venerdì 9 maggio 2014
lunedì 28 aprile 2014
Elezioni comunali, ecco le liste di Baselice
Lista "La nostra terra"
Candidato Sindaco Domenico Canonico
Candidati alla carica di consigliere comunale: Salvatore Brancaccio, Raffaella Colucci, Giuseppe Ferro, Isidoro Mascia, Adelina Paolozza, Rocco Paolozza, Modesto Silvestri, Pasquale Stravato, Giancarlo Verdura, Romano Zeolla
Lista "Per Baselice"
Candidato Sindaco: Massimo Maddalena
Candidati alla carica di consigliere comunale Leonardo Bianco, Leonardo Brunetti, Graziano Chiusolo, Emanuele Del Grosso, Antonio Del Vecchio, Michele Ferro, Daniela Maddalena, Maria Leonarda Marucci (detta Lea), Gianni Silvestri, Pasquale Zaccarino
Candidato Sindaco Domenico Canonico
Candidati alla carica di consigliere comunale: Salvatore Brancaccio, Raffaella Colucci, Giuseppe Ferro, Isidoro Mascia, Adelina Paolozza, Rocco Paolozza, Modesto Silvestri, Pasquale Stravato, Giancarlo Verdura, Romano Zeolla
Lista "Per Baselice"
Candidato Sindaco: Massimo Maddalena
Candidati alla carica di consigliere comunale Leonardo Bianco, Leonardo Brunetti, Graziano Chiusolo, Emanuele Del Grosso, Antonio Del Vecchio, Michele Ferro, Daniela Maddalena, Maria Leonarda Marucci (detta Lea), Gianni Silvestri, Pasquale Zaccarino
mercoledì 23 aprile 2014
Baselice, costituito il meetup Fortore 5 stelle (M5S)
Lunedì 7 aprile 2014 a Baselice si è costituito il "meetup Fortore 5 stelle M5S". Alla riunione erano presenti varie delegazioni dei paesi del Fortore che hanno sottoscritto l’intesa di convergere in un unico meetup per condividere, discutere, e proporre idee finalizzate non solo alla salvaguardia del proprio territorio, ma anche per migliorarne la qualità della vita.
Il gruppo appena costituito punta a diventare il meetup di riferimento dei sostenitori del M5S nel Fortore. La nascita del meetup fortore ha l'obiettivo di creare sinergie mirate alle relazioni comuni nell’affrontare le numerose problematiche che caratterizzano l’esteso territorio fortorino nel rispetto di 5 punti salienti che hanno generato la nascita del movimento 5 stelle: ambiente, acqua, sviluppo, connettività e trasporti (per continuare a leggere clicca qui sotto)
Baselice, costituito il meetup Fortore 5 stelle M5S. Il primo portavoce trimestrale sarà Donato Iampietro | | news | NTR24 - l'informazione sul web
giovedì 17 aprile 2014
Baselice, certa la sfida tra Canonico e Maddalena
di Leonardo Bianco
E’ ufficiale. Sarà Massimo Maddalena a contendere la poltrona di sindaco di Baselice a Domenico Canonico. A confermare la candidatura a primo cittadino nella prossima tornata elettorale è lo stesso esponente dell’attuale gruppo di minoranza consiliare. Maddalena, con quello in scadenza, ha svolto già per due mandati consecutivi, il ruolo di consigliere.
Dal 2004 al 2005 come esponente di maggioranza con il sindaco Nicolino Del vecchio e l’ultimo dal 2009 a oggi come esponente di opposizione. “Stiamo lavorando alla composizione della lista che è ormai in dirittura di arrivo e stiamo ragionando sul simbolo” ha affermato Maddalena non lasciando trapelare indiscrezioni sui nomi che andranno a comporre il gruppo. L’unico candidato certo nella lista Maddalena sarà Antonio Del Vecchio, già candidato sindaco nel 2009 e capogruppo di opposizione nel consiglio comunale uscente.
