frena il vento?
Ognuno ha il suo tesoro. I Paesi arabi hanno il petrolio, l’Italia il sole e il vento. I primi sono campioni nello sfruttarlo, noi molto meno.
Eppure il petrolio inquina il mondo, sole e vento sono parte del mondo. Il 15 giugno è la Giornata Mondiale del vento: un’occasione per riflettere sull’agente atmosferico più romantico ma anche potenzialmente più redditizio per il nostro Paese.
Quanto l’Italia ha diversificato le sue fonti di energia puntando sulle rinnovabili? Quanto pesa l’eolico fra queste? E dove va il vento?
Eppure il petrolio inquina il mondo, sole e vento sono parte del mondo. Il 15 giugno è la Giornata Mondiale del vento: un’occasione per riflettere sull’agente atmosferico più romantico ma anche potenzialmente più redditizio per il nostro Paese.
Quanto l’Italia ha diversificato le sue fonti di energia puntando sulle rinnovabili? Quanto pesa l’eolico fra queste? E dove va il vento?
L’Anev, associazione nazionale energia del vento, cerca di rispondere a queste domande il 13 giugno a Roma in un convegno dal titolo ‘Eolico: la strada verso la competitività e la piena integrazione nella rete’. Il portale di settore Ecoseven.net ha messo a punto un’infografica con tutti i numeri dell’eolico in Italia.
In Europa siamo medaglia di legno nella potenza installata (MW), lontanissimi da Germania e Spagna, ma facciamo meglio della Francia. Nel rapporto fra potenza installata e numero di abitanti scendiamo di molto in classifica. Si deve fare di più. La Germania ricava energia 4 volte in più di noi, la Spagna quasi 3. Le regioni del Sud primeggiano (quelle del Nord se fossero battute dal vento non sarebbero così inquinate); Puglia, Sicilia e Campania sono al top ma Liguria e Toscana, fra il 2011 e il 2012, sono cresciute di più. Quest’anno non ci sono ancora dati, ma la piovosa primavera sembra aver rallentato la produzione di energia eolica. Come pubblicato dalla rivista Science, infatti, la pioggia condiziona la velocità del vento frenandolo. (Per continuare a leggere clicca qui sotto)
Eolico, chi frena il vento? - Davide D'Antoni - Il Fatto Quotidiano
In Europa siamo medaglia di legno nella potenza installata (MW), lontanissimi da Germania e Spagna, ma facciamo meglio della Francia. Nel rapporto fra potenza installata e numero di abitanti scendiamo di molto in classifica. Si deve fare di più. La Germania ricava energia 4 volte in più di noi, la Spagna quasi 3. Le regioni del Sud primeggiano (quelle del Nord se fossero battute dal vento non sarebbero così inquinate); Puglia, Sicilia e Campania sono al top ma Liguria e Toscana, fra il 2011 e il 2012, sono cresciute di più. Quest’anno non ci sono ancora dati, ma la piovosa primavera sembra aver rallentato la produzione di energia eolica. Come pubblicato dalla rivista Science, infatti, la pioggia condiziona la velocità del vento frenandolo. (Per continuare a leggere clicca qui sotto)
martedì 11 giugno 2013
Petrolio nel Sannio: Il progetto 'Case Capozzi' in corso di rigetto
Il progetto "Case Capozzi" (uno dei quattro che interessano il territorio sannita per quanto riguarda la ricerca di idrocarburi) è in corso di rigetto. Questo è quanto è comparso sul sito del Ministero dello Sviluppo Economico - direzione generale per le risorse minerarie ed energetiche. Nella categoria "Istanze", il progetto richiesto dalla società britannica Delta Energy, potrebbe essere scongiurato. Nella fase del procedimento infatti, in data 9 aprile 2013, c'è l'aggiornamento (in corso di rigetto comunicato preavviso di rigetto Mse). (Per continuare a leggere clicca qui sotto)
Petrolio nel Sannio: Il progetto 'Case Capozzi' in corso di rigetto - ilQuaderno.it
lunedì 10 giugno 2013
L'oro nero che in Italia rende poveri
La Basilicata è la regione più povera d'Italia: dati Istat 2010. La Basilicata ha una percentuale di morti per tumore più alta della media nazionale: dati dell'Associazione Italiana Registro Tumori.
