Continua
il tour di Max Fuschetto. Dopo Napoli, Benevento, Giulianova, Fano e Pesaro, Sùn Ná, il nuovo disco del musicista fortorino
fa tappa domani sera nella meravigliosa cornice di largo
Vicidomini, a San Marco dei Cavoti.
Il
musicista sarà accompagnato da Antonella Pelilli (cantante e poetessa),
Pasquale Capobianco (chitarra elettrica), Valerio Mola (contrabbasso) e
Pasquale Rummo (percussioni e batteria).
Per
l’occasione Fuschetto ha rilasciato questa intervista al nostro blog.
Allora Fuschetto come nasce il tuo ultimo lavoro
discografico?
“Sùn Nà nasce da una costola del precedente album, Popular Games.
Avevo intenzione di dedicare un lavoro alla lingua arberesh e al suo mondo
poetico grazie alla collaborazione con Antonella Pelilli che, dopo
l'esperienza di Popular Games e grazie a molti concerti dal vivo, era andata
evolvendosi. Tuttavia, strada facendo, ho trovato più congeniale portare questo
mondo nella mia musica piuttosto che procedere alla rielaborazione del
materiale popolare preesistente. Ecco che si sono aperte le porte di
un'esperienza linguistica e poetica più allargata che, come in Les Roses d'Arben (traccia 10 del disco
su cui è stato realizzato un video dalla regista e scrittrice Monica
Mazzitelli ) ha giustapposto arberesh e lingua francese o, come in Oniric States of Mind, l'arberesh alla
lingua inglese. Il piano musicale è
indipendente da quello poetico. L'organizzazione sonora è stata
realizzata sia attraverso il ripensamento di strutture musicali tradizionali,
come la forma- canzone, che sviluppando forme aperte e dipendenti
esclusivamente dalla trasformazione del materiale musicale secondo una certa linea come in Samaher”.
Puoi spiegare ai nostri lettori cosa significa Sùn Nà?
“Dare il titolo ad un disco a volte può essere una questione più
estetica che di significato. Bisogna
trovare una formula linguistica che funzioni rispetto al progetto e che nella
sua essenzialità possa rappresentarlo in qualche modo. Io ho scelto una parola
che era presente nel testo del primo brano e che aveva quella leggerezza da
poter accompagnare il lavoro senza essere pretenziosa. Sùn Nà, nel testo di Oniric
States of Mind rappresenta il momento della pausa, una mano materna che
avvolge l'animo scosso, turbato o eccitato e lo rassicura con un ‘dormi ora’. Sùn Nà è
una parola di lingua Yoruba”.
La contaminazione con la musica mediterranea e
africana sembra essere il tuo terreno preferito, nonostante la tua formazione
classica. Come riesci a fondere i vari generi?
“Ciò che trovo più interessante della musica è il pensiero che c'è
dietro quindi cerco di comprendere le strutture con cui questo pensiero si
articola. Questo per me è un esporsi alla diversità. E' un viaggio profondo
nelle culture altre che ci cambia, ci rinnova, ci fa amare l'altro perché fonte
di ricchezza. Una ricchezza totalmente immateriale. Uno scambio che però non
avviene solo nella dimensione dei testi o degli ascolti ma anche in quella
delle collaborazioni. Sia Popular Games che Sùn Nà vivono di un mondo composito
di relazioni musicali. Ogni musicista ha un suo mondo, una personalità ricca e
definita, un proprio suono e questo ha regalato sicuramente ai due lavori
discografici un quid in più che ritengo importante”.
Hai mai utilizzato l’elettronica? O preferisci privilegiare gli strumenti
tradizionali?
“Dalla fine degli anni '90 ho sempre usato l'elettronica sia in maniera
diretta che indiretta, cioè come luogo di sperimentazione di processi
compositivi indipendentemente dagli strumenti utilizzati. Nel 2001 ho
realizzato Ouverture per Koyannisquatsi che
usava la tecnica del collage e poi Fase
Rem che nasce usando, come se fosse
un nasto magnetico, una tastiera nata per la realizzazione di basi per songs.
Per realizzare quasto brano ho sottoposto
i suoni , attraverso filtri ed effetti, a tutte le trasformazioni che mi
venivano in mente realizzando un
reticolo sonoro in continua trasformazione rispetto a tutti i parametri: di
tempo, di sovrapposizione, dinamici ecc cercando tra l'altro un equilibrio tra
processi di natura casuale e non. In Sùn
Nà l'elettronica è presente ma in punta di piedi. Nel brano In Preghiera ad esempio assolve a una funzione di riverbero e
rifrazione del tremolo degli archi ampliando lo spettro armonico e fornendo
alla voce uno spazio sonoro più ampio ma nello stesso tempo trasparente e non
invasivo”.
Ultima domanda. Domani sera
presenti il lavoro ai tuoi concittadini. Emozionato?
“L'ultima volta che ho suonato a San Marco dei
Cavoti è stato nel luglio del 2010. Era il momento di Popular Games. Fu
una serata molto bella con un pubblico caloroso e in un luogo che io trovo
semplicemente meraviglioso e cioè Largo Vicidomini. Uno di quei posti in
cui scorazzavamo da bambini quando ci allontanavamo da casa alla ricerca di
avventure di pura esplorazione geografica. Emozionato? Sì”.
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