Chi rimarrà fuori, almeno per ora, dalla competizione elettorale è Doriano Bianco. Il nome del noto medico, specializzato in Igiene e Medicina Preventiva, era circolato insistentemente nelle scorse settimane come probabile avversario del sindaco uscente. “Ho preferito fare un passo indietro – ha commentato il professionista – per evitare rotture all’interno del gruppo”. La moglie di Doriano Bianco è stata per circa vent’anni amministratore comunale ricoprendo anche la carica di vicesindaco nell’ultima amministrazione Del Vecchio.
“Ero disponibile a mettermi in gioco perché credo che vada ristabilito un clima di serenità e per far si che la lotta politica non si trasformi in battaglie personali. Il mio progetto era quello di riportare il dialogo e il confronto al centro dell’azione politica e intorno a me si erano create le basi per allargare il consenso e la partecipazione. Un dialogo con forze nuove e vecchie che avrebbe potuto allargare il consenso elettorale. Un progetto che all’interno del gruppo non è stato condiviso e per questo ho preferito fare un passo indietro per evitare spaccature. Resta l’amarezza – conclude Doriano Bianco - per aver perso l’occasione di costruire un’alternativa forte e concreta all’attuale amministrazione. Evidentemente la mia visione della politica non è stata capita. Vuol dire che in questa tornata elettorale sarò un semplice spettatore. Auguro ai competitori una buona campagna elettorale nel segno del confronto e dai toni pacati e corretti”.
Il medico resta fuori dalla campagna elettorale e toccherà quindi a Massimo Maddalena il compito di togliere lo scettro a Domenico Canonico che afferma di essere pronto alla sfida. La lista dell’amministrazione uscente sembra sia già pronta, anche se non si escludono novità dell’ultima ora. Resta naturalmente il riserbo sui nomi, anche se molti sono già noti. Manca poco più di una settimana alla presentazione delle liste e la corsa al municipio sembra ormai delineata salvo colpi di coda dell’ultima ora.
E’ ufficiale. Sarà Massimo Maddalena a contendere la poltrona di sindaco di Baselice a Domenico Canonico. A confermare la candidatura a primo cittadino nella prossima tornata elettorale è lo stesso esponente dell’attuale gruppo di minoranza consiliare. Maddalena, con quello in scadenza, ha svolto già per due mandati consecutivi, il ruolo di consigliere.
Dal 2004 al 2005 come esponente di maggioranza con il sindaco Nicolino Del vecchio e l’ultimo dal 2009 a oggi come esponente di opposizione. “Stiamo lavorando alla composizione della lista che è ormai in dirittura di arrivo e stiamo ragionando sul simbolo” ha affermato Maddalena non lasciando trapelare indiscrezioni sui nomi che andranno a comporre il gruppo. L’unico candidato certo nella lista Maddalena sarà Antonio Del Vecchio, già candidato sindaco nel 2009 e capogruppo di opposizione nel consiglio comunale uscente.
Chi rimarrà fuori, almeno per ora, dalla competizione elettorale è Doriano Bianco. Il nome del noto medico, specializzato in Igiene e Medicina Preventiva, era circolato insistentemente nelle scorse settimane come probabile avversario del sindaco uscente. “Ho preferito fare un passo indietro – ha commentato il professionista – per evitare rotture all’interno del gruppo”. La moglie di Doriano Bianco è stata per circa vent’anni amministratore comunale ricoprendo anche la carica di vicesindaco nell’ultima amministrazione Del Vecchio.
“Ero disponibile a mettermi in gioco perché credo che vada ristabilito un clima di serenità e per far si che la lotta politica non si trasformi in battaglie personali. Il mio progetto era quello di riportare il dialogo e il confronto al centro dell’azione politica e intorno a me si erano create le basi per allargare il consenso e la partecipazione. Un dialogo con forze nuove e vecchie che avrebbe potuto allargare il consenso elettorale. Un progetto che all’interno del gruppo non è stato condiviso e per questo ho preferito fare un passo indietro per evitare spaccature. Resta l’amarezza – conclude Doriano Bianco - per aver perso l’occasione di costruire un’alternativa forte e concreta all’attuale amministrazione. Evidentemente la mia visione della politica non è stata capita. Vuol dire che in questa tornata elettorale sarò un semplice spettatore. Auguro ai competitori una buona campagna elettorale nel segno del confronto e dai toni pacati e corretti”.