In Basilicata le aziende agricole si sono dimezzate nell'arco di 10 anni: dati Confederazione Italiana Agricoltori. La Basilicata ha un tasso di disoccupazione costantemente in crescita: dati Cgil
«Nella sola Val d'Agri (dove è più intensa l'attività dei petrolieri) ci sono 8 mila persone tra disoccupati e inoccupati». La Basilicata ha oltre 400 siti contaminati dalle attività estrattive: dati della Commissione Bicamerale sul Ciclo dei rifiuti. La Basilicata è ricca di petrolio: dati Eni.
CHI DENUNCIA VA IN GALERA- In Basilicata si sta tentando di salvare l'ambiente da un presunto inquinamento provocato dai pozzi petroliferi. Per questo si va in galera. Ne sa qualcosa Giuseppe Di Bello, tenente della Polizia Provinciale di Potenza che per aver segnalato una massiccia presenza di idrocarburi nelle acque del lago del Pertusillo, a due passi dal Centro Oli Eni a Viggiano, è stato sospeso dal servizio, dalla paga e dai pubblici uffici per due mesi, sottoposto a un processo e spostato a guardare le statue in un museo.
Non è andata meglio al giornalista e coordinatore dei Radicali lucani Maurizio Bolognetti che ha pubblicato la notizia dell'inquinamento. I carabinieri gli hanno perquisito casa da cima a fondo. Pochi mesi dopo, in quel lago sono morti centinaia di pesci.
IL TIRA E MOLLA - Di pozzi nella sola Val d'Agri ce ne sono 39, alcuni a pochi metri da una scuola materna o addirittura uno che sovrasta un municipio. Ma quello a cui si assiste è un imbarazzante tira e molla tra chi dice che è tutto a posto e chi invece sventola dati da far rabbrividire. «Abbiamo trovato 6458 microgrammi/litro di idrocarburi nei tre punti in cui abbiamo campionato il lago che porta acqua potabile nei rubinetti di Puglia e Basilicata - denuncia Albina Colella, geologa e sedimentologa dell'Università degli Studi della Basilicata -. Su undici campioni di sedimenti, ben sette avevano presenza di idrocarburi superiori al limite di riferimento». Anche la dirigente del laboratorio strumentale Arpab, Katarzyna Pilat ha confermato di aver trovato maggiore concentrazione di idrocarburi pesanti (C12 - C 40) nei sedimenti presenti nel punto di innesto del fiume Agri. Tuttavia va precisato che in Italia mancano riferimenti normativi vincolanti sia per quanto riguarda l'analisi dei sedimenti che per l'esame di concentrazione di idrogeno solforato nell'aria. L'Arpab, ad esempio, utilizza come riferimento le linee guida dell'Oms che in quanto tali restano solo indicazioni, quindi non vincolanti.
Il responsabile del distretto Meridionale dell'Eni, Ruggero Gheller, smentisce qualsiasi collegamento con le attività estrattive: «I nostri impianti sono chiusi, non c'è alcun rilascio di sostanze all'esterno ma soprattutto ogni pozzo è stato costruito dopo autorizzazioni della Regione e sottoposto a rigidissimi controlli da parte dell'Arpab». Tutto vero. Le strumentazioni non hanno mai rilevato niente di importante. Ma come si è svolto il sistema di controlli in questi anni, ce lo spiega bene il nuovo presidente dell'Arpab, Raffaele Vita, in un fuorionda. A lui hanno affidato la patata bollente dell'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente dopo un'escalation di arresti. «Qui era come al catasto. Sono entrate persone che facevano tutto un altro mestiere e all'improvviso si sono trovati ad affrontare il tema del petrolio. Li ho trovati a scaricare i film dai computer, ho dovuto mettere le protezioni. Eravamo una massa di improvvisati. E la politica faceva tutt'altro che mettere la barra dritta».
