lunedì 28 maggio 2018

Le terre dell’osso, viaggio nel Fortore e nella sua memoria

La marcia della fame del 1957

«(...) Eppure, vedete, restano le terre ma mancano i cristiani. E mancando i cristiani non c’è chi le difende, e c’è invece chi ne approfitta. Non c’è palmo di terra netta. Dove c’è una pala a vento, dove un’antenna, dove una colonna di filo per luce. E questi sono i suoni che si levano al vento. Né canti a stesa, né grida di mezzogiorno. Ronzio di campo di elettricità e reti di ferro. Solo cristiani non se ne vedono, ed essendo pochi a crescerci il grano, vogliono mandarci le immondizie degli altri. E di questo piano ventoso fare una fossa e riempirla di tutto il rifiuto di gente lontana, che maggiore è di numero, e tanti più voti e Contributo può muovere.

Sono queste le terre di mezzo, le terre dell’osso… L’osso della terra, che la polpa sta fuori, verso la riva del mare, verso le piane mercate… E osso perché sopra non ci rimane niente… La terra con i terremoti si rimangia uomini e opere e non lascia nulla a durare, ma ugualmente noi, come i cani, ci teniamo quest’osso, e lo teniamo stretto fra i denti, e arrabbiamo».

Vinicio Capossela, Le terre dell’osso.
Da “Il paese dei coppoloni”.


“Terre dell’osso”. Quella che ci propone Vinicio Capossela è l’immagine di un Mezzogiorno dall’interno dal quale la gente ancora se ne va, dove le comunità invecchiano e non si ha più a chi raccontare perché di figli non ne nascono. E dove non arriva la mancanza di futuro, ci pensa il terremoto, che a guardar bene altro non è che l’evidenziatore di una realtà stremata. Terre che così diventano preda di chi l’amore per la madre-terra non sa che cosa sia.

Eppure… c’è chi quell’osso non lo vuole mollare “e arrabbiamo”. È l’eco di quei suoni antichi ma vivi che cerca il viandante, scrive Vinicio. L’eco di chi ha scelto, malgrado tutto, di restare o quello avvertito come richiamo lontano che porta a tornare sui propri passi, quelli dei padri intristiti dal demone del progresso, quelli delle madri che pure non hanno mai smesso di covare dentro “un calore di casa”.

Quell’eco che vorremmo ascoltare nell’incontrare i giovani che ritornano alla terra e al pane, nelle esperienze di rinascita culturale, nella fantasia di amministratori locali che danno il benvenuto ai migranti che cercano una nuova possibilità, nella maestria e nella fatica di un vignaiolo che cerca antichi vitigni a loro volta frutto di antiche migrazioni, nel collettivo politico che ridà vita ad esperienze originali la cui radicalità ha le proprie radici in forme comunitarie che la deriva statalista ha cancellato, in figure intellettuali che non si sono piegate alle sirene del potere.

E che, a questo punto del nostro viaggio, vorremmo provare a connettere con l’università della montagna, le scuole del ritorno, le reti degli usi civici, i forum sulle nuove geografie, le esperienze di formazione politica, il nuovo federalismo… Suoni che nel vuoto della politica ufficiale possono rappresentare un segno di speranza.

Giovedì 31 maggio

Nel Parco del Matese
« (…) Noi vogliamo dunque abolire radicalmente la dominazione e lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, noi vogliamo che gli uomini affratellati da una solidarietà cosciente e voluta cooperino tutti volontariamente al benessere di tutti; noi vogliamo che la società sia costituita allo scopo di fornire a tutti gli esseri umani i mezzi per raggiungere il massimo benessere possibile, il massimo possibile sviluppo morale e materiale; noi vogliamo per tutti pane, libertà, amore, scienza. (…) »
(Enrico Malatesta, Il Programma Anarchico, 1919)

Ore 8.30 San Lupo. La Taverna degli Anarchici
Ore 9.30 Fontegreca. Visita alla Cipresseta
Ore 10.30 partenza per Letino. Visita al centro storico
Ore 13.30 Lago Matese – Casa vacanze scarponi del Matese – Pranzo Resistente
Ore 15.30 Pietraroja – Paleolab
Ore 17.00 Ponte di Annibale
Ore 17.30 Cerreto Sannita – Comunità Montana del Titerno Tammaro – Politiche del territorio e Strategia Aree Interne
Ore 19.00 Guardia Sanframondi e cena – Verso la capitale europea delle città del vino

Venerdì 1 giugno

Nel Fortore dei borghi autentici
Ore 09.30 Apice vecchia
Ore 11.30 San Marco de’ Cavoti. Alle porte del Fortore: la terra del vento.
Ore 13.00 Pranzo anarchico al Magazzeo
Ore 15.30 San Bartolomeo in Galdo. La Marcia della fame.
Ore 18.00 Biccari. I Borghi Autentici d’Italia
Ore 21.00 Arrivo a Calitri. Cena e pernottamento

Fonte: www.zerosifr.eu


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