Il medico resta fuori dalla campagna elettorale e toccherà quindi a Massimo Maddalena il compito di togliere lo scettro a Domenico Canonico che afferma di essere pronto alla sfida. La lista dell’amministrazione uscente sembra sia già pronta, anche se non si escludono novità dell’ultima ora. Resta naturalmente il riserbo sui nomi, anche se molti sono già noti. Manca poco più di una settimana alla presentazione delle liste e la corsa al municipio sembra ormai delineata salvo colpi di coda dell’ultima ora.
martedì 15 aprile 2014
Petrolio e terremoti
Un rischio rappresenta una potenzialità. Quando riguarda la sicurezza della vita umana, la salute o l’equilibrio ecologico è sottoposto a norme che tutelano il diritto alla massima protezione per cittadini e territorio. In queste ore, le anticipazioni della rivista “Science”, circa l’investigazione scientifica compiuta da un gruppo di studio in Emilia sul possibile collegamento tra attività petrolifera e sismica, indicano che il rischio non può essere escluso. «Nelle conclusioni della commissione c’è scritto che non si può escludere che le attività nel sito abbiano dato inizio al terremoto del 20 maggio, il cui epicentro era a circa 20 chilometri di distanza», si legge nella rivista.
«Secondo gli esperti le variazioni di stress e pressione all’interno della crosta terrestre, derivanti sia dalla rimozione del petrolio, sia dall’introduzione di fluidi necessari a provocare la fuoriuscita del greggio, quasi certamente non sarebbero state sufficienti a provocare, da sole, un terremoto simile. Tuttavia è possibile che la faglia coinvolta nella sequenza sismica del 20 maggio fosse vicina al punto di rottura, e che le variazioni imposte dall’uomo alla crosta terrestre, seppur minime, siano state sufficienti a innescare il terremoto. Fenomeno che, a sua volta, potrebbe aver dato avvio alla scossa del 29 maggio».
Un rischio va commisurato al danno che può provocare. Nel caso delle trivellazioni in una zona altamente sismica lungo l’Appennino o nelle zone interne della Campania, sostenere che “non si possono escludere” conseguenze sull’attività sismica naturale dalle trivellazioni, rappresenta un avvertimento vincolante. In Irpinia, a pochi chilometri da quel Sannio che nelle mappe del rischio è equiparato alla provincia di Avellino, quasi trentaquattro anni fa sono morte migliaia di persone, in conseguenza di una attività sismica non indotta dalla mano dell’uomo. Ma le ferite della terra, quelle che i tecnici chiamano faglie, sono ancora lì. Le faglie sismogenetiche ci sono, anche se nessuno sa esattamente dove.
La metafora è quella del campo minato, ricoperto da un prato omogeneo. Se il rischio non viene escluso dagli scienziati, non può esserlo da parte di una commissione a Napoli, salvo assumere un rischio in proprio, nel concludere che in nessun caso un terremoto può essere stimolato dalla mano dell’uomo. In Italia, un giudice monocratico ha condannato a sei anni di reclusione i componenti della commissione grandi rischi, in carica nel 2009, che avevano rassicurato gli aquilani circa l’improbabilità di una forte scossa sismica nella loro città. C’è un precedente, che costituisce un altro rischio. Proprio di questo il ‘Comitato no trivellazioni in Irpinia’ parlerà con l’assessore all’Ambiente Giovanni Romano, mentre il geologo Franco Romano chiede chiarezza sull’operato della Commissione emiliana nominata dal Dipartimento di Protezione civile. Se un rischio non può essere escluso, il governo e il Ministero dovranno recepirlo in una legge, a garanzia di tutti.
avellino.ottopagine.net
«Secondo gli esperti le variazioni di stress e pressione all’interno della crosta terrestre, derivanti sia dalla rimozione del petrolio, sia dall’introduzione di fluidi necessari a provocare la fuoriuscita del greggio, quasi certamente non sarebbero state sufficienti a provocare, da sole, un terremoto simile. Tuttavia è possibile che la faglia coinvolta nella sequenza sismica del 20 maggio fosse vicina al punto di rottura, e che le variazioni imposte dall’uomo alla crosta terrestre, seppur minime, siano state sufficienti a innescare il terremoto. Fenomeno che, a sua volta, potrebbe aver dato avvio alla scossa del 29 maggio».
