Con il nuovo articolo 116 si specifica che solo le Regioni
in equilibrio tra entrate e spese del proprio bilancio (quindi sono favorite le
Regioni ricche, che hanno entrate proprie maggiori) possono ottenere maggiori
poteri legislativi su materie non secondarie quali: istruzione, ordinamento
scolastico, istruzione universitaria; programmazione strategica della ricerca e
tecnologica; politiche attive del lavoro e istruzione e formazione
professionale; commercio con l’estero; beni culturali e paesaggistici; ambiente
e ecosistema; ordinamento sportivo; attività culturali; turismo; governo del
territorio.
In pratica la Lombardia e il Veneto potranno avere proprie leggi
sul commercio con l’estero, potranno tutelare il proprio ambiente dalle
trivellazioni, potranno organizzare l’istruzione anche superiore nell'interesse
dei soli residenti mentre Campania, Puglia e Calabria dipenderanno in tutto e
per tutto dalle volontà del governo centrale.
Nella ripartizione delle materie ci sono aspetti curiosi per
esempio sul turismo. La nuova Costituzione attribuisce allo Stato le
“disposizioni generali e comuni sul turismo” e alle Regioni quelle “di
valorizzazione e organizzazione regionale del turismo”.
Ma una Regione che si avvale dei maggiori poteri in materia
di turismo cosa potrà fare di più senza entrare in conflitto con lo Stato o con
le altre Regioni?
L’accentramento nelle mani del governo di poteri su materie
delicate per le popolazioni e i territori, come l’energia e le trivellazioni.
Con la Costituzione in vigore le Regioni perdono poteri su
materie delicate per i territori come l’energia. Produzione, trasporto e
distribuzione nazionali dell’energia diventano infatti di competenza esclusiva
dello Stato, così come i porti e gli aeroporti.
Le Regioni ricche potranno
recuperare i poteri attuali grazie al “regionalismo differenziato” (si chiama
proprio così). Le popolazioni dei territori “differentemente ricchi” invece non
potranno metter becco su questioni delicate come lo sfruttamento energetico:
trivellazioni, gasdotti, centrali a carbone. L’ambiente non è più nelle mani
delle popolazioni locali.
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