Venerdì, 7 maggio, ore 20.30, presso la libreria Masone Alisei di Benevento, il gruppo locale di Emergency sarà protagonista de “I colori del cinema”, rassegna della biodiversità e della coesione sociale.
In programma, “Kabul: i volti degli effetti collaterali della guerra” (2009), proiezione delle foto realizzate da Carmen Papaianni, medico anestesista, durante la sua esperienza presso l’ospedale Emergency di Kabul.
Segue “Cosa ho imparato dagli afgani: tre mesi all’ospedale di Kabul”, intervento di Carmen Papaianni.
Introduce la serata Maurizio Pecoriello (gruppo Emergency AV/BN).
“I colori del cinema” è una rassegna che, promossa dalla Rete Arcobaleno, intende mettere in circuito le associazioni ecosolidali con le testate giornalistiche e con le librerie indipendenti, perseguendo una contaminazione di visioni e l’agevolazione di un linguaggio idoeneo a una società in trasformazione.
Da aprile a novembre 2010, per 23 eventi, realizzati di venerdì, alle 20,30, a turno, 26 realtà associative e culturali propongono la propria interpretazione della sostenibilità e della promozione sociale tramite un film, un corto, un documentario o foto. A conclusione dell’evento, un aperitivo, realizzato con prodotti del territorio, che consolida l’attitudine aggregativa dell’iniziativa.
www.beneventoecosolidale.wordpress.com
mercoledì 5 maggio 2010
martedì 4 maggio 2010
Strade del Fortore, gli interventi della Provincia
Ecco gli interventi previsti dalla Rocca dei Rettori per la messa in sicurezza delle strade del Fortore.
Bivio Molinara per 250.000 euro; Baselice-Ponte Carboniera per 150.000 euro; San Bartolomeo in Galdo-Castelvetere Valfortore per 150.000 euro; Castelfranco in Miscano-Ponte Bagnaturo per 300.000 euro; Ginestra-Castelfranco in Miscano per 250.000 euro.
Bivio Molinara per 250.000 euro; Baselice-Ponte Carboniera per 150.000 euro; San Bartolomeo in Galdo-Castelvetere Valfortore per 150.000 euro; Castelfranco in Miscano-Ponte Bagnaturo per 300.000 euro; Ginestra-Castelfranco in Miscano per 250.000 euro.
lunedì 3 maggio 2010
Baselice, sistemazione di via Crocella
Sistemazione di via Crocella. È questo il nuovo progetto messo in campo dal Comune di Baselice. Nei giorni scorsi la Giunta di piazza Convento ha deliberato sul provvedimento. Presenti, oltre al primo cittadino Domenico Canonico, il vicesindaco Giuseppe Ferro e gli assessori Salvatore Brancaccio, Romano Zeolla e Pasquale Stravato (Quest’ultimo sostituito poi dal consigliere Giancarlo Verdura).
“L’intervento su questa strada – dice il sindaco – è un’importante misura che rientra nei progetti di quest’amministrazione nel voler migliorare la viabilità interna del paese. Dopo le altre opere messe in campo, questa è un’ulteriore passo avanti nella sistemazione delle strade comunali”.
Per la sistemazione della strada è previsto un importo di 42mila euro: finanziamento che rientra nella legge regionale 51.
venerdì 30 aprile 2010
Il Psaut di San Bartolomeo alle calende greche
Il Psaut di San Bartolomeo doveva essere inaugurato prima delle elezioni regionali. Ma per problemi burocratici l'apertura era stata rinviata a domani 1 maggio. Addirittura prima della tornata elettorale alcuni esponenti politici del Pdl avevano annunciato l’apertura dell’intero ospedale. Ne ricordate i toni trionfalistici?
("È fatta: apre dopo 50 anni l’Ospedale Padre Pio di San Bartolomeo in Galdo").
Ebbene, sapete l’ultima? il Psaut (non l’ospedale) nemmeno stavolta apre i battenti. Il motivo? l’Asl ancora una volta non sarebbe pronta. Allora perché non dire la verità? A nessuno interessa aprire questo punto di primo soccorso, come a nessuno interessa aprire l’intero ospedale. È il solito specchietto per le allodole (per non dire un’altra cosa) che si mostra ai cittadini del Fortore in ogni tornata elettorale.