Un rischio va commisurato al danno che può provocare. Nel caso delle trivellazioni in una zona altamente sismica lungo l’Appennino o nelle zone interne della Campania, sostenere che “non si possono escludere” conseguenze sull’attività sismica naturale dalle trivellazioni, rappresenta un avvertimento vincolante. In Irpinia, a pochi chilometri da quel Sannio che nelle mappe del rischio è equiparato alla provincia di Avellino, quasi trentaquattro anni fa sono morte migliaia di persone, in conseguenza di una attività sismica non indotta dalla mano dell’uomo. Ma le ferite della terra, quelle che i tecnici chiamano faglie, sono ancora lì. Le faglie sismogenetiche ci sono, anche se nessuno sa esattamente dove.
La metafora è quella del campo minato, ricoperto da un prato omogeneo. Se il rischio non viene escluso dagli scienziati, non può esserlo da parte di una commissione a Napoli, salvo assumere un rischio in proprio, nel concludere che in nessun caso un terremoto può essere stimolato dalla mano dell’uomo. In Italia, un giudice monocratico ha condannato a sei anni di reclusione i componenti della commissione grandi rischi, in carica nel 2009, che avevano rassicurato gli aquilani circa l’improbabilità di una forte scossa sismica nella loro città. C’è un precedente, che costituisce un altro rischio. Proprio di questo il ‘Comitato no trivellazioni in Irpinia’ parlerà con l’assessore all’Ambiente Giovanni Romano, mentre il geologo Franco Romano chiede chiarezza sull’operato della Commissione emiliana nominata dal Dipartimento di Protezione civile. Se un rischio non può essere escluso, il governo e il Ministero dovranno recepirlo in una legge, a garanzia di tutti.
avellino.ottopagine.net
giovedì 10 aprile 2014
Pozzi petroliferi contaminati: il Sannio trema
Radiazioni in misura dieci volte superiore ai valori massimi consentiti. Una rivelazione choc quella fatta nei giorni scorsi dall’Agenzia regionale per la protezione ambientale (Arpa) Molise in relazione al sito di località Capoiaccio nel territorio di Cercemaggiore. Pochi chilometri più in là c’è il confine con il Sannio, segnatamente con i comuni di Castelpagano e Morcone. La stessa area che è interessata dal progetto di estrazione petrolifera denominato «Santa Croce» promosso dalla società «Sviluppo Risorse Naturali» con sede a Roma.
E «Santa Croce» si chiamava anche il pozzo scavato nel 1962 dalla Montedison dove oggi sono venuti fuori i dati allarmanti che hanno messo in moto anche l’Agenzia regionale. Valori radioattivi dieci volte superiori alla norma sono evidentemente eccessivi anche per un sito che ha ospitato attività chiaramente inquinanti. E dunque è scattato, inevitabile, l’interrogativo: cosa è finito davvero in quel pozzo? Lo stabiliranno le indagini che saranno effettuate dalla magistratura molisana in seguito alle denunce presentate da più parti. C’è un dossier presentato dal leader dell’Itralia dei Valori, Antonio Di Pietro, che ha chiesto di approfondire le ricerche sull’area. Alla denuncia dell’ex pm di Mani Pulite si è aggiunta quella di Salvatore Ciocca, consigliere regionale dei Comunisti Italiani, che ha chiesto l’apertura del pozzo e con una dettagliata relazione ha dimostrato che dal 1962, anno in cui sono incominciate le ricerche e gli sfruttamenti petroliferi, fino al 1988, non fu mai effettuata una verifica.
Le prime regolamentazioni risalgono soltanto al 6 giugno del 1988. Proprio in quell’anno è stato reso noto che parte dei reflui provenivano da Melfi, dove la Montedison gestiva 8 pozzi. Per 26 anni, secondo la ricostruzione, il pozzo di Capoiaccio è stato un serbatoio per le immissioni di acque reflue la cui provenienza era sconosciuta. Nell’88 la Regione Molise autorizzò la Montedison ad immettere le acque proveniente soltanto dai giacimenti di Melfi, in Basilicata. Il primo aprile 2014 l’ufficio legale dell’Idv ha depositato un esposto alla Procura della Repubblica di Campobasso nei confronti di ignoti ravvisando i reati di inquinamento e di disastro ambientale.
