martedì 24 luglio 2012
Turismo in Campania: aree interne inesistenti
Il turismo nelle zone interne della Campania risente ancora di alcuni problemi legati alle sue caratteristiche strutturali: è un turismo giovane, caratterizzato dalla presenza di risorse minori e basato su iniziative imprenditoriali di ridotte dimensioni.
I dati Istat del 2011, riferiti all’anno 2009, confermano la difficoltà per le aree interne che riescono ad attrarre numeri poco significativi: circa il 5 per cento degli arrivi regionali (pari a 4,5 milioni) e poco più del 3,5 per cento delle presenze (pari a 18 milioni fra italiani e stranieri).
L’esiguità dei dati richiede una seria riflessione per queste aree: è necessario, infatti, che non si proceda a sviluppi turistici estemporanei, legati molto spesso alla presenza di fondi regionali o europei, ma all’individuazione della vocazione turistica di queste zone. Il turismo delle aree interne deve essere pensato all’interno dell’intera industria turistica regionale.
Tale processo si presenta come lungo e laborioso poiché vede coinvolti una pluralità di attori che perseguono, per loro natura, finalità differenti, a volte contrastanti. L’individuazione della peculiare vocazione turistica dei territori interne regionali, richiede necessariamente l’individuazione delle aree di intervento per la realizzazione di uno sviluppo turistico di tipo sostenibile.
In particolare questi territori richiedono azioni volte ad: incrementare la cooperazione fra i differenti attori della filiera turistica, accrescere la formazione turistica, individuare un adeguato modello di governance e a sviluppare attività di fund raising.
In primo luogo è necessario realizzare un salto culturale delle imprese turistiche. L’assenza di una “cultura dell’accoglienza”, di competenze manageriali e di una conoscenza approfondita delle caratteristiche del territorio, rappresentano ancora oggi un vincolo alla crescita dei flussi turistici. Interventi in queste aree risultano fondamentali poiché nessun investimento –materiale o immateriale – potrà essere valorizzato se gli operatori turistici non sono preparati al meglio all’utilizzo delle risorse.
Altro passaggio fondamentale è l’uscita dall’isolamento che caratterizza troppo spesso la gestione operativa degli operatori turistici di queste zone. Nessuna impresa, infatti, può pensare di predisporre un’offerta turistica senza una cooperazione con gli altri attori territoriali, pubblici e privati. Molto spesso si perde di vista quella che è la caratteristica principale del turismo ovvero che è un prodotto complesso che richiede meno individualismi, meno gelosie e una maggiore condivisione di informazioni, risorse, competenze e conoscenze.
Un terzo passo necessario è l’individuazione di un modello di governo che sia condiviso fra tutti gli attori turistici. Modelli di tipo top-down, come molto spesso è avvenuto in passato, sono destinati a fallire. I modelli calati dall’alto e imposti agli operatori turistici, sono destinati a non avere successo perché frutto di una logica di subalternità di alcuni operatori rispetto ad altri. Lo sviluppo del turismo nelle zone interne della Campania, deve tener conto degli errori delle pregresse esperienze e deve considerare la necessità di coinvolgere tutti gli attori che devono sentirsi parte integrate del sistema di offerta.
In ultima battuta è fondamentale mutare la logica di sviluppo del turismo anche da un punto di vista finanziario, ovvero è necessario passare da una logica di tipo push (ovvero di spinta dei finanziamenti verso le imprese turistiche) a una di tipo pull (ovvero di attrazione dei capitali da parte delle imprese turistiche).
Troppo spesso in passato sono stati i finanziamenti messi a disposizione delle imprese a condizionare le traiettorie di sviluppo e a guidare i processi di creazione di imprese turistiche.
Uno sviluppo sostenibile del turismo, invece, si basa sulla logica opposta: è necessario individuare la propria vocazione, sistematizzarla e comunicarla affinché il sistema di offerta turistico delle aree interne sia in grado di attrarre capitali. Se questo non dovesse avvenire ci troveremmo nei prossimi anni a parlare ancora di turismo condizionato dalla presenza di capitali “a buon mercato” che se mal gestiti – come spesso avvenuto in passato – non rappresentano una opportunità, ma una minaccia per uno sviluppo duraturo e sostenibile delle nostre aree interne.
www.denaro.it
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