Era attesa da tempo soprattutto dalle aree interne, dove negli
ultimi vent’anni c’è stato un proliferare di pale eoliche. La
giunta regionale della Campania ha approvato nei giorni scorsi la delibera 533 (con
annesso allegato) sui cosiddetti Siti non idonei.
Un passaggio legislativo che regolamenta l’installazione eolico in aree che
presentano vulnerabilità ambientali e rischio idrogeologico. Non solo, ma anche
in zone individuate come beni paesaggistici (vedi i siti di interessi comunitario),
in quelle di protezione speciale (Important bird area), in parchi regionali e
riserve naturali. Ed infine in aree sottoposte a vincoli archeologici e di
pregio agricolo.
Tuttavia, non tutti sono convinti della bontà della delibera. “Entrando
nel merito notiamo – spiega Pinuccio Fappiano, portavoce del Fronte sannita
della difesa della montagna – che nell’individuazione dei siti non idonei in
realtà sono siti ‘parzialmente non idonei’, in quanto uno dei parametri di
limitazione è dato dalla potenza delle macchine per cui su alcune aree è
comunque possibile installare eolico”.
Il portavoce si riferisce al fatto che la delibera disciplina solo le torri
eoliche superiori a 20 kw, mentre quelle sotto tale limite – il cosiddetto
minieolico –, possono essere installate senza limitazioni e vincoli.
Inoltre, – sempre secondo Fappiano – è stata aggirato il decreto
ministeriale del 2010 che prevede una distanza di 50 volte l’altezza della pala
(circa 8 chilometri) dai confini dei parchi e dalle aree vincolate dalla legge
Galasso, che in alcuni casi è stata ridotta
tra i 500 e 1.600 metri.
E ancora, non sono state previste le distanze rispetto ai confini regionali,
provinciali e comunali. Le fasce ai confini delle aree protette
dall’Unione europea, che tutte le altre regioni italiane hanno posto in mille
metri.
Dunque, a rischio impatto ambientale ci sarebbero sorgenti, fiumi, torrenti, e montagne oltre i
1.200 metri dove sarà possibile installare pale eoliche fino a 6,5 metri (come
una casa di 2 piani).
Nel frattempo gli impianti già autorizzati ed ancora non cantierati che fine faranno?
Nello specifico la delibera dice testualmente: “Gli impianti già in esercizio ovvero autorizzati e in costruzione prima
dell’entrata in vigore delle presenti disposizioni, al termine della vita utile
degli stessi, qualora ricadano in aree individuate non idonee, devono essere
invece smantellati. In tal caso, sono consentite solo attività di manutenzione
ordinaria".
In parole povere – spiega Fappiano – significa che tutti gli impianti già autorizzati, ma ricadenti
nei Siti non idonei o su pascoli permanenti gravati da usi civici, potranno
essere costruiti e solo dopo 30 anni (scadenza naturale della concessione)
dovranno essere smantellati.
“Appare chiaro – conclude – il disegno secondo cui la Regione Campania non
ha nessuna intenzione di salvaguardare i territori dalle speculazioni, anzi
eludendo anche i vincoli esistenti. Per questo motivo abbiamo già predisposto
appositi ricorsi alla Unione europea per la violazione delle norme comunitarie
e al ministero dell’Ambiente al fine di far rispettare le rispettive leggi
eluse da palazzo Santa Lucia”.
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