Ora dove sono quelli che annunciavano in pompa magna l’apertura dell’ospedale? Eppure a San Bartolomeo hanno fatto man bassa di voti.
Ai lettori le conclusioni.
Appello all'informazione locale
di Alessio Masone *
La nostra città deve essere riconoscente all’amministratore dell’EPT di Benevento per aver organizzato la “Fiera dell’editoria e dell’informazione locale”. Con esigui fondi, ma con molto pragmatismo, l’amministratore Giovanni La Motta abilmente ha concretizzato un ottimo risultato.
D’altra parte, ritengo che questa manifestazione, se fosse stata organizzata tramite l’assessorato alla cultura del Comune di Benevento, avrebbe avuto interesse a incentivare, anche, una promozione sociale e un’emancipazione da una società arenata al XX secolo, due elementi fondativi di una coerente attività culturale.
Certo, l’Ente Provinciale per il Turismo ha, istituzionalmente, competenze ed obiettivi tesi prioritariamente a produrre visibilità a un comparto, utilizzandolo, al contempo, come pretesto attrattivo.
Al contrario, l’organizzazione di un evento collegato al libro e all’informazione, inevitabilmente, si interseca con una complessità di argomenti: la funzione dell’editoria e del giornalismo, con riferimento al contesto locale, nella crisi della cultura, nell’emergenza informativa, nell’omologazione del linguaggio e dei gusti, nella scarsa coesione sociale, nella perdita progressiva delle identità territoriali. Visto che la fiera si realizza nel capoluogo di una piccola provincia a prevalenza rurale, inoltre, l’evento avrebbe meritato di essere caratterizzato da quell’approccio alla sostenibilità di cui la nostra realtà territoriale si avvantaggia nei processi produttivi e sociali.
Per tutto questo, mi appello alle testate giornalistiche e agli editori beneventani affinché il prossimo appuntamento della fiera sia portatore di valenze proporzionate ai cambiamenti in corso nel XXI secolo. Gli editori e i giornali non possono essere fruitori neutri di un’iniziativa a valenza pubblica; non possono essere aggregati da un ente che ha vocazioni ben diverse da quelle che accomunano gli editori ai giornali.
Non pretendo che la mia visione sia migliore delle vostre, ma è dovere di tutti noi confrontarci sulle nostre visioni con una ricaduta comunitaria: questo è un processo culturale. Una fiera dell’editoria e dell’informazione non può consistere in una semplice fotografia dello status quo dell’editoria locale e nel consentire agli editori di organizzare convegni celebrativi, prevalentemente, dei propri libri. In una visione che vada oltre le spinte personalistiche, non si può trattare di editoria locale senza evidenziare, al lettore di oggi, le esperienze editoriali che, a Benevento, nel secondo novecento, hanno tracciato la strada per un’editoria progettuale e identitaria: le edizioni di don Ciccio Romano (Secolo Nuovo e Il filo rosso) e le edizioni di Gennaro Ricolo.
Durante una riunione organizzativa della fiera, proposi, per una caratterizzazione costruttiva dell’evento, un dibattito per costituire un “Osservatorio sul giornalismo locale responsabile”: biodiversità dell’informazione, indipendenza dall’establishment politico ed economico, apertura all’associazionismo e alla società civile. Ebbene, in quella riunione monocorde, non vi fu un commento, a favore o contro.
Il 23 aprile, mentre la fiera prendeva il via, altrove, si inaugurava “I colori del cinema”, rassegna della biodivesità e della coesione sociale che, per la prima volta, mette in circuito le associazioni ecosolidali con alcune testate giornalistiche e con le librerie indipendenti. Una fusione culturale che contamina di nuove visioni la nostra comunità territoriale.
Per ora, a nome di numerose associazioni ambientaliste e culturali, ringrazio le testate giornalistiche Bmagazine e Sanniopress che, dando credibilità ai fermenti provenienti dall’associazionismo e dalla società civile, stanno gettando le basi per quel percorso di trasformazione dell’informazione sempre più indispensabile per affrontare i cambiamenti sociali, economici ed ambientali in corso.
