Nel Mezzogiorno si delinea una netta cesura tra
dinamica economica che, seppur in rallentamento, ha ripreso a muoversi dopo la
crisi, e unadinamica sociale che tende ad escludere una quota crescente di cittadini dal
mercato del lavoro, ampliando le sacche di povertà e di disagio a nuove fasce
della popolazione.Lo dice il Rapporto Svimez 2018.
Il numero di famiglie
meridionali con tutti i componenti in cerca di occupazione è raddoppiato tra
il 2010 e il 2018, da 362 mila a 600 mila
(nel Centro-Nord sono 470 mila). Preoccupante la crescita del fenomeno dei workingpoors, conseguente all’aumento di
lavori a bassa retribuzione, dovuto a complessiva dequalificazione
delle occupazioni e all’esplosione del part time involontario.
I poveri assoluti sono saliti nel 2017
poco sopra i 5 milioni, di cui quasi 2,4
milioni nel solo Mezzogiorno (8,4% e 11,4% dell’intera popolazione
rispettivamente). Le famiglie in povertà assoluta nel 2016 erano 700 mila nel
Mezzogiorno, sono divenute 845 mila nel 2017. Nell’area
meridionale più di un quarto delle famiglie, coppie e monogenitori, con figli
adulti, si collocano nella più bassafascia di reddito, per giungere addirittura
a circa la metà della popolazione se si parla di famiglie con figli minori.
L’incidenza della povertà assoluta aumenta nel Mezzogiorno soprattutto per il
peggioramento nelle grandi aree metropolitane (da 5,8% a 10,1% nel 2017).Nelle regioni meridionali l’incidenza
della povertà relativarisulta più che
tripla rispetto al resto del Paese (28,2% a fronte dell’8,9% del Centro-Nord),
a seguito del basso tasso di occupazione e di un reddito pro capite pari a
circa il 56% di quello del Centro-Nord.
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