Il Comune di Baselice ha dimostrato una forte sensibilità rispetto alla mia proposta di diventare testimonial del Comitato no Lombroso, al quale il sottoscritto ha aderito da qualche mese. Infatti, il 2 ottobre scorso il consiglio comunale ha votato l'adesione al comitato tecnico scientifico, che ha l'obiettivo di far chiudere per sempre il vergognoso museo di Torino intitolato a Cesare Lombroso, dove il criminologo veronese sperimentò le sue teorie razziste nei confronti dei meridionali. Un sincero ringraziamento va al sindaco Canonico per l'impegno profuso. Qui sotto riportiamo l'articolo uscito nei giorni scorsi su Ottopagine-Benevento
Il Comune di Baselice aderirà al comitato tecnico scientifico “No Lombroso”. Lo farà a breve portando l’argomento in consiglio comunale. Nei giorni scorsi, infatti grazie all'iniziativa di Antonio Bianco giornalista di Baselice e membro del comitato, è stata protocollata una lettera nella quel si chiede all'amministrazione di diventare testimonial dell’associazione.
Il Comitato nasce nel 2010 come reazione alla riapertura a Torino del museo intitolato a Cesare Lombroso che ha come fine quello di tornare a sottolineare il disvalore scientifico delle teorie criminologiche e di arbitraria devianza sociale, come sostenute dall'ufficiale medico aggregato all'esercito piemontese.
Cesare Lombroso a seguito dei rivolgimenti post-unitari, “ne approfittò – si legge nella lettera invito - per avanzare basse speculazioni sulla popolazione meridionale, in spregio della radice unitaria che avrebbe dovuto realizzare fin da subito la coesione territoriale e sociale della nazione. Proprio in Calabria, il falso ricercatore avviò uno studio criminologico sulle popolazioni locali, giungendo ad indagare un improbabile rapporto delinquenziale tra linguaggio, usi, modo di vestire e le caratteristiche fisiche dei residenti. Non contento di quanto già provocato ai danni di un paritario sviluppo del Paese, rientrato nella vita civile e rivestendo incarichi universitari a Pavia, Cesare Lombroso ebbe occasione di osservare in carcere Giuseppe Villella, calabrese di Motta Santa Lucia, sospettato di brigantaggio. Quando il Villella morì, nel 1864, a Lombroso fu consentito di procedere all'autopsia del cadavere, riteniamo con scarso rispetto della normativa all'epoca vigente. L'esame anatomico del cranio, nello specifico, rivelò un'anomalia classificata dal clinico veronese come «fossetta occipitale mediana», ovvero l'«illuminazione» attesa da anni, come ebbe premura di divulgare: Alla vista di quella fossetta mi apparve d'un tratto come una larga pianura sotto un infinito orizzonte, illuminato il problema della natura del delinquente, che doveva riprodurre ai nostri tempi i caratteri dell'uomo primitivo giù giù fino ai carnivori...”.
“Il cranio di Giuseppe Villella, - continua la missiva indirizzata al sindaco - ben individuabile tra centinaia di reperti ossei di varia provenienza, tra cui i resti di molti «briganti» meridionali uccisi in battaglia o deceduti in prigione, si trovi tuttora esposto, con grande evidenza, in quello che inizialmente era il museo privato Cesare Lombroso. Fatto proprio, successivamente, dall'Università di Torino, che allestì un fantomatico museo psichiatrico e criminologico, comprendente crani, scheletri, cervelli e macabri oggetti di vario tipo, tra cui maschere in cera, calchi in gesso, foto di volti di individui, anche di fanciulli, con precise etichette di condotte sociali devianti, riportanti scrupolosamente anche il luogo di nascita dei soggetti esposti. Si può immaginare, a questo punto, quale danno ne derivi per i territori d'origine del Villella, allorché i visitatori, dopo aver pagato perfino un ticket, scoprono di trovarsi di fronte, osservando impudicamente quel teschio, al prototipo del criminale per natura...”.
“Nel quadro appena delineato, il Comitato tecnico scientifico "No Lombroso" si propone di svolgere la sua attività a difesa dei più alti valori umani, - sottolinea il giornalista Antonio Bianco - avverso qualsiasi forma di discriminazione, sollecitando un disegno di legge che metta al bando la memoria di uomini colpevoli direttamente o indirettamente di delitti connessi con crimini di guerra o di razzismo. Questa sentita attività è convalidata dal sostegno di numerose personalità della cultura e delle istituzioni, che hanno aderito al Comitato in qualità di prestigiosi testimonial. Per questo ho ritenuto importante anche l’amministrazione Canonico aderisse al Comitato”, ha concluso Bianco.
(tratto da Ottopagine/Benevento)
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