Siccome sarà sfuggito anche al neo sottosegretario al Welfare, Pasquale Viespoli, l'ultimo documento dei piccoli artigiani di Mestre (sic) sul federalismo fiscale - e visto che negli ultimi giorni non si fa altro che elogiare questo nuovo strumento a nostro avviso invece di impoverimento del sud e dunque principalmente delle aree deboli del Mezzogiorno, come il Fortore - lo riproponiamo qui integralmente in modo che tutti si facciano un'idea di cosa potrebbe accadere al sud in seguito a questo agognato federalismo fiscale.
“Siamo proprio sicuri che tutti vogliono il federalismo fiscale ?” A porsi questo quesito è il direttore dell’Ufficio studi della CGIA di Mestre Giuseppe Bortolussi. Un interrogativo che trova il suo fondamento nel risultato emerso nell’ultima elaborazione condotta dal suo Ufficio studi. L’analisi degli artigiani mestrini parte da un dato di fatto. La media nazionale della copertura della spesa corrente con i tributi propri (Irap, addizionale regionale Irpef, etc.) delle Regioni ordinarie italiane è pari al 45,6%. Tocca punte del 64,6% in Lombardia, del 53,7% in Piemonte, del 53% in Veneto ma anche valori minimi come il 31,3% in Campania, il 30,2% in Puglia, il 29,6% in Umbria, il 22,3% in Calabria e il 21,6% in Basilicata. Bene, se ipotizzassimo che da domani mattina tutte le Regioni ordinarie si attestassero sul valore medio nazionale (45,6%), queste ultime potrebbero percorre due ipotesi: o agire sulle tasse o sulla spesa corrente. Pertanto, quali sarebbero le conseguenze per i cittadini? Prendiamo il caso dei lombardi.
Attualmente il tasso di copertura è del 64,6%. La Regione Lombardia potrebbe far scendere di ben 19 punti la copertura riducendo le tasse di 323 euro procapite l’anno ai propri cittadini o aumentando la spesa corrente di 707 euro pro capite. Il Piemonte, invece, potrebbe o ridurre le tasse di 167 euro pro capite o aumentare la spesa pro capite di 366 euro. In Veneto il Governatore Galan potrebbe tagliare le tasse di 132 euro pro capite o aumentare la spesa corrente di 289 €. Situazione che chiaramente si ribalterebbe per le Regioni del Sud. La Basilicata, dove il tasso di copertura è pari al 21,6%, per raggiungere il tasso medio nazionale (45,6%) dovrebbe aumentare la copertura di 24 punti. Ebbene, gli amministratori regionali lucani sarebbero costretti ad aumentare le tasse di 550 euro procapite ai loro cittadini o ridurre la spesa di 1.206 euro procapite. In Calabria la situazione costringerebbe gli amministratori regionali ad aumentare le imposte di 506 euro procapite o ridurre la spesa di 1.108 euro procapite. Questo da un punto di vista teorico, sottolineano dalla Cgia, perché al Sud è difficile pensare solo ad un aumento delle imposte visto che la base imponibile è molto ridotta. Pertanto, è ipotizzabile che un eventuale aumento del tasso di copertura dovrebbe avvenire quasi esclusivamente attraverso dei tagli.
“Al Sud, a fronte di misure così pesanti da applicare ai propri cittadini, chi è favorevole ad una eventuale riforma federale del nostro sistema fiscale? Oggettivamente credo quasi nessuno. Certo – conclude Bortolussi - la nostra simulazione non tiene conto che una probabile riforma federalista dovrà prevedere un meccanismo perequativo tra Regioni ricche e Regioni povere che attenuerà questi sacrifici. Inoltre, saranno riviste le competenze e le autonomie impositive degli enti locali. Non solo. Ma le ipotesi che abbiamo indicato nella nostra analisi sono estreme. Non necessariamente è obbligatorio aumentare solo le tasse o tagliare solo le spese per raggiungere il tasso di copertura medio nazionale. Chiaramente, per le Regioni del Sud, si possono trovare vie intermedie di parziale riduzione delle spese e di limitati aumenti di tasse. Anche se appare evidente che per gli amministratori locali meridionali la strada del federalismo fiscale sarà lastricata da forti tagli alla spesa corrente”.
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