* Cofondatore di Art’Empori – bMagazine – Comunità dell’arte biodiversa
Cofondatore della Rete Arcobaleno – Associazioni per un’economia ecosolidale
La nostra città deve essere riconoscente all’amministratore dell’EPT di Benevento per aver organizzato la “Fiera dell’editoria e dell’informazione locale”. Con esigui fondi, ma con molto pragmatismo, l’amministratore Giovanni La Motta abilmente ha concretizzato un ottimo risultato.
D’altra parte, ritengo che questa manifestazione, se fosse stata organizzata tramite l’assessorato alla cultura del Comune di Benevento, avrebbe avuto interesse a incentivare, anche, una promozione sociale e un’emancipazione da una società arenata al XX secolo, due elementi fondativi di una coerente attività culturale.
Certo, l’Ente Provinciale per il Turismo ha, istituzionalmente, competenze ed obiettivi tesi prioritariamente a produrre visibilità a un comparto, utilizzandolo, al contempo, come pretesto attrattivo.
Al contrario, l’organizzazione di un evento collegato al libro e all’informazione, inevitabilmente, si interseca con una complessità di argomenti: la funzione dell’editoria e del giornalismo, con riferimento al contesto locale, nella crisi della cultura, nell’emergenza informativa, nell’omologazione del linguaggio e dei gusti, nella scarsa coesione sociale, nella perdita progressiva delle identità territoriali. Visto che la fiera si realizza nel capoluogo di una piccola provincia a prevalenza rurale, inoltre, l’evento avrebbe meritato di essere caratterizzato da quell’approccio alla sostenibilità di cui la nostra realtà territoriale si avvantaggia nei processi produttivi e sociali.
Per tutto questo, mi appello alle testate giornalistiche e agli editori beneventani affinché il prossimo appuntamento della fiera sia portatore di valenze proporzionate ai cambiamenti in corso nel XXI secolo. Gli editori e i giornali non possono essere fruitori neutri di un’iniziativa a valenza pubblica; non possono essere aggregati da un ente che ha vocazioni ben diverse da quelle che accomunano gli editori ai giornali.
Non pretendo che la mia visione sia migliore delle vostre, ma è dovere di tutti noi confrontarci sulle nostre visioni con una ricaduta comunitaria: questo è un processo culturale. Una fiera dell’editoria e dell’informazione non può consistere in una semplice fotografia dello status quo dell’editoria locale e nel consentire agli editori di organizzare convegni celebrativi, prevalentemente, dei propri libri. In una visione che vada oltre le spinte personalistiche, non si può trattare di editoria locale senza evidenziare, al lettore di oggi, le esperienze editoriali che, a Benevento, nel secondo novecento, hanno tracciato la strada per un’editoria progettuale e identitaria: le edizioni di don Ciccio Romano (Secolo Nuovo e Il filo rosso) e le edizioni di Gennaro Ricolo.
Durante una riunione organizzativa della fiera, proposi, per una caratterizzazione costruttiva dell’evento, un dibattito per costituire un “Osservatorio sul giornalismo locale responsabile”: biodiversità dell’informazione, indipendenza dall’establishment politico ed economico, apertura all’associazionismo e alla società civile. Ebbene, in quella riunione monocorde, non vi fu un commento, a favore o contro.
Il 23 aprile, mentre la fiera prendeva il via, altrove, si inaugurava “I colori del cinema”, rassegna della biodivesità e della coesione sociale che, per la prima volta, mette in circuito le associazioni ecosolidali con alcune testate giornalistiche e con le librerie indipendenti. Una fusione culturale che contamina di nuove visioni la nostra comunità territoriale.
Per ora, a nome di numerose associazioni ambientaliste e culturali, ringrazio le testate giornalistiche Bmagazine e Sanniopress che, dando credibilità ai fermenti provenienti dall’associazionismo e dalla società civile, stanno gettando le basi per quel percorso di trasformazione dell’informazione sempre più indispensabile per affrontare i cambiamenti sociali, economici ed ambientali in corso.