25 ANNI DI ESTRAZIONI - Non è un caso che un certa rete di monitoraggio sia stata attivata solo dal 2011 (per stessa ammissione dell'Eni) mentre il petrolio in Basilicata si estrae da circa 25 anni (risalgono al 1981 le prime ricerche di petrolio in Val d'Agri con il pozzo Costa Molina 1). Anni in cui sono passati sotto silenzio tutta una serie di incidenti e anomalie. Che per l'Eni, però, non si chiamano incidenti ma eventi, cose che possono capitare. «Come la fuoriuscita di migliaia di litri di greggio in un bacino naturale per la raccolta di acque piovane il 17 marzo 2002; la nebulizzazzione di 500 litri di greggio il 06 giugno del 2002; l'immissione in aria di ingenti quantitativi di gas inquinanti il 4 ottobre del 2002» ricorda Bolognetti. Oppure la «misteriosa» intossicazione da idrogeno solforato di 20 operai di un'azienda che si trova proprio di fronte il Centro Oli, per i quali fu necessario contattare il centro anti veleni di Pavia.
«Dovete chiedere a chi in questi anni ha gestito il petrolio in Basilicata come hanno fatto a dare certe autorizzazioni» inveisce il sindaco di Marsicovetere Sergio Claudio Cantiani. E' un medico. Il suo municipio anziché essere sovrastato dal classico campanile, si trova all'ombra di un pozzo di petrolio. «Noi siamo contenti, tutto va bene e andrà ancora meglio quando l'Eni ci pagherà le royalties che ci consentiranno di far fronte ai mancati trasferimenti da parte dello Stato. Per il resto siamo solo vittime delle gestioni precedenti». Andando a vedere chi ha gestito la Basilicata in questi anni, si trovano persone come Filippo Bubbico, presidente della Basilicata dal 2000 al 2005. Nominato tra i dieci saggi del presidente della Repubblica e di recente premiato viceministro del governo Letta, è stato indagato per abuso di ufficio, associazione a delinquere e truffa aggravata e ne è sempre uscito incensurato. Oppure Vincenzo Santochirico, l'assessore all'Ambiente che parlò di «maldestro tentativo di allarmare la popolazione della Basilicata sostenendo che l’acqua destinata ad uso potabile fosse inquinata», promosso prima presidente del Consiglio regionale e poi a grande elettore del Capo dello Stato.
LA STORIA DEL PETROLIO - Ma per capire come è andata la storia del petrolio in Basilicata, basta spulciare la cronaca giudiziaria recente. In quasi dieci anni sono finiti in manette il direttore generale dell'Arpab, il coordinatore provinciale dell'Ente regionale Ambiente, il vicepresidente, tre assessori e un consigliere regionale. Altri otto consiglieri sono stati destinatari di divieto di dimora, mentre sotto inchiesta sono finiti due deputati lucani. E non c'è solo la politica. Nel 2002 sono stati arrestati un maggiore della Guardia di Finanza, un generale dei servizi segreti (Sisde), imprenditori, banchieri, finanzieri. Tutti al centro di inchieste con un unico comune denominatore: il petrolio.
LA DIGA E L'INQUINAMENTO - Al di là di quello che è il balletto dei numeri, siamo andati sulla linea di sbarramento della diga del Pertusillo. A dieci metri di distanza c'è l'impianto che porta queste acque a Bari, Brindisi, Lecce e in parte della Basilicata. Le stesse acque vengono utilizzate in agricoltura. In superficie galleggia un fitto manto marrone, schiumoso e maleodorante. «Non è terreno - ribadisce il tenente Di Bello - Sotto ci saranno almeno altri 60 mt di acqua». Lancia un sasso. Fa fatica ad affondare. Si muove come in una melma, come se fosse petrolio. C'è di tutto, dalle bottiglie di detersivo agli pneumatici. «L'amalgama di tutto sono gli idrocarburi leggeri e i densattivi provenienti dai depuratori che non funzionano». Idrocarburi sono stati trovati anche nel miele delle api. Nessuno osa dire da dove provengano. «Qui nessuno dice che c'è inquinamento. Se vai alla regione ti dicono che è tutto a posto» commenta sconfortata Giovanna Perruolo della Confederazione italiana agricoltori.
