di Antonio Gentile*
Le ultime decisioni dello Stato italiano, che aprono a ulteriori trivellazioni nelle regioni del Sud, in particolare in Basilicata e Sicilia, confermano il ruolo coloniale del Meridione e, dunque, l’impossibilità delle popolazioni locali di opporsi a quest’ennesimo selvaggio sfruttamento dei propri territori.
E’ ben evidente, considerando poi il degrado generale in cui vive, oramai, tutto il Mezzogiorno, che si è giunti ad un punto di non ulteriore tolleranza. Servono iniziative politiche e strumenti istituzionali fortemente innovativi che creino le condizioni ideali per una trasformazione radicale del ruolo del Sud a livello nazionale ed europeo.
La questione decisiva, la chiave per determinare una cascata di innovazioni è l’auto-riforma politico-istituzionale, l’invenzione delle proprie istituzioni di autogoverno con il profilo e la dignità di relazioni costituzionali. Dunque, la rivoluzione politica prima di quella economica, la creazione della propria libertà politica, la istituzionalizzazione libera di relazioni federali ascendenti.
Cioè la rivoluzione del nuovo federalismo come fine della subordinazione gerarchica del Mezzogiorno, fine di quel modello statale centro-periferia che ci ha consegnati e confinati in una periferia degradata dell’Impero e che ha funzionato da causa-effetto di tanti problemi, diseconomie distruttive, deficit civile.
L’obiettivo a cui guardiamo è un processo autodeterminato di creazione di una “Comunità politica” del Sud Italia, iniziativa senza precedenti nella storia meridionale, ma semplicemente più adeguata agli scenari geopolitici del nuovo millennio e alla crescente domanda di libertà che sta emergendo nelle popolazioni del Mezzogiorno. Lo Stato meridionale nella sua lunga storia ha avuto le caratteristiche di una “comunità politica” originato da un’azione di conquista e, quindi, per sua natura, accentrato, autoritario, paternalistico.
Tale e più dura è stata l’unificazione italiana che si è conclusa con la conquista dell’esercito regolare piemontese-italiano. Un Mezzogiorno conquistato che ne riceve un centralismo brutale e devastante. Nessuna decisione costituente coinvolse, tra l’altro, una rappresentanza del popolo meridionale. L’analisi storica più recente ci dice che è in atto una trasformazione epocale di portata mondiale e, soprattutto, europea e ci ricorda che dopo l’89-’91, con la caduta del Muro di Berlino e della politica bipolare, è cambiato il mondo. Si ha, in pratica, lo sgretolamento di un lungo periodo storico che andava avanti dalla Rivoluzione Francese.
L’omogeneizzazione unitaria delle pluralità e particolarità che ha retto fino a un certo punto del dispiegamento della rivoluzione industriale e della modernità dell’800 e prima metà del ’900, oggi, nell’epoca della “rivoluzione del silicio”, non può più reggere e declina progressivamente insieme al concetto dello Stato nazionale. Cambiano i valori di riferimento, le diversità, le culture locali, le individualità e le aree territoriali riprendono la scena e richiedono rispetto, titolarità di diritti e poteri.
Lo Stato moderno non può più governare l’insieme delle particolarità. E’ necessario un sistema politico nuovo per conservare le aree territoriali con le loro peculiarità. Ed è qui che si inserisce la rivoluzione federalista che emerge nell’epoca post-moderna come un’importante tentativo per conciliare il crescente e diffuso desiderio delle popolazioni di mantenere e recuperare i vantaggi delle comunità politiche di più ridotte dimensioni con la necessità di adattarsi in dei sistemi sempre più grandi, allo scopo di mantenere e rafforzare la propria particolarità culturale. Il federalismo, ricordiamolo, è stato inventato più di tremila anni fa nel bacino del Mediterraneo.
Bisogna, però, rendersi conto che il federalismo di Cattaneo, di Gioberti e altri rappresenta il passato ed è alle nostre spalle. Il vecchio federalismo ottocentesco muoveva da una pluralità e cercava tramite un foedus, un patto, di costruire l’unità ed è stato strumento per costruire lo stato unitario. Il nuovo federalismo, che noi sosteniamo, rappresenta invece il rovescio di quello tradizionale, basandosi non su un patto politico di fedeltà ma su un contratto. Uno strumento politico fortemente innovativo che potrà offrire al Mezzogiorno la possibilità di sottrarsi alla omogeneizzazione unitaria recuperando libertà e titolarità di diritti e poteri.
*Presidente del movimento politico-culturale L'AltroSud
(Il commento è tratto da "il Brigante" magazine )
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