E’ stato richiesto l’intervento dell’assessore regionale Vittorino Facciolla e del ministro dell’Ambiente, Gianluca Galletti, che hanno promesso attenzione sulla vicenda che si presenta oggettivamente inquietante, anche alla luce delle dichiarazioni rese pubbliche nei mesi scorsi rilasciate alla commissione bicamerale d’inchiesta nel 1997 dall’ex tesoriere dei Casalesi, Carmine Schiavone. «Sversavamo anche in Molise e nel Matese», dichiarò il malavitoso. Fatti che rendono doverosi i controlli, per sgomberare il campo dai dubbi e dalle paure. Che certo non mancano anche nel Sannio, alla luce dei numerosi pozzi (17) per estrazioni di idrocarburi realizzati negli scorsi anni ma utilizzati solo per brevi periodi.
ottopagine.net
E «Santa Croce» si chiamava anche il pozzo scavato nel 1962 dalla Montedison dove oggi sono venuti fuori i dati allarmanti che hanno messo in moto anche l’Agenzia regionale. Valori radioattivi dieci volte superiori alla norma sono evidentemente eccessivi anche per un sito che ha ospitato attività chiaramente inquinanti. E dunque è scattato, inevitabile, l’interrogativo: cosa è finito davvero in quel pozzo? Lo stabiliranno le indagini che saranno effettuate dalla magistratura molisana in seguito alle denunce presentate da più parti. C’è un dossier presentato dal leader dell’Itralia dei Valori, Antonio Di Pietro, che ha chiesto di approfondire le ricerche sull’area. Alla denuncia dell’ex pm di Mani Pulite si è aggiunta quella di Salvatore Ciocca, consigliere regionale dei Comunisti Italiani, che ha chiesto l’apertura del pozzo e con una dettagliata relazione ha dimostrato che dal 1962, anno in cui sono incominciate le ricerche e gli sfruttamenti petroliferi, fino al 1988, non fu mai effettuata una verifica.
Le prime regolamentazioni risalgono soltanto al 6 giugno del 1988. Proprio in quell’anno è stato reso noto che parte dei reflui provenivano da Melfi, dove la Montedison gestiva 8 pozzi. Per 26 anni, secondo la ricostruzione, il pozzo di Capoiaccio è stato un serbatoio per le immissioni di acque reflue la cui provenienza era sconosciuta. Nell’88 la Regione Molise autorizzò la Montedison ad immettere le acque proveniente soltanto dai giacimenti di Melfi, in Basilicata. Il primo aprile 2014 l’ufficio legale dell’Idv ha depositato un esposto alla Procura della Repubblica di Campobasso nei confronti di ignoti ravvisando i reati di inquinamento e di disastro ambientale.
E’ stato richiesto l’intervento dell’assessore regionale Vittorino Facciolla e del ministro dell’Ambiente, Gianluca Galletti, che hanno promesso attenzione sulla vicenda che si presenta oggettivamente inquietante, anche alla luce delle dichiarazioni rese pubbliche nei mesi scorsi rilasciate alla commissione bicamerale d’inchiesta nel 1997 dall’ex tesoriere dei Casalesi, Carmine Schiavone. «Sversavamo anche in Molise e nel Matese», dichiarò il malavitoso. Fatti che rendono doverosi i controlli, per sgomberare il campo dai dubbi e dalle paure. Che certo non mancano anche nel Sannio, alla luce dei numerosi pozzi (17) per estrazioni di idrocarburi realizzati negli scorsi anni ma utilizzati solo per brevi periodi.
ottopagine.net
mercoledì 9 aprile 2014
Petrolio: i veleni non fermano le trivelle
Quelle scorie radioattive proprio non ci volevano. Almeno per chi come la società «Sviluppo Risorse Naturali» ambisce a realizzare nell’area un nuovo progetto petrolifero. La notizia relativa all’accertamento di valori abnormi di radioattività nel sito di Cercemaggiore, tra Campania e Molise, ha fortemente scosso le popolazioni locali che vedono materializzarsi lo spettro del disastro ambientale. La vicenda chiaramente attende ulteriori approfondimenti che ci si augura possano almeno in parte ridimensionare il rischio per la salute collettiva. Quanto già appurato, però, è di oggettiva gravità. L’Agenzia regionale per la protezione ambientale del Molise ha registrato valori di radioattività dieci volte superiori alla norma nell’area circostrante il pozzo per l’estrazione petrolifera realizzato negli anni Sessanta dalla Montedison e rimasto in attività per qualche anno.