Sta di fatto che sui mercati agricoli nazionali i prodotti che vengono da questa parte della Basilicata non li vogliono. «I fagioli di Sarconi erano il nostro vanto, venivano richiesti anche all'estero. Oggi gli agricoltori sono costretti a dire che vengono dalla Cina. Nessuno li vuole perché sospettano la contaminazione». L'elenco delle conseguenze dell'inquinamento è lungo. Parla di animali che non fanno più il latte nelle vicinanze degli impianti petroliferi, vigneti secchi, uva che cresce con una patina d'olio sui chicchi, terreni diventati infruttiferi, pesci che muoiono in massa, pere dal marchio Dop che non coltiva più nessuno. «Ormai ci arrivano solo richieste di pensioni per masse tumorali, l'incidenza delle malattie è altissima». L'Eni paga il 10% di royalties. Il 7% va a Regione ed Enti locali. Il 3% serve a finanziare un bonus benzina di 180 euro l'anno destinata a ogni automobilista della Basilicata. «Peccato che qui il petrolio paradossalmente costa di più che in altre parti d'Italia» rivela Costantino Solimando. Di professione fa la guardia zoofila e appena può va fuori regione a fare benzina. «Il gasolio lo pago 1,60, qui in Val D'Agri è a 1,80. Mi dica lei se non è una presa in giro anche questa».
www.corriere.it
In Basilicata le aziende agricole si sono dimezzate nell'arco di 10 anni: dati Confederazione Italiana Agricoltori. La Basilicata ha un tasso di disoccupazione costantemente in crescita: dati Cgil
«Nella sola Val d'Agri (dove è più intensa l'attività dei petrolieri) ci sono 8 mila persone tra disoccupati e inoccupati». La Basilicata ha oltre 400 siti contaminati dalle attività estrattive: dati della Commissione Bicamerale sul Ciclo dei rifiuti. La Basilicata è ricca di petrolio: dati Eni.
CHI DENUNCIA VA IN GALERA- In Basilicata si sta tentando di salvare l'ambiente da un presunto inquinamento provocato dai pozzi petroliferi. Per questo si va in galera. Ne sa qualcosa Giuseppe Di Bello, tenente della Polizia Provinciale di Potenza che per aver segnalato una massiccia presenza di idrocarburi nelle acque del lago del Pertusillo, a due passi dal Centro Oli Eni a Viggiano, è stato sospeso dal servizio, dalla paga e dai pubblici uffici per due mesi, sottoposto a un processo e spostato a guardare le statue in un museo.
Non è andata meglio al giornalista e coordinatore dei Radicali lucani Maurizio Bolognetti che ha pubblicato la notizia dell'inquinamento. I carabinieri gli hanno perquisito casa da cima a fondo. Pochi mesi dopo, in quel lago sono morti centinaia di pesci.
IL TIRA E MOLLA - Di pozzi nella sola Val d'Agri ce ne sono 39, alcuni a pochi metri da una scuola materna o addirittura uno che sovrasta un municipio. Ma quello a cui si assiste è un imbarazzante tira e molla tra chi dice che è tutto a posto e chi invece sventola dati da far rabbrividire. «Abbiamo trovato 6458 microgrammi/litro di idrocarburi nei tre punti in cui abbiamo campionato il lago che porta acqua potabile nei rubinetti di Puglia e Basilicata - denuncia Albina Colella, geologa e sedimentologa dell'Università degli Studi della Basilicata -. Su undici campioni di sedimenti, ben sette avevano presenza di idrocarburi superiori al limite di riferimento». Anche la dirigente del laboratorio strumentale Arpab, Katarzyna Pilat ha confermato di aver trovato maggiore concentrazione di idrocarburi pesanti (C12 - C 40) nei sedimenti presenti nel punto di innesto del fiume Agri. Tuttavia va precisato che in Italia mancano riferimenti normativi vincolanti sia per quanto riguarda l'analisi dei sedimenti che per l'esame di concentrazione di idrogeno solforato nell'aria. L'Arpab, ad esempio, utilizza come riferimento le linee guida dell'Oms che in quanto tali restano solo indicazioni, quindi non vincolanti.
Il responsabile del distretto Meridionale dell'Eni, Ruggero Gheller, smentisce qualsiasi collegamento con le attività estrattive: «I nostri impianti sono chiusi, non c'è alcun rilascio di sostanze all'esterno ma soprattutto ogni pozzo è stato costruito dopo autorizzazioni della Regione e sottoposto a rigidissimi controlli da parte dell'Arpab». Tutto vero. Le strumentazioni non hanno mai rilevato niente di importante. Ma come si è svolto il sistema di controlli in questi anni, ce lo spiega bene il nuovo presidente dell'Arpab, Raffaele Vita, in un fuorionda. A lui hanno affidato la patata bollente dell'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente dopo un'escalation di arresti. «Qui era come al catasto. Sono entrate persone che facevano tutto un altro mestiere e all'improvviso si sono trovati ad affrontare il tema del petrolio. Li ho trovati a scaricare i film dai computer, ho dovuto mettere le protezioni. Eravamo una massa di improvvisati. E la politica faceva tutt'altro che mettere la barra dritta».