* Cofondatore di Art’Empori – bMagazine – Comunità dell’arte biodiversa
Cofondatore della Rete Arcobaleno – Associazioni per un’economia ecosolidale
giovedì 29 aprile 2010
Il Sud non può più attendere
Riceviamo e postiamo
di Giovanni Di Lecce*
La querelle televisiva tra Fini e Berlusconi ha portato alla luce, rimarcandone così i contorni, i gravi contrasti, mai risolti, ma messi in ombra dalla propaganda fumosa dei tanti giullari che allietano la corte di re Silvio, che attraversano il Pdl, in cui convivono una accanto all'altra due anime tra loro diversissime, accomunate solo dall'interesse di occupare posti di potere.
Come sempre accade con Berlusconi, la fondazione del Popolo della libertà si è rivelata una pura operazione di maquillage, volta esclusivamente a dare ad An i connotati di Forza Italia, dal momento che ne era diventato la sua brutta copia.
La logica perversa che sta alla base di questa formazione politica è tutta nel fatto che quest'ultima deve fungere, secondo le migliori intenzioni di Berlusconi, da semplice e vuoto contenitore, così che egli possa riempirlo all'occorrenza con i suoi proclami dittatoriali, tradotti, poi, quasi sempre in leggi speciali, che i parlamentari di maggioranza, come fossero suoi maggiordomi, gli ritagliano su misura.
Certo è che rimane un mistero del perchè Fini abbia permesso che il suo partito venisse fagocitato da un leviatano come Forza Italia, tipico esempio di familismo all'italiana. Non che An ne fosse immune, ma almeno alcuni suoi uomini (vedi Domenico Fisichella) ci erano parsi non avvezzi a pratiche così corrosive del tessuto sociale.
Fatto sta che sentendo le dichiarazioni di Fini di questi ultimi giorni vien da dire che lui non si smetisce mai. Chi si era illuso che Fini nel dibattito scaturito nella direzione del Pdl ci avesse consegnato la sua immagine definitiva è stato prontamente smentito: lui è sempre e soltanto uno, nessuno, centomila.
Si atteggia a uomo di Stato, ma ne è una triste caricatura, sempre pronto a mettere la maschera del cortigiano che vuole compiacere il Principe. Lui piuttosto è il figurante che gioca a fare il re, e si compenetra così tanto nel ruolo che quando gli si ricorda che la recita è finita, lui strepita e piange come un bambino a cui si toglie il trastullo dei suoi giochi per metterlo a letto.
Fini è un personaggio tragico e comico allo stesso tempo. Tutto compreso nella sua parte, non si avvede di recitare brutti copioni scritti da altri, ma che lui manda a memoria come fossero pezzi di alta dottrina politica. E' a capo di una soldataglia prezzolata e sempre al soldo di chi paga meglio, ma si pensa sempre l'audace condottiero di un esercito agguerrito e fidato. Si crede un novello Riccardo Cuor di Leone, ma al primo squillar di trombe non trova di meglio che battare in ritirata, lasciando che il nemico detti lui le condizioni della resa.
E dire che l'avevamo preso in parola quando si era dichiarato un conservatore di stampo liberale, che guardava con la sua An all'unità d'Italia come a un valore fondativo della nostra Repubblica.
D'altronde come aspettarsi tanta coerenza da uno che pur di governare si alleava e si allea con la Lega Nord, un partito che un giorno sì e l'altro pure grida sempre alla seccessione? o da uno che grida continuamente al ladro, ma che poi non trova di meglio che stringere con lui accordi che l'autorizzano a far razzia di legalità in Parlamento?
Purtroppo quanti han creduto che lo scontro con Berlusconi non fosse solo una farsa e che veramente Fini si fosse fatto vessillifero delle ragioni del Sud, si sono dovuti subito ricredere e hanno dovuto prendere atto che il Sud o si salva da sè o è destinato ancora una volta ad essere terra di conquista del primo che dichiari di volersi fare paladino della sua causa.
