di Billy Nuzzolillo
(Sanniopress) – Nel corso dell’interessante convegno sul possibile rapporto tra la presenza di rifiuti e l’aumento esponenziale dei tumori, svoltosi sabato scorso a Paduli su iniziativa del Codisam, il sindaco di Fragneto Monforte, Raffaele Caputo (che da tempo si batte per conoscere gli effetti sulla popolazione derivanti dalla presenza del vicino Cdr di Casalduni), ha illustrato un dato molto inquietante e finora passato quasi inosservato.
Il bando di attuazione della misura 121 (“Ammodernamento delle aziende agricole”) del P.S.R. Campania 2007 – 2013 prevede che “le aziende agricole che richiedono l’aiuto per la realizzazione di investimenti tesi a migliorare e/o razionalizzare l’utilizzo dell’acqua devono dimostrare l’effettiva e legittima possibilità di utilizzo della risorsa idrica”.
E fin qui nulla di strano.
Al capoverso successivo, però, viene fuori una condizione che lascia davvero perplessi: “Per le superfici ubicate nel raggio di 1 chilometro dai siti inquinati indicati nel Piano Regionale di Bonifica dei siti inquinati della Regione Campania (deliberazione della Giunta Regionale n. 711 del 13.06.2005, Burc 9.9.2005), fatta salva ogni altra condizione ostativa, le aziende potranno richiedere finanziamenti esclusivamente per la realizzazione di investimenti riferiti a produzioni non destinate direttamente o indirettamente alla catena alimentare (no food: fiori, colture inserite nella filiera bioenergetica, verde ornamentale , vasche liquami zootecnici, magazzini e depositi, infrastrutture, etc.)”.
E quali sono i siti inquinati individuati (con relative coordinate) nella suddetta deliberazione dalla Regione Campania in provincia di Benevento?
Presto detto: Benevento (479.781,9 est e 4.543.804,0; 484.056,0 est 4.554.344,00 nord), Circello (484.155,0 est e 4.577.800,0 nord, Colle Sannita (487.638,0 est e 4.582.564,0 nord), Foglianise (472070,0 est e 4.557.083,0 nord), Morcone (467.025,5 est e 4.578.451,5 nord), Pietrelcina 486.747,0 est 4.561.932,0 nord), San Bartolomeo in Galdo (500.225,7 est e 4.587.572,8 nord) e San Marco dei Cavoti (488.606,0 est e 4.574.531,0 nord; 488.856,0 est e 4.573.105,0 nord).
Ovvero, come ha spiegato lo stesso sindaco di Fragneto, si tratta dei siti dove sono avvenute in passato le trivellazione per la ricerca del petrolio.
Ora è bene ricordare che, secondo il Piano Regionale di Bonifica, viene definito inquinato “il sito che presenta livelli di contaminazione o alterazioni chimiche, fisiche o biologiche del suolo, o del sottosuolo, o delle acque superficiali, o di quelle sotterranee, tali da determinare un pericolo per la salute pubblica o per l’ambiente naturale o costruito”.
Interpellato dal quotidiano Ottopagine, il responsabile del Dipartimento provinciale dell’Artpac, Pietro Mainolfi, ha chiarito che “gli inquinanti riscontrati sono addebitabili perlopiù alle ricadute sulla matrice suolo delle attività estrattive. Si tratta soprattutto di scisti bituminosi, vale a dire blocchi di terreno impregnati di idrocarburi, che al contatto con il terreno ne provocano la contaminazione e pertanto vanno sottoposti a bonifica. Va inoltre considerato che le aziende impegnate nella trivellazione utilizzavano grandi quantità di lubrificanti per agevolare la perforazione in quanto le macchine dovevano arrivare a grandi profondità, anche migliaia di chilometri”.
E sempre nell’ambito dell’approfondimento curato dal collega Paolo Bocchino su Ottopagine emerge, ad esempio, che a San Marco dei Cavoti l’Arpac ha proceduto ad un monitoraggio dell’area mentre a Colle Sannita sono in fase di ultimazione i lavori di bonifica del sito oggetto di trivellazioni.
A questo punto è, quindi, lecito chiedersi: qual è la situazione degli altri siti, tra cui quello di località Parata a Cerreto Sannita (che viene erroneamente localizzato nel confinante comune di Morcone), dove normalmente pascolano numerosi animali e il cui sottosuolo è attraversato da sorgenti idriche?
E ancora: quali iniziative hanno adottato i Comuni sul cui territorio sono avvenute le trivellazioni petrolifere per la salvaguardia della salute dei propri cittadini visto i siti in questione vengono ufficialmente definiti “inquinati” dal Piano Regionale di Bonifica della Regione Campania?
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