Poi, terminato lo sfruttamento, il sito sarebbe stato utilizzato per il conferimento di scorie di lavorazione di altri impianti petroliferi, in particolare provenienti dalla Basilicata. Sversamenti regolarmente autorizzati dalle autorità regionali. Ma gli incredibili dati emersi oggi fanno temere che le operazioni effettuate negli scorsi anni siano andate ben oltre il consentito, dando forza alle tante voci relative a misteriosi camion che ad ogni ora del giorno e della notte raggiungevano la località Capoiaccio in territorio di Cercemaggiore.
Comune posto a pochi chilometri dal confine con la Campania e con il Sannio. Nell’area, nei passati decenni, furono realizzati numerosi pozzi per la ricerca di idrocarburi che solo in qualche caso si rivelarono sfruttabili. Da tempo si conoscono svariate testimonianze del passaggio notturno di convogli diretti proprio alle piattaforme petrolifere, malgrado le stesse non fossero in attività. Una leggenda metropolitana come tante altre o qualcosa di più della mitologia? Un interrogativo che si ripropone con terribile attualità ora che dal Molise rimbalzano le choccanti rivelazioni sul caso Cercemaggiore. Anche perchè la stessa area è interessata da un nuovo programma estrattivo partito nel 2010 che ricade proprio nella zona tra Campania e Molise a cavallo di Cercemaggiore.
A proporlo è la «Sviluppo Risorse Naturali», società con sede a Roma e interventi già effettuati e in corso in Sicilia e in altre regioni italiane. Non dei neofiti del settore, dunque, ma un’azienda collaudata che punta con decisione a rinverdire i trascorsi petroliferi dell’area sotto la sigla «Santa Croce» che individua il progetto interregionale di ricerca che si estende per 745,6 chilometri quadrati coinvolgendo anche i comuni sanniti di Morcone, Castelpagano e Santa Croce del Sannio.
La proposta presentata dalla SRN ha ottenuto il 16 dicembre 2010 il permesso alla ricerca da parte del Ministero Sviluppo economico. Ricerca che è ormai terminata. Lo rivela a Ottopagine il direttore generale di «Sviluppo Risorse Naturali», Antonio Pica: «Abbiamo concluso la valutazione dei dati ricompresi nelle carte geologiche e nelle mappe minerarie depositate agli atti del Ministero. Adesso potremmo proseguire l’indagine con un incrocio effettuato grazie alla acquisizione di una linea sismica. Ma è probabile che non ci avvarremo di tale possibilità in quanto gli elementi a nostra disposizione ci appaiono sufficientemente chiari». In altri termini: il petrolio al confine tra Sannio e Molise c’è, ed è tale da giustificare l’ipotesi di sfruttamento economico delle trivellazioni: «Del resto – fa notare Pica – storicamente non è la prima volta che la zona è interessata da programmi estrattivi per lo sfruttamento commerciale di giacimenti di idrocarburi. Siamo pronti a chiedere alle Regioni (Campania e Molise, ndr) il rilascio dell’autorizzazione Via per la valutazione di impatto ambientale di un pozzo esplorativo a conclusione della fase di ricerca. Se, come riteniamo, l’esito sarà favorevole, chiederemo il nulla osta alla estrazione».