Tutto questo mi rafforza nella convinzione che "L'Altro Sud" è destinato a diventare la Voce critica del grave disagio del Popolo Meridionale.
www.laltrosud.it
di Giovanni Di Lecce*
La querelle televisiva tra Fini e Berlusconi ha portato alla luce, rimarcandone così i contorni, i gravi contrasti, mai risolti, ma messi in ombra dalla propaganda fumosa dei tanti giullari che allietano la corte di re Silvio, che attraversano il Pdl, in cui convivono una accanto all'altra due anime tra loro diversissime, accomunate solo dall'interesse di occupare posti di potere.
Come sempre accade con Berlusconi, la fondazione del Popolo della libertà si è rivelata una pura operazione di maquillage, volta esclusivamente a dare ad An i connotati di Forza Italia, dal momento che ne era diventato la sua brutta copia.
La logica perversa che sta alla base di questa formazione politica è tutta nel fatto che quest'ultima deve fungere, secondo le migliori intenzioni di Berlusconi, da semplice e vuoto contenitore, così che egli possa riempirlo all'occorrenza con i suoi proclami dittatoriali, tradotti, poi, quasi sempre in leggi speciali, che i parlamentari di maggioranza, come fossero suoi maggiordomi, gli ritagliano su misura.
Certo è che rimane un mistero del perchè Fini abbia permesso che il suo partito venisse fagocitato da un leviatano come Forza Italia, tipico esempio di familismo all'italiana. Non che An ne fosse immune, ma almeno alcuni suoi uomini (vedi Domenico Fisichella) ci erano parsi non avvezzi a pratiche così corrosive del tessuto sociale.
Fatto sta che sentendo le dichiarazioni di Fini di questi ultimi giorni vien da dire che lui non si smetisce mai. Chi si era illuso che Fini nel dibattito scaturito nella direzione del Pdl ci avesse consegnato la sua immagine definitiva è stato prontamente smentito: lui è sempre e soltanto uno, nessuno, centomila.
Si atteggia a uomo di Stato, ma ne è una triste caricatura, sempre pronto a mettere la maschera del cortigiano che vuole compiacere il Principe. Lui piuttosto è il figurante che gioca a fare il re, e si compenetra così tanto nel ruolo che quando gli si ricorda che la recita è finita, lui strepita e piange come un bambino a cui si toglie il trastullo dei suoi giochi per metterlo a letto.
Fini è un personaggio tragico e comico allo stesso tempo. Tutto compreso nella sua parte, non si avvede di recitare brutti copioni scritti da altri, ma che lui manda a memoria come fossero pezzi di alta dottrina politica. E' a capo di una soldataglia prezzolata e sempre al soldo di chi paga meglio, ma si pensa sempre l'audace condottiero di un esercito agguerrito e fidato. Si crede un novello Riccardo Cuor di Leone, ma al primo squillar di trombe non trova di meglio che battare in ritirata, lasciando che il nemico detti lui le condizioni della resa.
E dire che l'avevamo preso in parola quando si era dichiarato un conservatore di stampo liberale, che guardava con la sua An all'unità d'Italia come a un valore fondativo della nostra Repubblica.
D'altronde come aspettarsi tanta coerenza da uno che pur di governare si alleava e si allea con la Lega Nord, un partito che un giorno sì e l'altro pure grida sempre alla seccessione? o da uno che grida continuamente al ladro, ma che poi non trova di meglio che stringere con lui accordi che l'autorizzano a far razzia di legalità in Parlamento?
Purtroppo quanti han creduto che lo scontro con Berlusconi non fosse solo una farsa e che veramente Fini si fosse fatto vessillifero delle ragioni del Sud, si sono dovuti subito ricredere e hanno dovuto prendere atto che il Sud o si salva da sè o è destinato ancora una volta ad essere terra di conquista del primo che dichiari di volersi fare paladino della sua causa.
Tutto questo mi rafforza nella convinzione che "L'Altro Sud" è destinato a diventare la Voce critica del grave disagio del Popolo Meridionale.
www.laltrosud.it
mercoledì 28 aprile 2010
Intercettazioni, il no dei giornalisti
''Questa legge è una legge liberticida che va frenata''. Così il segretario generale della Federazione nazionale della stampa Franco Siddi, presente alla manifestazione organizzata dalla Fnsi a Piazza Navona questa mattina, spiega i motivi della contestazione al disegno di legge sulle intercettazioni in discussione al Senato.
