martedì 6 settembre 2011
Antonio Secola, brigante per caso. Storia di un meridione povero e ribelle
Postiamo la recensione di Ottavio Lucarelli apparsa su Repubblica/Napoli del 13 agosto.
Un libro che racconta la storia di un brigante per caso, Antonio Secola, muratore del Fortore, l’area montana del Sannio che confina con Puglia e Molise. La vicenda di un operaio travolto dagli eventi dell’Italia post-unitaria, che raccontati dai vincitori piemontesi, hanno sovrastato e cancellato per decenni le ragioni dei vinti.
Chi sono i vinti? Sono tutti briganti come li hanno descritti i “nordisti” vincitori? Secondo l’autore Antonio Bianco rappresentano piuttosto un movimento popolare fedele ai Borbone che rivendicava la volontà, spesso tradita dal doppiogiochismo dei signori locali, di non sottomettersi alla monarchia sabauda.
Una storia di un Meridione povero e ribelle. Rinchiuso nel carcere di Campobasso perché accusato di un furto commesso per sfamare la sua famiglia. Secola quando esce diventa brigante e conquista la fiducia del “comandante” Caruso ma appena si rende conto che l’epilogo è vicino si consegna ai piemontesi.
Avrà salva la vita, ma sarà rinchiuso fino alla morte nel penitenziario dell’Isola d’Elba. Secola confesserà, al collegio giudicante del Tribunale di Caserta, tutti i suoi crimini nella convinzione di poter avere qualche sconto di pena ma lo farà anche per vendicarsi di qualche “signore” de Fortore che durante la rivolta aveva fatto il doppio gioco.
Il brigante farà i nomi dei potenti accusandoli di connivenza con il brigantaggio e questi saranno giudicati e alla fine assolti. Una rilettura critica attorno alla storia di un muratore vittima di un ideale rivendicato da tanti “banditi” delle montagne del Fortore che alimentarono la cruenta storia del brigantaggio.
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