Grande determinazione come si vede nelle parole del promotore. ma i veleni di Cercemaggiore rappresentano comunque un ostacolo con il quale fare i conti. Pica con franchezza lo ammette: «Nei prossimi giorni saremo a Campobasso per un confronto con i responsabili dell’Arpa Molise. Vogliamo chiarire direttamente quanto è emerso in merito agli elevati valori di radioattività riscontrati dall’Agenzia nei pressi del pozzo. E’ una circostanza che ci lascia perplessi, anche perchè gettare rifiuti in un pozzo largo al massimo 30 centimetri è molto meno semplice di quanto si creda. Comunque è una vicenda assolutamente da approfondire che comporta qualche rallentamento anche a noi, pur non avendo alcuna relazione con quell’intervento se non la comunanza dell’areale di riferimento».
benevento.ottopagine.net
Poi, terminato lo sfruttamento, il sito sarebbe stato utilizzato per il conferimento di scorie di lavorazione di altri impianti petroliferi, in particolare provenienti dalla Basilicata. Sversamenti regolarmente autorizzati dalle autorità regionali. Ma gli incredibili dati emersi oggi fanno temere che le operazioni effettuate negli scorsi anni siano andate ben oltre il consentito, dando forza alle tante voci relative a misteriosi camion che ad ogni ora del giorno e della notte raggiungevano la località Capoiaccio in territorio di Cercemaggiore.
Comune posto a pochi chilometri dal confine con la Campania e con il Sannio. Nell’area, nei passati decenni, furono realizzati numerosi pozzi per la ricerca di idrocarburi che solo in qualche caso si rivelarono sfruttabili. Da tempo si conoscono svariate testimonianze del passaggio notturno di convogli diretti proprio alle piattaforme petrolifere, malgrado le stesse non fossero in attività. Una leggenda metropolitana come tante altre o qualcosa di più della mitologia? Un interrogativo che si ripropone con terribile attualità ora che dal Molise rimbalzano le choccanti rivelazioni sul caso Cercemaggiore. Anche perchè la stessa area è interessata da un nuovo programma estrattivo partito nel 2010 che ricade proprio nella zona tra Campania e Molise a cavallo di Cercemaggiore.
A proporlo è la «Sviluppo Risorse Naturali», società con sede a Roma e interventi già effettuati e in corso in Sicilia e in altre regioni italiane. Non dei neofiti del settore, dunque, ma un’azienda collaudata che punta con decisione a rinverdire i trascorsi petroliferi dell’area sotto la sigla «Santa Croce» che individua il progetto interregionale di ricerca che si estende per 745,6 chilometri quadrati coinvolgendo anche i comuni sanniti di Morcone, Castelpagano e Santa Croce del Sannio.
La proposta presentata dalla SRN ha ottenuto il 16 dicembre 2010 il permesso alla ricerca da parte del Ministero Sviluppo economico. Ricerca che è ormai terminata. Lo rivela a Ottopagine il direttore generale di «Sviluppo Risorse Naturali», Antonio Pica: «Abbiamo concluso la valutazione dei dati ricompresi nelle carte geologiche e nelle mappe minerarie depositate agli atti del Ministero. Adesso potremmo proseguire l’indagine con un incrocio effettuato grazie alla acquisizione di una linea sismica. Ma è probabile che non ci avvarremo di tale possibilità in quanto gli elementi a nostra disposizione ci appaiono sufficientemente chiari». In altri termini: il petrolio al confine tra Sannio e Molise c’è, ed è tale da giustificare l’ipotesi di sfruttamento economico delle trivellazioni: «Del resto – fa notare Pica – storicamente non è la prima volta che la zona è interessata da programmi estrattivi per lo sfruttamento commerciale di giacimenti di idrocarburi. Siamo pronti a chiedere alle Regioni (Campania e Molise, ndr) il rilascio dell’autorizzazione Via per la valutazione di impatto ambientale di un pozzo esplorativo a conclusione della fase di ricerca. Se, come riteniamo, l’esito sarà favorevole, chiederemo il nulla osta alla estrazione».
