venerdì 19 giugno 2020

Lo scaffale del Fortore/ Il 'delfino' racconta l'homo totus politucus


Secondo appuntamento con la rubrica letteraria "Lo scaffale del Fortore" curata da Il Za.Mo.

Claudio Martelli, L’antipatico. Bettino Craxi e la grande coalizione (I Fari 70), La nave di Teseo, Milano 2020, 18,00 euro (epub 9,99 euro).
Probabilmente abbiamo bisogno di un po’ di tempo. Formulare un giudizio, distaccato e prossimo al vero, sulla figura di Bettino Craxi, statista, uno dei dominanti della politica italiana - almeno per quel tratto che corre dalla seconda metà degli anni Settanta, fino alla fine della cosiddetta Prima Repubblica - rimane ancora un tentativo pericolante che rischia di cedere al fazioso o alla lettura di parte.


Tuttavia, lo scorso 6 gennaio di questo annus horribilis ed indimenticabile a causa della pandemia di Covid-19, il “delfino” Claudio Martelli ha dato alla stampa un ritratto dell’homo totus politucus, Bettino Craxi. Un lavoro ben scritto, coerente nella sua linea argomentativa, piacevole nella lettura e quasi deciso a riscattare la figura dello statista milanese da una analisi troppo severa, indiscriminata, che lo ha reso - complici i mezzi di comunicazione - antipatico non solo ai nemici ma anche ai tanti che per anni si sono dichiarati suoi amici.

Il libro si divide in due parti principali, anticipate da un prologo e chiuse da un epilogo. Nell'epilogo c’è spazio anche per un accento di nostalgia e un minimo di pietà, quella pietas che si deve ai morti, chiunque essi siano, purché abbiano combattuto - si lasci perdere se nel bene o nel male - la propria battaglia ideologica. Lo stesso Craxi, quando era in vita, non aveva mai fatto mistero di una sua visita insieme alla moglie e ai figli, al luogo dove Mussolini fu fucilato, dinanzi al cancello di Villa Belmonte in Giulino di Mezzegra, ove lasciò dei fiori.

Il prologo dà la nota a tutto il discorso che segue. Pone la domanda delle domande: perché Craxi era antipatico? Forse perché era espressione di un potere chiaro e netto nei suoi indirizzi decisionali? Perché era figura alta, autonoma nel pensare, distinta nelle sue premesse e conseguente nelle sue azioni? Il libro è la risposta a tale interrogativo. O meglio, un tentativo di risposta.

Le due parti del volume consistono nella ricostruzione della carriera politica di Craxi: la prima è dedicata alla sua fioritura come uomo politico fino alla esperienza di governo, mentre la seconda descrive la grande avventura che fu il Pentapartito e la grande coalizione.

Per come è scritto, il testo aggiunge poco rispetto a quelle che furono le principali manovre del Bettino nazionale. I fatti son abbastanza noti. La novità del testo sono la lettura e il ragionamento che si offrono di quegli eventi, il pensiero celato e segreto alla base dei fatti. In questo, occorre dare a Martelli una particolare menzione di merito: per come parla di socialismo, descrivendone le tappe, i nodi, i problemi e la risoluzione degli stessi. 

La storia del socialismo italiano, o quantomeno il pensiero profondo - da P.-J. Proudhon fino al Vangelo Socialista firmato Craxi - spesso non sono conosciuti ai più. E Martelli riesce ad inquadrare la parabola politica di Craxi mostrandone le radici ideologiche e storiche. La vicinanza a Nenni e parimenti la distanza, il legame con le origini ma anche il bisogno di un socialismo moderno, capace di rinnovarsi. Non si vive solo di tradizione se non si ha il coraggio di cogliere le sfide del presente e di guardare al futuro. Una visione politica autentica non può, né deve essere, solo valorizzazione della sua ragione storica frontale, ma deve saper anche rigenerarsi, superarsi al fine di indicare un percorso di popolo che non manchi l’appuntamento col futuro.

Ancora una volta emerge, almeno per l’anima socialista, il bisogno di ricostruire un’idea, un apparato esigente in termini di scienza politica, prima delle alleanze e delle spartizioni. Si poteva, infine, dare spazio ad una maggiore riflessione critica degli errori di Craxi: la sua miopia in determinati contesti - si pensi alla fase finale della sua carriera - oppure la sua albagia in momenti in cui si poteva passare la mano e far camminare il partito senza per forza tenerlo stretto a sé.

Non manca al testo anche una certa amarezza per come il tempo divori le vicende umane al pari del dio Kronos che dopo aver allevato e fatto crescere i suoi figli, li divora senza un rigo di lacrime: “La storia è un immenso cimitero, non solo di élite, ma anche di capi e di leader di un’epoca, di una stagione, di una guerra. Un cimitero di dittatori armati, di grandi uomini di stato e di profeti disarmati”.
Il seguente libro andrebbe centellinato e letto con calma, meditato, soprattutto da chi coltiva il culto dell’indignazione, al netto di quel celebre aforisma di Nietzsche, che si legge in Jenseits von Gut und Böse (Al di là del bene e del male. Preludio di una filosofia dell’avvenire): “Nessuno mente più degli indignati”.

ilZa.Mo


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