25 ANNI DI ESTRAZIONI - Non è un caso che un certa rete di monitoraggio sia stata attivata solo dal 2011 (per stessa ammissione dell'Eni) mentre il petrolio in Basilicata si estrae da circa 25 anni (risalgono al 1981 le prime ricerche di petrolio in Val d'Agri con il pozzo Costa Molina 1). Anni in cui sono passati sotto silenzio tutta una serie di incidenti e anomalie. Che per l'Eni, però, non si chiamano incidenti ma eventi, cose che possono capitare. «Come la fuoriuscita di migliaia di litri di greggio in un bacino naturale per la raccolta di acque piovane il 17 marzo 2002; la nebulizzazzione di 500 litri di greggio il 06 giugno del 2002; l'immissione in aria di ingenti quantitativi di gas inquinanti il 4 ottobre del 2002» ricorda Bolognetti. Oppure la «misteriosa» intossicazione da idrogeno solforato di 20 operai di un'azienda che si trova proprio di fronte il Centro Oli, per i quali fu necessario contattare il centro anti veleni di Pavia.
«Dovete chiedere a chi in questi anni ha gestito il petrolio in Basilicata come hanno fatto a dare certe autorizzazioni» inveisce il sindaco di Marsicovetere Sergio Claudio Cantiani. E' un medico. Il suo municipio anziché essere sovrastato dal classico campanile, si trova all'ombra di un pozzo di petrolio. «Noi siamo contenti, tutto va bene e andrà ancora meglio quando l'Eni ci pagherà le royalties che ci consentiranno di far fronte ai mancati trasferimenti da parte dello Stato. Per il resto siamo solo vittime delle gestioni precedenti». Andando a vedere chi ha gestito la Basilicata in questi anni, si trovano persone come Filippo Bubbico, presidente della Basilicata dal 2000 al 2005. Nominato tra i dieci saggi del presidente della Repubblica e di recente premiato viceministro del governo Letta, è stato indagato per abuso di ufficio, associazione a delinquere e truffa aggravata e ne è sempre uscito incensurato. Oppure Vincenzo Santochirico, l'assessore all'Ambiente che parlò di «maldestro tentativo di allarmare la popolazione della Basilicata sostenendo che l’acqua destinata ad uso potabile fosse inquinata», promosso prima presidente del Consiglio regionale e poi a grande elettore del Capo dello Stato.
LA STORIA DEL PETROLIO - Ma per capire come è andata la storia del petrolio in Basilicata, basta spulciare la cronaca giudiziaria recente. In quasi dieci anni sono finiti in manette il direttore generale dell'Arpab, il coordinatore provinciale dell'Ente regionale Ambiente, il vicepresidente, tre assessori e un consigliere regionale. Altri otto consiglieri sono stati destinatari di divieto di dimora, mentre sotto inchiesta sono finiti due deputati lucani. E non c'è solo la politica. Nel 2002 sono stati arrestati un maggiore della Guardia di Finanza, un generale dei servizi segreti (Sisde), imprenditori, banchieri, finanzieri. Tutti al centro di inchieste con un unico comune denominatore: il petrolio.
LA DIGA E L'INQUINAMENTO - Al di là di quello che è il balletto dei numeri, siamo andati sulla linea di sbarramento della diga del Pertusillo. A dieci metri di distanza c'è l'impianto che porta queste acque a Bari, Brindisi, Lecce e in parte della Basilicata. Le stesse acque vengono utilizzate in agricoltura. In superficie galleggia un fitto manto marrone, schiumoso e maleodorante. «Non è terreno - ribadisce il tenente Di Bello - Sotto ci saranno almeno altri 60 mt di acqua». Lancia un sasso. Fa fatica ad affondare. Si muove come in una melma, come se fosse petrolio. C'è di tutto, dalle bottiglie di detersivo agli pneumatici. «L'amalgama di tutto sono gli idrocarburi leggeri e i densattivi provenienti dai depuratori che non funzionano». Idrocarburi sono stati trovati anche nel miele delle api. Nessuno osa dire da dove provengano. «Qui nessuno dice che c'è inquinamento. Se vai alla regione ti dicono che è tutto a posto» commenta sconfortata Giovanna Perruolo della Confederazione italiana agricoltori.
