Emigranti in partenza per il Nord |
di Antonio Gentile
"Dobbiamo separarci come morti, eppure siamo
vivi". Questa frase di un emigrante calabrese, detta sul punto di
ripartire, è ormai diventata celebre ed esprime pienamente tutto il tormento e
la drammaticità dell'emigrazione.
La storia del Mezzogiorno, all'indomani dell'Unità d'Italia,
è stata lungamente segnata dalla tragedia dell'esodo dei lavoratori
meridionali: milioni di persone a partire, soprattutto, dagli ultimi due
decenni dell'Ottocento sono stati costretti, per sopravvivere, a lasciare le
loro case e i loro affetti e a cercare una speranza in America, in Australia,
nei paesi europei e nel Nord Italia.
Un lungo doloroso percorso fatto d'ingiustizia,
emarginazione e pregiudizi, ha connotato la loro esistenza che, di sovente, li
ha visti relegati in baracche o in lager metropolitani, ammassati come bestie e
privi di ogni diritto.
Questo Stato italiano, sin dalla fondazione, ha strutturato
la sua "democrazia" sviluppando con grossi investimenti l'apparato
industriale del Settentrione e relegando a semplice funzione di serbatoio di
manodopera e poi di "menti" l'intero Meridione.
Inoltre, il mondo da cui le masse degli emigranti
provenivano si è progressivamente depauperato.
Che ne è oggi della loro cultura, delle tradizioni dei
piccoli paesi dove, ormai, non esistono che vecchi? A chi interessa il dolore
delle famiglie distrutte e divise? La perdita dell'unica grande ricchezza del
Sud e, cioè, dei giovani ha ridotto anche il tasso d'istruzione medio d'interi
territori nei quali, tra l'altro, è possibile assistere al desolante spettacolo
delle migliaia di abitazioni vuote e parzialmente edificate.
Una vera esplosione nucleare che ha desertificato il Sud e
gli ha imposto l'umiliazione del "domicilio coatto" in altre regioni.
Il calo demografico del Nord Italia spinge sempre più i politici e l'apparato industriale
padano a sollecitare i governanti italiani, ad incrementare l'esodo dei
lavoratori dalla colonia meridionale.
Lungi dal superare i tradizionali squilibri economici
mediante un'equa ripartizione dei capitali e dello sviluppo produttivo tra le
varie regioni, istituzioni ed interesse privato, ripropongono la
"deportazione agevolata" del nostro patrimonio umano che, invece,
opportunamente impiegato in loco potrebbe aprire prospettive di benessere per
tutta la comunità.
Nuovi lavoratori dal Sud vogliono dire non solo manodopera e
laureati a disposizione per le industrie ma, attraverso i prelievi fiscali,
anche ricchezza per tutte le regioni del Nord.
Vergognoso, poi, il ruolo dei nostri politici ridotti a
semplici marionette e prostituiti agli interessi dei potentati economici
settentrionali.
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