''A questa legge - prosegue Siddi - se verrà approvata ci opporremo un minuto dopo recandoci alla Corte di giustizia europea. Non poter dar conto di come procedono le inchieste è un fatto anti democratico, illiberale e che lede la democrazia più povera. Non sapremmo nulla per anni di tanti misfatti che magari finirebbero sepolti nei vecchi cassetti di tante procure''.
Sul rispetto della privacy da parte dei media Siddi aggiunge: ''Penso che occorra stabilire i principi, quella delle persone va tutelata, ma le notizie devono essere date. Occorre sempre un equilibrio, una capacità professionale e deontologica per stare in questo equilibrio. Non c'è dubbio però che i fatti di interesse pubblico siano prevalenti sulla privacy di qualsiasi individuo, tanto più se si tratta di un personaggio pubblico. È ovvio, non dobbiamo prestarci a elementi di pubblicazione che vanno a colpire l'intimo delle persone senza valenza pubblica''.
(Fonte: Adnkronos)
''A questa legge - prosegue Siddi - se verrà approvata ci opporremo un minuto dopo recandoci alla Corte di giustizia europea. Non poter dar conto di come procedono le inchieste è un fatto anti democratico, illiberale e che lede la democrazia più povera. Non sapremmo nulla per anni di tanti misfatti che magari finirebbero sepolti nei vecchi cassetti di tante procure''.
Sul rispetto della privacy da parte dei media Siddi aggiunge: ''Penso che occorra stabilire i principi, quella delle persone va tutelata, ma le notizie devono essere date. Occorre sempre un equilibrio, una capacità professionale e deontologica per stare in questo equilibrio. Non c'è dubbio però che i fatti di interesse pubblico siano prevalenti sulla privacy di qualsiasi individuo, tanto più se si tratta di un personaggio pubblico. È ovvio, non dobbiamo prestarci a elementi di pubblicazione che vanno a colpire l'intimo delle persone senza valenza pubblica''.
(Fonte: Adnkronos)
Fermiamo il nucleare, appello per un Comitato nazionale
Crediamo che la scelta del Governo di far tornare il nucleare in Italia sia una scelta sbagliata e rischiosa, che non fa gli interessi dei cittadini e del Paese.
Alcuni dati lo dimostrano: l’Italia ha una potenza elettrica installata di ormai quasi 100.000 megawatt, mentre il picco di consumi oggi non supera i 55.000 megawatt. Le recenti dichiarazioni di autosufficienza energetica dei Presidenti di alcune regioni italiane valgono anche per il resto del Paese. Non abbiamo dunque bisogno di nuova energia ma di energia rinnovabile in sostituzione di quella fossile.
Il nucleare costa troppo, in nessun paese al mondo si costruiscono centrali senza finanziamenti pubblici e garanzie statali, che ricadono poi sulle tasse e le bollette pagate dai cittadini. In Italia si distoglierebbero risorse importanti dalla ricerca per l’innovazione tecnologica e dalla diffusione dell’efficienza energetica e delle energie rinnovabili.
A fronte però dell’impiego di così ingenti risorse pubbliche, la risposta alla crisi economica e occupazionale non è significativa, soprattutto se equiparata al rapporto tra occupazione e investimento nei settori dell’efficienza energetica e delle rinnovabili. Secondo uno studio dell’Unione Europea del 2009 investire oggi per raggiungere nel 2020 il 20% di rinnovabili creerà 2,8 milioni di posti di lavoro con oltre 2000 imprese coinvolte.
Il nucleare continua a essere rischioso: anche per i reattori di terza generazione EPR in costruzione sono emersi gravi problemi di sicurezza, come hanno denunciato, a novembre 2009, con una nota congiunta le Agenzie di Sicurezza di Francia, Regno Unito e Finlandia. Inoltre è utile ricordare che nel mondo non è stato ancora risolto il problema di dove depositare in modo sicuro e definitivo le scorie.
