Se, viaggiando per le strade appena fuori dai centri abitati di San Salvatore Telesino ed Amorosi (ma ci sono tante segnalazioni analoghe provenienti da molti altri comuni della nostra Provincia), o dando uno sguardo più attento alle campagne, vi capita di vedere lungo i fossi, nei vigneti, negli uliveti, o ai cigli delle strade, l’erba di colore giallastro in un periodo dell’anno in cui si suppone di vedere i colori verde-vivido tipici della stagione primaverile, con ogni probabilità vi siete imbattuti negli effetti, quelli visibili, dell’utilizzo dei diserbanti chimici (di origine industriale).
Tra i diserbanti chimici, Il glifosato (o glifosate) è l’“ingrediente” più’ diffuso e utilizzato, in Italia (secondo ISPRA) e nel mondo, per tentare di “eliminare” le erbe cosiddette “infestanti” ed è spesso considerato fra le soluzioni meno tossiche del suo genere presenti sul mercato.
Si tratta di un erbicida non selettivo, sistemico e agisce per assorbimento da parte delle parti verdi e non delle radici (per questo sempre più usato nel nostro territorio nei vigneti e negli uliveti).
In ogni caso è oggetto di un numero crescente di studi medici e scientifici proprio a causa della sua diffusione e dei sempre più frequenti riscontri nella catena alimentare dell’uomo e degli animali.
Si tratta di un erbicida non selettivo, sistemico e agisce per assorbimento da parte delle parti verdi e non delle radici (per questo sempre più usato nel nostro territorio nei vigneti e negli uliveti).
In ogni caso è oggetto di un numero crescente di studi medici e scientifici proprio a causa della sua diffusione e dei sempre più frequenti riscontri nella catena alimentare dell’uomo e degli animali.
Fra gli organismi che si sono espressi di recente in materia troviamo la IARC (International Agency for Research on Cancer) organo medico-scientifico facente parte dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanita’). La IARC, nel suo ultimo comunicato di marzo 2015 (che potete trovare seguendo questo link), in breve ribadisce che ci sono sufficienti evidenze per poter “promuovere” il glifosato (insieme ad altri 4 pesticidi, tetrachlorvinphos, parathion, malathion, diazinon, i primi 2 già vietati in UE) a probabile cancerogeno per gli esseri umani (il glifosato e’ stato inserito nel gruppo 2A, subito al di sotto della certezza), nonchè causa di danni certi, da prove di laboratorio, al DNA e ai cromosomi. Secondo lo stesso comunicato ci sono sufficienti evidenze per definire il glifosato cancerogeno per gli animali.
Inoltre alcune associazioni di medici internazionali (fra queste: ISDE, ASSIS) riportano i risultati di studi che collegano il glifosato alla crescita delle malattie autoimmuni e di disturbi ormonali.
In veterinaria ci sono studi che dimostrano l’alterazione della flora intestinale da parte di animali d’allevamento alimentati con foraggi contenenti glifosato, mostrando una riduzione dei lactobacilli e l’aumento della probabilità della presenza di clostridi, con conseguenti malattie.
Secondo i dati del dipartimento per l’Agricoltura USA (USDA) sono stati già trovati 14 tipi di erbe infestanti che hanno sviluppato negli anni la resistenza al glifosato (secondo dinamiche gia’ note in agricoltura per i pesticidi) su un campione di terreni trattati e sottoposti a monitoraggio.
Quindi è stato dato incarico all’EPA (Agenzia per la Protezione dell’ambiente USA) di presentare un piano di monitoraggio e di formazione agli agricoltori per una gestione più sostenibile delle erbe infestanti, includendo restrizioni nell’uso dei diserbanti chimici (link al sito governativo).
Quindi è stato dato incarico all’EPA (Agenzia per la Protezione dell’ambiente USA) di presentare un piano di monitoraggio e di formazione agli agricoltori per una gestione più sostenibile delle erbe infestanti, includendo restrizioni nell’uso dei diserbanti chimici (link al sito governativo).
Il glifosato, nelle aree in cui i diserbanti sono stati già impiegati diffusamente in agricoltura, si trova ormai in concentrazioni elevate nelle acque superficiali (secondo l’ISPRA è il “pesticida”, insieme ai suoi metaboliti, con più alta percentuale di presenza nelle acque in Lombardia, Lazio e Piemonte - ma nella maggior parte delle altre regioni non si conducono ancora analisi simili); inoltre, secondo studi commissionati da associazioni di cittadini USA, Paese con utilizzo più longevo del glifosato, si accumula nel latte materno (trovate concentrazioni di gran lunga superiori a quelle ammesse per l’acqua potabile) e ne è accertata la presenza nelle urine.
Uno studio condotto dall’Università di Boston ha rilevato la presenza di glifosato nel miele ed in altri alimenti (qui i risultati). Studi ISPRA riportano impatti negativi sulla rizosfera consistenti nella riduzione delle funzioni di assorbimento dei nutrienti delle piante, nonche’ sugli insetti, come le api, che ne vengono a contatto.
E’ evidente, dunque, da questi e da altri report, anche la contaminazione a largo spettro nei confronti dei terreni che subiscono i trattamenti con diserbanti chimici, nonchè della biodiversità che questi ospitano.
E’ chiaro come non abbiano senso, a questo punto, nemmeno le rassicurazioni delle aziende produttrici circa la degradabilità e la non bio-cumulatività dei prodotti a base di glifosato. D’altra parte, nel 2009, la Cassazione francese aveva gia’ condannato l’azienda multinazionale che ha brevettato la molecola (Monsanto) proprio per pubblicità ingannevole in merito alla sua dichiarata degradabilità e per il suo presunto rispetto per l’ambiente, facendo seguito ad una analoga sentenza del 1996 del procuratore generale dello Stato di New York (link alla sentenza) .
Intanto, un numero crescente di comuni italiani sta approvando - in osservanza al principio di precauzione ed essendo i sindaci responsabili della salute dei cittadini nel proprio territorio - delibere e ordinanze di restrizione per l’uso dei diserbanti nel territorio di propria competenza, sempre più spesso accompagnate da iniziative portate avanti dai cittadini volte a favorire un’agricoltura diffusa, organica e naturale.
D’altra parte la pratica del diserbo chimico, se consideriamo il territorio della Provincia di Benevento, è tutto sommato ancora adottata in maniera ridotta ed è subentrata relativamente di recente nelle coltivazioni di piante con fusto (vigneti, uliveti, meleti, ecc), per cui c’è la possibilità di bloccarla senza dover combattere contro inerzie che non hanno avuto ancora il tempo di formarsi.
Per quanto sopra esposto, al fine di tutelare la nostra salute e la biodiversità del nostro territorio, già oggetto di coltivazioni intensive spesso gestite con pesticidi tossici, chiediamo che sia effettuata una campagna di informazione capillare (mediante manifesti cartacei e sul sito web istituzionale dei comuni, nonché organizzando degli incontri con i cittadini, i produttori e le cantine locali ed esperti) sui rischi imputati ai diserbanti chimici e sulle alternative sostenibili esistenti.
Chiediamo inoltre che sia, a seguire, gradualmente assunto il divieto del loro utilizzo nei comuni della provincia di Benevento (in ambito pubblico e privato), in agricoltura e non (ai margini delle strade, giardini pubblici, ecc), partendo proprio dai vigneti, dagli uliveti e dai frutteti da piante con fusto che sono le colture tra le più estese del territorio sannita e di più facile gestione con metodi alternativi.
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