di Angelo Iampietro*
La Festa di Settembre per i Baselicesi è religiosità, tradizione, svago, incontro con persone care o amiche, richiamo, per i tanti che vivono lontano dalla terra d’origine, orgoglio di farla nel migliore dei modi, quasi a far invidia alle comunità di paesi vicini. Quest’anno, purtroppo, causa covid, la bella e tanto attesa festa (civile) non è stata possibile poterla organizzare per ragioni sanitarie, che vietano gli assembramenti di persone, causa la diffusione del virus, che tanto ci ha fatto soffrire.
La nostra comunità non ha avuto alcun caso di coronavirus, ma, in un simile contesto, con le tante persone provenienti da ogni parte, è preferibile e giusto attenersi alle regole, impartite dalle autorità con opportuni decreti. Il senso di nostalgia per la mancata “Festa” per ogni Baselicese, che vive in comunità o lontano da essa, fa soffrire un po’ tutti. Maggiormente per una piccola comunità, quale la nostra, non averla, lascia l’amaro in bocca.
Ricordo, da bambino, i preparativi per
la Festa di Settembre; essa era molto attesa e ci si preparava, per viverla
intensamente, mesi prima. A volte, costituiva un monito per qualche bimbo
irrequieto e capriccioso, che, se non si fosse comportato bene, non gli sarebbe
stata data la possibilità di festeggiarla con un gelato, un giocattolo, la
“copeta” (torrone mandorlato), le noccioline americane. Gli adulti on è che
avessero tanto di più.
Negli anni ’50 del secolo scorso, la
miseria era tanta e più di qualche giovanotto o signorinella per avere qualche
soldino da spendere per la festa, andava, dopo la mietitura del grano, a
spigolare. Con la vendita del grano, avrebbe acquistato qualche capo di
vestiario ed avere anche qualche soldino per le serate di festa.
Durante la Festa si indossava l’abito nuovo: era l’abito della festa. Inizialmente essa iniziava con l’annuncio di spari pirotecnici a mezzogiorno del giorno sette. All’imbrunire la banda faceva la sua sfilata per le vie del paese ed uno stuolo di persone l’accompagnava con volto sorridente e fiducioso. Ci si augurava che il tempo fosse bello e non rovinasse le serate, del resto l’attesa veniva da lontano!.
Chi si intratteneva lungo le strade, al suo passaggio, applaudiva e qualcuno, rivolgendosi al suo vicino, chiedeva: - Ma, sta banda come sòne?. Da ndò vè, costa assaje? - . I preparativi sul campo lasciavano ben sperare. Per le strade, come avviene tuttora, c’erano le luminarie ad arco che illuminavano, come non mai, via Santa Maria fino al Convento.
Giorno otto, ben presto, la banda
sfilava per le vie con le sue gradite e ritmate marce, di poi accompagnava la
processione della Madonna delle Grazie. L’otto c’era anche una importante
fiera-mercato, che attirava molti forestieri, interessati a vendere o comprare
gli animali. Lungo la strada principale, dalla Piazza al Convento, c’era il
mercato; molte bancarelle vendevano tutto ciò che può servire ad una comunità:
vestiario, scarpe, attrezzi di lavoro, giocattoli ecc.; non mancavano le
bancarelle che vendevano il torrone di Benevento, una vera leccornia non solo
per i bambini!. La sera in piazza Convento c’era il concerto della banda che
proponeva, dalla cassa armonica, brani di musica lirica; essi venivano
ascoltati , per lo più, da persone mature; i giovani, dal canto loro,
passeggiavano, adocchiando di tanto in tanto qualche bella ragazza. Del resto,
per un giovane, era ed è un pensiero costante.
Giorno nove si festeggiava Santa Lucia; c’era la processione, cui seguiva la Santa Messa; era molto sentita e praticata, come ora da una gran moltitudine di persone. La sera il concerto bandistico, infine il sorteggio dei premi messi in palio e, per chiudere, i fuochi pirotecnici, la cui durata e la loro bellezza di luci variopinte, che calavano dal cielo, con fantasiose figure, costituivano il vanto e l’orgoglio del Baselicese, verso le comunità viciniori, maggiormente verso i Sanbartolomeani. “Nuje éme fatte lu spare cchiu rósse, nó vùje a lu 25 d’auste!”
Negli anni a seguire la festa ha conservato buona parte della tradizione, ma si è adattata al moderno: la fiera degli animali non c’è stata più, anche perché di alcune specie, come asini e muli, è difficile trovarne uno; essi aiutavano il contadino nei lavori dei campi e nel trasporto da soma; altre, che erano necessarie per fornire prodotti per la sopravvivenza: pollami, suini, ovini, caprini si sono ridotti di numero; restano i bovini, allevati con sistemi moderni. Si vede qualche cavallo, bardato di tutto punto, ma utilizzato per cavalcate sportive.
Fino all’anno scorso i giorni di festa erano da tre a quattro e precisamente dalla serata della vigilia il sette al dieci. Sempre la banda giorno otto, mentre nelle restanti serate spettacoli di varietà, complessini musicali ed in chiusura il cantante di grido. Via Santa Maria non la riconosceva per le tante persone che accoglieva in un via vai ininterrotto.
Quella Festa consentiva ai tanti di
ritornare nel paese di nascita, di vivere qualche giorno con parenti,
incontrare gli amici, salutare i conoscenti. Il “Covid” ci ha tolto anche questo!.
Certamente la nostalgia non la si può nascondere, perché sembra essere venuto meno tutto il trascorso; si ha un nuovo comportamento sociale, che sembra aver tagliato le nostre radici. Si teme il contagio; ci si attiene alle indicazioni sanitarie, che hanno portato via anche la gioia di vivere vicino alle persone della propria comunità come un tempo.
L’anno prossimo, debellato il virus, la festa dovrà ritornare. Le nostre radici, che sono “l’albero della memoria”, dovranno dare linfa a quella pianta che tiene insieme la nostra comunità. Mi viene detto che quest’anno ci sono solo le funzioni religiose, che il Baselicese ha accettato e pregando che la ricerca del vaccino dia risultati e debelli il male oscuro che ansia e timore porta in ognuno di noi.
*prof in pensione
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