Il nucleare non ridurrebbe la dipendenza energetica dall’estero perché importeremmo l’uranio e, secondo il recente accordo sottoscritto con la Francia, importeremmo tecnologia e brevetti esteri, per tutto il ciclo di vita fino alla messa in sicurezza delle scorie. Quanto al presunto “rinascimento” del nucleare nel mondo, i Paesi che lo hanno scelto negli anni sessanta e settanta del secolo scorso, sono costretti a prolungare l’attività delle loro centrali per evitare gli ingenti costi di smantellamento degli impianti a fine vita, come in Germania, o a progettarne di nuove, per evitare la crisi di un costosissimo comparto industriale, come in Francia.
Infine il nucleare non darà nessun contributo a rispettare i vincoli posti dall’Unione Europea per ridurre le emissioni di CO2 del 20% entro il 2020, perché le prime centrali non saranno operative prima del 2026-2030, e perché il complesso ciclo di approvvigionamento della materia prima, di costruzione e smantellamento produce non poca CO2.
Per tutte queste ragioni, s’invitano tutti a superare dispute ideologiche di parte e compiere scelte razionali e convenienti per il Paese, per contrastare i cambiamenti climatici e rispettare gli obiettivi posti dall’Unione Europea del 20-20-20. L’auspicio e l’impegno delle associazioni promotrici e di tutti gli aderenti è che si crei un grande schieramento unitario e trasversale, al di là delle diverse appartenenze e collocazioni politiche.
Vogliamo costruire insieme al mondo della cultura e della politica, della scienza e del lavoro, della società civile e delle imprese, strategie unitarie e comuni che possano ridare al Paese la prospettiva di un modello energetico sostenibile, sia dal punto di vista economico che ambientale.
Le associazioni promotrici:
Ambiente e Lavoro
Accademia Kronos
Associazione Mediterranea per la Natura
Comitato SI alle energie rinnovabili NO al nucleare
Fare Verde
Forum Ambientalista
Greenpeace
Italia Nostra
Jane Goodal Italia
Lav
Legambiente
Lipu
Mountain Wilderness
Pro Natura
Vas
Wwf
Alcuni dati lo dimostrano: l’Italia ha una potenza elettrica installata di ormai quasi 100.000 megawatt, mentre il picco di consumi oggi non supera i 55.000 megawatt. Le recenti dichiarazioni di autosufficienza energetica dei Presidenti di alcune regioni italiane valgono anche per il resto del Paese. Non abbiamo dunque bisogno di nuova energia ma di energia rinnovabile in sostituzione di quella fossile.
Il nucleare costa troppo, in nessun paese al mondo si costruiscono centrali senza finanziamenti pubblici e garanzie statali, che ricadono poi sulle tasse e le bollette pagate dai cittadini. In Italia si distoglierebbero risorse importanti dalla ricerca per l’innovazione tecnologica e dalla diffusione dell’efficienza energetica e delle energie rinnovabili.
A fronte però dell’impiego di così ingenti risorse pubbliche, la risposta alla crisi economica e occupazionale non è significativa, soprattutto se equiparata al rapporto tra occupazione e investimento nei settori dell’efficienza energetica e delle rinnovabili. Secondo uno studio dell’Unione Europea del 2009 investire oggi per raggiungere nel 2020 il 20% di rinnovabili creerà 2,8 milioni di posti di lavoro con oltre 2000 imprese coinvolte.
Il nucleare continua a essere rischioso: anche per i reattori di terza generazione EPR in costruzione sono emersi gravi problemi di sicurezza, come hanno denunciato, a novembre 2009, con una nota congiunta le Agenzie di Sicurezza di Francia, Regno Unito e Finlandia. Inoltre è utile ricordare che nel mondo non è stato ancora risolto il problema di dove depositare in modo sicuro e definitivo le scorie.
Il nucleare non ridurrebbe la dipendenza energetica dall’estero perché importeremmo l’uranio e, secondo il recente accordo sottoscritto con la Francia, importeremmo tecnologia e brevetti esteri, per tutto il ciclo di vita fino alla messa in sicurezza delle scorie. Quanto al presunto “rinascimento” del nucleare nel mondo, i Paesi che lo hanno scelto negli anni sessanta e settanta del secolo scorso, sono costretti a prolungare l’attività delle loro centrali per evitare gli ingenti costi di smantellamento degli impianti a fine vita, come in Germania, o a progettarne di nuove, per evitare la crisi di un costosissimo comparto industriale, come in Francia.