Grande determinazione come si vede nelle parole del promotore. ma i veleni di Cercemaggiore rappresentano comunque un ostacolo con il quale fare i conti. Pica con franchezza lo ammette: «Nei prossimi giorni saremo a Campobasso per un confronto con i responsabili dell’Arpa Molise. Vogliamo chiarire direttamente quanto è emerso in merito agli elevati valori di radioattività riscontrati dall’Agenzia nei pressi del pozzo. E’ una circostanza che ci lascia perplessi, anche perchè gettare rifiuti in un pozzo largo al massimo 30 centimetri è molto meno semplice di quanto si creda. Comunque è una vicenda assolutamente da approfondire che comporta qualche rallentamento anche a noi, pur non avendo alcuna relazione con quell’intervento se non la comunanza dell’areale di riferimento».
benevento.ottopagine.net
lunedì 7 aprile 2014
Spauracchio petrolio. Il ministro: 'Basta veti'. Sannio con il fiato sospeso
Monta la preoccupazione in Basilicata ma non solo. In Campania, come è stato spesso ricordato sulle pagine di questo portale, c'è un discorso in sospeso su possibili ricerche petrolifere nelle province di Benevento ed Avellino. Due interessano il Sannio (Pietra Spaccata e Case Capozzi) con una larga fetta di comuni (specialmente del Fortore e del Tammaro), Benevento inclusa, coinvolte dai progetti. Un 'pericolo' che fu messo in evidenza da associazioni e stampa, con la Regione Campania che ha provato a far passare quasi inosservato l'iter per avviare le indagini petrolifere.
Nacquero i comitati di protesta, poi i primi, timidi,interessamenti della politica locale, già finiti nel dimenticatoio: tutto questo condito dall'ambigua posizione del governatore campano Stefano Caldoro che non si è mai apertamente schierato contro le trivelle nell'entroterra sannita, e dal continuo tira e molla a colpi di delibere, permessi bloccati e attenzione mediatica. Nel Sannio ci fu anche un incontro, a Ginestra degli Schiavoni , con la Delta Energy ltd, la società britannica di Mr. Ferguson interessata ad investire nell'area fortorina. Tutto congelato ma è chiaro che se il Ministero dello Sviluppo Economico decide per il cambio di rotta, nessuno potrà opporsi, Regione, Province e Comuni (per leggere tutto l'articolo clicca qui sotto).
Spauracchio petrolio. Il Ministro: 'Basta veti'. Sannio con il fiato sospeso
martedì 1 aprile 2014
Regione Campania, 52 indagati per le spese allegre: anche la tintura per capelli
La tintura per capelli per il consigliere calvo. Una festa in un ristorante all’ora di pranzo della vigilia di Capodanno fatta passare per evento politico. Un giocattolo. Sale d’alberghi di lusso fatturate per convegni che non si sono mai svolti. Consulenze fittizie. Cravatte firmate. Bottiglie di vino acquistate in enoteca. Occhiali da vista. La Tarsu di una sede di partito. E pranzi e cene. Tante, tantissime cene, con molti commensali.(per continuare a leggere clicca qui sotto)
Regione Campania, 52 indagati per le spese allegre: anche la tintura per capelli - Il Fatto Quotidiano
martedì 25 marzo 2014
TaceBenevento scoperta città di camorra
Bisognerebbe leggere, in tutte le scuole superiori e le
facoltà universitarie sannite, l’ordinanza del Gip Pietro Carola con la quale
ha deciso i 26 arresti nell’ambito dell’operazione “Tabula Rasa”, condotta per
anni dai carabinieri del Comando provinciale di Benevento sotto la guida della
Direzione distrettuale antimafia (DDA) di Napoli. Perché i giovani devono
sapere dove vivono e perché in loro può riporsi la speranza di un ritorno alla legalità
perduta.
E’ impressionante l’atto giudiziario. Oltre quattrocento
pagine raccontano cosa succede in questa terra, diventata – da tanti anni ormai
– quasi uguale alla vicina provincia casertana. Le differenze? 1) La relativa
povertà e la marginalità produttiva dell’area beneventana rispetto alla più
ricca Terra di lavoro, che non consentono in partenza gli stessi guadagni
ingenti ai sodalizi criminali; 2) La più agevole sottomissione della
maggioranza dei suoi abitanti al pizzo e alle tangenti e l’ancor più diffusa
omertà del territorio che hanno evitato, per mancanza di reazioni, gli aspetti
più dirompenti e drammatici nell’imposizione del controllo camorrista del
territorio. (per continuare a leggere clicca qui sotto)
Economia, Editoriali, Giudiziaria, Politica - TaceBenevento scoperta città di camorra Ma o reagirà e cambierà o sarà finita - Il Vaglio
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