Secondo appuntamento con la rubrica letteraria "Lo scaffale del Fortore" curata da Il Za.Mo.
Claudio Martelli, L’antipatico. Bettino Craxi e la grande coalizione (I Fari 70), La nave di Teseo, Milano 2020, 18,00 euro (epub 9,99 euro).
Claudio Martelli, L’antipatico. Bettino Craxi e la grande coalizione (I Fari 70), La nave di Teseo, Milano 2020, 18,00 euro (epub 9,99 euro).
Probabilmente abbiamo bisogno di un po’ di tempo. Formulare un
giudizio, distaccato e prossimo al vero, sulla figura di Bettino Craxi,
statista, uno dei dominanti della politica italiana - almeno per quel tratto
che corre dalla seconda metà degli anni Settanta, fino alla fine della
cosiddetta Prima Repubblica - rimane ancora un tentativo pericolante che
rischia di cedere al fazioso o alla lettura di parte.
Tuttavia, lo scorso 6 gennaio di questo annus horribilis ed
indimenticabile a causa della pandemia di Covid-19, il “delfino” Claudio
Martelli ha dato alla stampa un ritratto dell’homo totus politucus, Bettino
Craxi. Un lavoro ben scritto, coerente nella sua linea argomentativa,
piacevole nella lettura e quasi deciso a riscattare la figura dello statista
milanese da una analisi troppo severa, indiscriminata, che lo ha reso -
complici i mezzi di comunicazione - antipatico non solo ai nemici ma anche ai
tanti che per anni si sono dichiarati suoi amici.
Il libro si divide in due parti principali, anticipate da un
prologo e chiuse da un epilogo. Nell'epilogo c’è spazio anche per un accento di
nostalgia e un minimo di pietà, quella pietas che si deve ai morti,
chiunque essi siano, purché abbiano combattuto - si lasci perdere se nel bene o
nel male - la propria battaglia ideologica. Lo stesso Craxi, quando era in
vita, non aveva mai fatto mistero di una sua visita insieme alla moglie e ai
figli, al luogo dove Mussolini fu fucilato, dinanzi al cancello di Villa
Belmonte in Giulino di Mezzegra, ove lasciò dei fiori.
Il prologo dà la nota a tutto il discorso che segue. Pone la
domanda delle domande: perché Craxi era antipatico? Forse perché era
espressione di un potere chiaro e netto nei suoi indirizzi decisionali? Perché
era figura alta, autonoma nel pensare, distinta nelle sue premesse e
conseguente nelle sue azioni? Il libro è la risposta a tale interrogativo. O
meglio, un tentativo di risposta.
Le due parti del volume consistono nella ricostruzione della
carriera politica di Craxi: la prima è dedicata alla sua fioritura come uomo
politico fino alla esperienza di governo, mentre la seconda descrive la grande
avventura che fu il Pentapartito e la grande coalizione.
Per come è scritto, il testo aggiunge poco rispetto a quelle che
furono le principali manovre del Bettino nazionale. I fatti son abbastanza
noti. La novità del testo sono la lettura e il ragionamento che si offrono di quegli
eventi, il pensiero celato e segreto alla base dei fatti. In questo, occorre
dare a Martelli una particolare menzione di merito: per come parla di
socialismo, descrivendone le tappe, i nodi, i problemi e la risoluzione degli
stessi.
La storia del socialismo italiano, o quantomeno il pensiero profondo -
da P.-J. Proudhon fino al Vangelo Socialista firmato Craxi - spesso non sono
conosciuti ai più. E Martelli riesce ad inquadrare la parabola politica di
Craxi mostrandone le radici ideologiche e storiche. La vicinanza a Nenni e
parimenti la distanza, il legame con le origini ma anche il bisogno di un
socialismo moderno, capace di rinnovarsi. Non si vive solo di tradizione se non
si ha il coraggio di cogliere le sfide del presente e di guardare al futuro. Una
visione politica autentica non può, né deve essere, solo valorizzazione della
sua ragione storica frontale, ma deve saper anche rigenerarsi, superarsi al fine
di indicare un percorso di popolo che non manchi l’appuntamento col futuro.
Ancora una volta emerge, almeno per l’anima socialista, il bisogno
di ricostruire un’idea, un apparato esigente in termini di scienza politica,
prima delle alleanze e delle spartizioni. Si poteva, infine, dare spazio ad una
maggiore riflessione critica degli errori di Craxi: la sua miopia in
determinati contesti - si pensi alla fase finale della sua carriera - oppure la
sua albagia in momenti in cui si poteva passare la mano e far camminare il
partito senza per forza tenerlo stretto a sé.
Non manca al testo anche una certa amarezza per come il tempo
divori le vicende umane al pari del dio Kronos che dopo aver allevato e fatto
crescere i suoi figli, li divora senza un rigo di lacrime: “La storia è un
immenso cimitero, non solo di élite, ma anche di capi e di leader di un’epoca,
di una stagione, di una guerra. Un cimitero di dittatori armati, di grandi
uomini di stato e di profeti disarmati”.
Il seguente libro andrebbe centellinato e letto con calma,
meditato, soprattutto da chi coltiva il culto dell’indignazione, al netto di quel
celebre aforisma di Nietzsche, che si legge in Jenseits von Gut und Böse
(Al di là del bene e del male. Preludio di una filosofia dell’avvenire):
“Nessuno mente più degli indignati”.
ilZa.Mo
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