Sta di fatto che sui mercati agricoli nazionali i prodotti che vengono da questa parte della Basilicata non li vogliono. «I fagioli di Sarconi erano il nostro vanto, venivano richiesti anche all'estero. Oggi gli agricoltori sono costretti a dire che vengono dalla Cina. Nessuno li vuole perché sospettano la contaminazione». L'elenco delle conseguenze dell'inquinamento è lungo. Parla di animali che non fanno più il latte nelle vicinanze degli impianti petroliferi, vigneti secchi, uva che cresce con una patina d'olio sui chicchi, terreni diventati infruttiferi, pesci che muoiono in massa, pere dal marchio Dop che non coltiva più nessuno. «Ormai ci arrivano solo richieste di pensioni per masse tumorali, l'incidenza delle malattie è altissima». L'Eni paga il 10% di royalties. Il 7% va a Regione ed Enti locali. Il 3% serve a finanziare un bonus benzina di 180 euro l'anno destinata a ogni automobilista della Basilicata. «Peccato che qui il petrolio paradossalmente costa di più che in altre parti d'Italia» rivela Costantino Solimando. Di professione fa la guardia zoofila e appena può va fuori regione a fare benzina. «Il gasolio lo pago 1,60, qui in Val D'Agri è a 1,80. Mi dica lei se non è una presa in giro anche questa».
www.corriere.it
sabato 8 giugno 2013
mercoledì 5 giugno 2013
Fondovalle Tammaro, costata 34 miliardi di lire e mai completata
Nel Fortore, dove il problema della mobilità è uno dei più sentiti dalla popolazione, si parla di infrastrutture e trasporti. L'occasione è stata un incontro a San Giorgio la Molara con l'assessore regionale Sergio Vetrella, oggi giunto nel paese dell'entroterra campano per parlare dei cambiamenti dei servizi di mobilità. Presenti all'incontro il sindaco del paese e i primi cittadini di Molinara, Ginestra, San Bartolomeo in Galdo e il consigliere di Montefalcone di Valfortore.
(Per continuare a leggere clicca qui sotto)Fondovalle Tammaro, la storia infinita di una strada “incagliata”. Vetrella: “Tante le anomalie amministrative, ma c'è ancora una speranza" | Fortore | news | NTR24 - l'informazione sul web
martedì 4 giugno 2013
Alla ricerca del trasporto pubblico locale
Una riunione per pochi intimi ma comunque utile per fare il punto della situazione del precario Trasporto Pubblico Locale nel Sannio, in vista prossima riprogrammazione di tutti i servizi del trasporto della Campania che, dal mese di settembre, vedrà il completamento di tutte le procedure per avviare le gare di affidamento dei servizi di trasporto pubblico. Per tale motivo, allo scopo di riuscire ad apportare per tempo dei correttivi al Piano sul Trasporto, presentato a suo tempo dalla Provincia, presso la Rocca dei Rettori sono stati invitati tutti i sindaci della provincia di Benevento, allo scopo di poter dare, ognuno per la parte di propria competenza, un fattivo contributo alla realizzazione di un documento da presentare alla regione Campania.
L'incontro è stato organizzato dall'Associazione Pendolari Sannio-Terra di Lavoro e dal Comitato TPL Fortore. Pochi però i sindaci che hanno raccolto l'appello: presenti solo i primi cittadini di Baselice, di San Marco dei Cavoti e di Apollosa poi presenti i vice sindaci di Morcone, di Campolattaro e di Pietrelcina, gli assessori Genito e Iuliani rispettivamente dei Comuni di S.Angelo a Cupolo e di Guardia Sanframondi, degli ex-consiglieri provinciali Rubano e Cecere. (per continuare a leggere clicca qui sotto)
Iscriviti a:
Post (Atom)