Infine il nucleare non darà nessun contributo a rispettare i vincoli posti dall’Unione Europea per ridurre le emissioni di CO2 del 20% entro il 2020, perché le prime centrali non saranno operative prima del 2026-2030, e perché il complesso ciclo di approvvigionamento della materia prima, di costruzione e smantellamento produce non poca CO2.
Per tutte queste ragioni, s’invitano tutti a superare dispute ideologiche di parte e compiere scelte razionali e convenienti per il Paese, per contrastare i cambiamenti climatici e rispettare gli obiettivi posti dall’Unione Europea del 20-20-20. L’auspicio e l’impegno delle associazioni promotrici e di tutti gli aderenti è che si crei un grande schieramento unitario e trasversale, al di là delle diverse appartenenze e collocazioni politiche.
Vogliamo costruire insieme al mondo della cultura e della politica, della scienza e del lavoro, della società civile e delle imprese, strategie unitarie e comuni che possano ridare al Paese la prospettiva di un modello energetico sostenibile, sia dal punto di vista economico che ambientale.
Le associazioni promotrici:
Ambiente e Lavoro
Accademia Kronos
Associazione Mediterranea per la Natura
Comitato SI alle energie rinnovabili NO al nucleare
Fare Verde
Forum Ambientalista
Greenpeace
Italia Nostra
Jane Goodal Italia
Lav
Legambiente
Lipu
Mountain Wilderness
Pro Natura
Vas
Wwf
martedì 27 aprile 2010
Fortorina, ecco quanto costa
Tra gli investimenti dell’Anas in Campania ci sono anche quelli per la strada Fortorina. La notizia – che riportiamo qui sotto – è apparsa sul sito www.megamodo.com.
(…) La variante alla strada statale 212 “Fortorina” dal bivio di Pietrelcina allo svincolo per San Marco dei Cavoti, del valore di circa 158 milioni di euro, che si sviluppa con importanti opere d’arte quali gallerie e viadotti per circa 17 chilometri su un territorio articolato e complesso, anche per la presenza di reperti archeologici. A lavori ultimati verrà consegnata alla comunità tutta una nuova e importante arteria che costituirà non solo il collegamento con le aree interne ma anche il volano per lo sviluppo industriale delle aree del Fortore e del beneventano.
(…) La variante alla strada statale 212 “Fortorina” dal bivio di Pietrelcina allo svincolo per San Marco dei Cavoti, del valore di circa 158 milioni di euro, che si sviluppa con importanti opere d’arte quali gallerie e viadotti per circa 17 chilometri su un territorio articolato e complesso, anche per la presenza di reperti archeologici. A lavori ultimati verrà consegnata alla comunità tutta una nuova e importante arteria che costituirà non solo il collegamento con le aree interne ma anche il volano per lo sviluppo industriale delle aree del Fortore e del beneventano.
lunedì 26 aprile 2010
Cernobyl, 24 anni fa la tragedia
"Stop follia nucleare". E' questo lo striscione esposto questa mattina davanti a Montecitorio da 10 attivisti di Greenpeace. In tute bianche e maschere antigas, hanno portato, inoltre, una mostra fotografica per ricordare il ventiquattresimo anniversario del disastro di Cernobyl.
Il 26 aprile 1986 a Cernobyl si verificò il più grave incidente nucleare della storia, con una violenta esplosione che rilasciò in atmosfera cento volte la radioattività sprigionata dalle bombe atomiche sganciate su Hiroshima e Nagasaki. La nube radioattiva arrivò fino in Europa Centrale e in Italia.
L'organizzazione ricorda poi che nel 1987, l'anno dopo Cernobyl, oltre l'80% dei cittadini italiani ha votato contro il nucleare e che in seguito all'esito dei tre referendum proposti, tutte le centrali nucleari in Italia furono chiuse.
(Fonte: Ansa)
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